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Barcellona, l’inimitabile pressing di Pedro

Redazione

30 maggio 2011

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Quella del Barcellona in Champions League è una delle poche grandi vittorie calcistiche della storia a sembrare esente da discussioni: troppa la superiorità in ogni fase del gioco, non solo nella finale e non solo grazie alle qualità dei singoli. Nel mondo solo il Real Madrid ha i giocatori e l'arroganza, nell'accezione migliore del termine, per tenere botta dal punto di vista psicologico. Diciamo Real Madrid ma dovremmo dire Mourinho, visto che un anno fa l'Inter che di puro orgoglio ha strappato la Coppa Italia al Palermo aveva buttato fuori dalla Champions lo stesso (al posto di Villa quello scarso di Ibrahimovic...) Barcellona inimitabile, invincibile, eccetera, creando nella semifinale di andata sette palle gol: più di tutte quelle create dal Real nei mille confronti diretti di quest'anno messi insieme. E quindi? La squadra di Guardiola non può essere copiata né tantomeno battuta con le sue armi: tutti i suoi fenomeni sono cresciuti in casa, chi viene da fuori ha caratteristiche funzionali al sistema e non è il fenomeno isolato (parziale eccezione proprio Ibrahimovic, ma definire la sua stagione 2009-10 negativa è assurdo) preso per compiacere la piazza, il senso di appartenenza per così dire etnico è qualcosa di unico a livello di grandi club. La forza del Barcellona è in definitiva quella di non avere una formula segreta, ma una caratterizzazione così forte da non poter essere copiata. Questo suo ciclo finirà quando gli uomini migliori, gli Xavi, gli Iniesta, i Messi, invecchieranno e saranno sostituiti da ragazzi con le stessa filosofia ma piedi inferiori. Insomma, per i prossimi cinque anni il Barcellona potrà perdere la Champions solo se eliminata da squadre che interpretino le partite come una guerra. Se no sarà sempre Harlem Globetrotters contro Washington Generals. 2. A margine, ma nemmeno tanto, c'è poi il discorso sul ritmo di gioco della squadra di Guardiola. I primi dieci minuti della finale, con il Manchester United a pressare in maniera ordinata e al tempo stesso intensa, hanno reso il discorso evidente. Dopo quei 10 minuti i Red Devils hanno dovuto scalare una marcia e per il resto della partita il Barcellona ha dominato tecnicamente, fin qui nessuna sorpresa, e fisicamente. Il pressing di Pedro e Villa nel finale faceva davvero impressione, ha ricordato certe squadre italiane nell'era dei (non) controlli all'Acqua Acetosa. Non potendo lanciare accuse senza prove, ci limitiamo a sottolineare l'evidenza. Circolano teorie spericolate sulle squadre corte che sembrano avere un ritmo superiore alle altre e sui palleggiatori che si stancano meno, ma il Milan che aveva in campo contemporaneamente Pirlo, Seedorf e Rui Costa palleggiava sì in certi frangenti come il Barcellona, ma pressava a tutta per massimo dieci minuti come il Manchester United. Si vede che nella biblioteca di Milan Lab mancavano testi in catalano e in spagnolo. 3. A Roma si è vista una differenza fisica simile a quella di Wembley. Il Palermo non pressava forsennatamente ma stava bene, L'Inter aveva la lingua per terra per mille motivi fra cui il più pesante era l'avere buttato via quattro mesi con Benitez e aspettando un Mondiale per club che vale un centesimo della Champions come prestigio e peso sportivo: diciamolo almeno quando a detenerlo sono squadre italiane, per non fare la figura degli invidiosi da quest'anno all'eternità. Quattro campioni, di cui due mezzi rotti (Julio Cesar e Sneijder), e due assatanati (Lucio ed Eto'o) attorniati da compagni che non riuscivano nemmeno a spazzare via il pallone per mancanza di energia, hanno subito l'ultimo urrah di Delio Rossi e di un gruppo con qualità tecniche almeno a pari a quelle del Napoli che farà la Champions League. Una coppa Italia che per l'Inter contava tantissimo ma che Moratti ha accolto con un atteggiamento strano: quello, già visto pià volte in passato (con Ottavio Bianchi, Simoni, Lippi e Cuper) della conferma controvoglia di un allenatore. Adesso Leonardo potrebbe essere il Mancini di sette anni fa, cioé il creatore di una classe medio-alta che insieme a qualche campione di fa arrivare in fondo. E magari il Mourinho suo successore potrebbe coincidere con il Mourinho originale. Visto che Moratti non sembra cambiato, con l'aggravante del 2010 che gli ha dato un bonus valevole per decenni, lo scenario più realistico è invece quello della graticola. Di sicuro c'è che, se non farà rivoluzioni e se ringiovanirà gradualmente la squadra, con Leonardo, Hiddink o Cavasin l'Inter dovrà impegnarsi per arrivare peggio che seconda in Italia e per non diventare abbonata agli ottavi di Champions. E qui si nota tutta la follia della vendita-svendita di Balotelli, agnello sacrificale sull'altare di un gruppo che adesso deve essere in gran parte pensionato. Un anno fa di questi tempi Milito dopo avere deciso la finale di Champions League dettava le sue condizioni, adesso dopo una Coppa Italia l'abbiamo visto baciare la maglia. Stefano Olivari stefano@indiscreto.it

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