Nella Liga de las Estrellas che giocano solo in due squadre, il Levante era il principale indiziato per una possibile retrocessione. Anzi, diciamo pure che era un fatto quasi certo, perché pochi club negli ultimi campionati hanno presentato una rosa così poco attrezzata e stimolante.
Come tante altre squadre, il Levante accusa le ristrettezze di un sistema economico scoppiato, e tremendamente ineguale, quale è quello del calcio spagnolo. Le altre squadre però possono segnalarsi per la valorizzazione di giovani, per scommesse intriganti o anche per un gioco piacevole. Il Levante no: superata la politica disastrosa dei dinosauri, che segnò l’ultima retrocessione (i vari Arveladze, Riganò, Savio e compagnia, acquistati stracotti e per giunta nemmeno stipendiati), il club granota continua comunque a puntare sul molto usato. Vecchi gregari più che vecchie glorie.
In difesa, il leader Ballesteros (35 anni); accanto a lui Nano (30), poi sulle fasce l’ex Villarreal Javi Venta (35) e Juanfran (34: Celta, Ajax e pure nazionale nel suo curriculum), oppure Del Horno, che di anni ne ha 30 ma per tutte le speranze che ha deluso sembra averne 6-7 in più.
A centrocampo, pochissimo talento con la coppia centrale formata da Xavi Torres (giovane, ma considerato più per la sua esperienza di canterano col Barça che altro) e Pallardó, in copertura davanti alla difesa (l’alternativa è Iborra, prodotto della cantera locale). Esterni, altri due trentenni ampiamente sperimentati come Valdo e Juanlu, quest’ultimo sempre molto verticale sulla sinistra.
Sulla trequarti, l’unica nota di fantasia viene dal mancino Rubén Suárez, peraltro al suo esordio in Primiera ala tenera età di 32 anni. Davanti a lui, l’unico vero giocatore di prospettiva di questo Levante, l’ecuadoriano Felipe Caicedo, forse alla stagione della consacrazione dopo un certo peregrinare, 11 gol e una capacità di fare reparto da solo degna di nota.
Quest’insieme apparentemente scalcinato però funziona: metà classifica, 9 punti sopra la retrocessione, molto davanti al Málaga dello sceicco e all’Hércules di Trezeguet, grazie a parole d’ordine semplici. Niente ragnatele di passaggi, falsi esterni, quasi-centravanti e diavolerie varie. Si fa quello che si può: 4-4-2/4-4-1-1 scolastico, pressing, ripartenze, cross dalle fasce e ordine, anche sulle palle ferme (molto interessante la linea di difesa tenuta altissima sui calci piazzati dalla trequarti). L’importante per il tecnico Luis García Plaza e i suoi è avere sempre le idee chiare.
(a cura di Valentino Tola)