Maurizio Beretta ha dato l’unico segnale di vita da presidente di Lega proprio in punto di morte (politicamente parlando). L’ha fatto votando, invece che astenendosi come previsto, al Consiglio di Lega che ha quindi accettato l’attuazione della delibera dell’Assemblea sui 3 istituti demoscopici scelti per i sondaggi sul bacino d’utenza (che stabilirà per il 25% la divisisione degli introiti televisivi comuni). Beretta, che ormai da mesi lavora per Unicredit, ha votato e il suo voto è stato decisivo, scatenando l’ira delle 5 grandi (Juventus. Milan, Inter, Napoli e Roma), che non sono per niente d’accordo sui criteri scelti per il sondaggio: dando penso anche ai simpatizzanti, oltre che ai tifosi, la quota delle ssquadre di provincia ovviamente aumenta perchè un bresciano tifoso della Juventus avrà quasi certamente almeno una piccola simpatia per il Brescia. Per la cronaca, la votazione si è conclusa sul 6 a 5, come ha spiegato Galliani: a favore della delibera Beretta e i rappresentanti di Parma, sampdoria, Udinese, Palermo e Catania, contro quelli delle 5 grandi prima citate. Non può sfuggire che la composizione del Consiglio è palesemente sbilanciata in favore delle grandi e non va dimenticato che Beretta è sempre stato considerato un loro garante. Difficile intuire cosa gli sia passato per la mente (anche perché Unicredit avrebbe un certo interesse nel sostenere la Roma), più facile prevedere gli scenari futuri. Settimana prossima un’assemblea, con qualcuno dei 15 che dopo qualche ‘riflessione’ (e diversi giocatori regalati) cambierà idea, nel peggiore dei casi una battaglia legale che farà saltare con facilità tutto l’impianto della anti-liberale legge Melandri.