Alla fine è giusto domandarsi chi è stato il giocatore più incisivo dell’anno. Ibra? Il Milan ha vinto anche quando non c‘è stato. Cavani? Il Napoli ha perso pure quando ha giocato. Nell’Inter non c’è stato un solista. Alla Juve è mancato persino il coro, figuriamoci il tenore. Forse una risposta, se una risposta c’è, può darla l’Udinese. E allora? Di Natale? Totò ha segnato molto, più di un anno fa, è vero, ma l’Europa non abitava qui. Se i friulani disputeranno i preliminari di Champions è perché l’orchestra bianconera ha suonato bene (peggio di pochi, meglio di molte altre orchestre) trovando in Alexis Sanchez il primo meraviglioso violino. E’ il cileno l’uomo che merita l’oscar.
Tutti lo vogliono. Tutti lo cercano. Figaro qua, Figaro là. Però Sanchez è tutt’altro che il factotum, il jolly, uno a cui chiedere di farsi la fascia sessanta volte a partita prima di sciorinare un assist o un gol. Nelle sue intuizioni c’è il gene del trequartista. E il primo ad accorgersene è stato Guidolin, che gli ha cambiato i connotati senza pensarci su. “Mi prendo il merito di averlo trasformato”, dice oggi. Ma non è stato sempre così. Se è vero, come è vero, che a tutti noi viene concessa una dote speciale, con Sanchez gli dèi del vento hanno avuto un occhio di riguardo. Velocissimo, praticamente imprendibile quando cambia passo. Così veloce che qualcuno, in passato, lo scambiò per un esterno. Invece sa dribblare e vede la porta.
Al di là del ruolo, comunque, del nome di Sanchez si trova traccia a partire dal 2006. Aveva diciassette anni. Gli esperti e i veggenti avevano già emesso il sacro verdetto: questo qui, ragazzi, diventa un asso al cento per cento. Nella mischia profetica buttano dentro anche Jorge Valdivia e Matias Fernandez. Avranno ragione. Perché è dal Cile che arrivano i campioni del domani, che poi è già oggi. Scatta la rincorsa all’oro formato calciatore. L’Udinese ne vince una (per 2 milioni di euro) che vale un contratto a Sanchez (quinquennale) nonostante altri club europei ci avessero messo gli occhi addosso. Lo United in testa. Qualcuno pensa: ecco, un altro giovane straniero per il nostro settore giovanile. Invece l’Udinese lo lascia dove sta (in Sudamerica e in prestito) e lui è più felice.
Preservato dall’habitat, il ragazzo di Tocopilla esplode. Con il Colo-Colo ottiene un secondo posto nella Coppa Sudamericana. Con il River Plate, invece, l’ok definitivo dagli osservatori di casa Pozzo: finalmente è pronto per l’Italia. L’anno del debutto in serie A è il 2008. Quello dopo è di assestamento, mentre questo ne ha segnato, e ne segnerà profondamente la carriera. Nino Maravilla, come lo chiamano, quest’anno è diventato grande. E’ passato da ideale promessa a campione ideale. Conteso da tutti. Zamorano, l’ex dell’Inter, dice che è più forte di lui. “E pure di Salas”, precisa per non scindere quella coppia cilena inscindibile. Il fatto è che Sanchez è stato determinante anche quando non c’è stato. Le sue assenze hanno avuto un peso specifico uguale e contrario alle presenze. Senza di lui l'Udinese ne ha risentito davvero.
E’ già passato, il campionato è finito. E’ andato in vacanza. Tornerà. Ora è il turno del calciomercato, la fantasy-land dove ogni cosa è possibile. Per esempio, è possibile che Sanchez passi alla Juve. Altrettanto possibile vada all’Inter. Al Milan? O magari in qualche capitale europea? Per non farlo andare via Pozzo ha detto no a 35 milioni di euro. E dio solo sa quanto è difficile rifiutare una plusvalenza del genere. Poi ha detto: “Quando parliamo di Sanchez ragioniamo su un fenomeno. E’ un giocatore che segna una generazione”. Magari non proprio come i pantaloni a zampa o i paninari. Però Sanchez, di sicuro, ha segnato il 2011.
Giorgio Burreddu