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La "prima Calciopoli"

Redazione

7 aprile 2011

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Primavera 1980. A pochi mesi dall’inizio degli Europei che avrebbe ospitato in patria, il calcio italiano venne coinvolto in uno scandalo senza precedenti, che coinvolse giocatori e dirigenti di numerose squadre di Serie A e Serie B. Alcune partite venivano truccate tramite un giro di scommesse clandestine. Il tutto cominciò quando un commerciante, Massimo Cruciani, scommise su alcune partite della Lazio, dietro soffiata di alcuni tesserati della società romana: il fatto che i risultati poi non si verificarono, e la conseguente perdita di centinaia di milioni, indussero Cruciani a fare un esposto alla Procura della Repubblica. Iniziò così la “prima Calciopoli”. Le inchieste portarono a retrocessioni o penalizzazioni per le squadre coinvolte: il Milan finì per la prima volta in Serie B, stessa sorte toccò alla Lazio. Avellino, Bologna, Perugia, Taranto e Palermo vennero penalizzate di cinque punti, da scontare nei rispettivi campionati nella stagione seguente. Quanto al penale, non ci furono condanne, visto che fu solo la giustizia sportiva ad occuparsi del caso, nonostante gli arresti fatti inizialmente a molti tesserati (tra cui Albertosi, come avete letto nell’ultimo numero del Guerino). In ambito sportivo, pagarono con radiazioni o anni di squalifica, giocatori e dirigenti coinvolti. Nelle pagine del Guerino, il tema fu caldissimo. Copertine, vignette, satire corrosive e commenti amari sia dei giornalisti sia dei lettori, occuparono a lungo le colonne del giornale. Il punto di vista del direttore Italo Cucci fu senz’altro spiazzante. Egli infatti propose un’amnistia per salvaguardare il calcio; salvare cioè tutte le squadre coinvolte, lasciando da parte la “responsabilità oggettiva”, e punire solamente i tesserati. Leggiamo alcuni stralci della sua lettera aperta al Presidente della Figc, Artemio Franchi, intitolata proprio “Aministia!” e comparsa nel primo numero di aprile di quell’anno. Trentuno anni dopo potrebbe essere ancora oggetto di dibattito. «Le società nell’occhio del ciclone sono ormai tante: oltre all’Avellino, la Lazio, il Milan e il Perugia, ufficialmente inquisiti, si vuol trascinare nello scandalo un’altra mezza dozzina di club, ai quali i giornali politici e sportivi paiono decisi a sottrarre anche il diritto a un’accusa seriamente motivata. Mi riferisco, come lei ben sa, all’Ascoli, al Bologna, alla Juventus, alla Roma, al Napoli. C’è dunque il rischio di vedere da un momento all’altro crollare l’intera struttura del Campionato maggiore nel baratro della Serie B, che dovrebbe come minimo sdoppiarsi per accogliere i tanti candidati alla retrocessione, le tante vittime della “responsabilità oggettiva”. Ora, anche se la mia coscienza di sportivo e di cittadino contrario ad ogni gesto di slealtà, ad ogni vile compromesso, invoca tutta la verità ed una giustizia esemplare, il calciofilo che è in me si ribella al destino crudele che vorrebbe la distruzione di tanti club amatissimi e del gioco più bello del mondo. Ed è da appassionato di calcio, che io vengo a presentarle una proposta indubbiamente discutibile per i suoi aspetti etici, ma quanto mai realistica e finalizzata a uno scopo benefico: la salvezza dello sport più popolare d’Italia, quello sport che finanzia, attraverso l’odiamato Totocalcio, tutte le discipline sportive, soprattutto le cosiddette “pure”. Ho la netta convinzione che se c’è del marcio, questo non debba essere tutto addebitato a Perugia, Avellino, Milan e Lazio. Sono certo che l’intera famiglia calcistica abbia la coscienza sporca e che numerosissime società abbiano qualcosa da rimproverarsi, peccati gravi o veniali non importa. Troppo spesso l’esempio dell’altra Italia, sporca e corrotta, ci ha fatto vedere con occhio benevolo gli intrallazzucci e i piccoli imbrogli del nostro ambiente. Oggi ci siamo bruscamente svegliati ad una realtà drammatica e dobbiamo correre ai ripari, armati di senso pratico. Che fare allora? Processiamo tutto il calcio? Gli scaviamo la fossa? Retrocediamo una dozzina o più squadre? O non è forse il caso di assumere atteggiamenti più realistici? Caro presidente, per una volta adeguiamoci all’altra Italia e decretiamo una sanatoria, un’amnistia generale per tutte le squadre coinvolte in “pratiche illecite” oggi documentate o anche solo presunte. Le amnistie, caro Franchi, non sono medicine esemplari per curare la corruzione e il malcostume, e tuttavia sono provvedimenti utili quando al particolare si vuol sovrapporre l’interesse generale. Dare un colpo di spugna retroattivo che cancelli tutto quanto è stato fatto, per esempio, negli ultimi cinque campionati, per poi cominciare una nuova vita, all’insegna del pieno rispetto delle regole che il calcio si è dato, compresa quella “responsabilità oggettiva” che oggi dovrebbe essere solamente sospesa. Caro Franchi, a questi io penso: agli sportivi che hanno trovato nei colori del club l’ultima bandiera, il motivo di rari ma sani entusiasmi, l’occasione per esprimere una rivolta ideale agli eccessi della vita quotidiana. Se puniremo i club, amico mio, il peso più grave della pena, ricadrà su questa gente che da sempre fa sacrifici per finanziare lo spettacolo calcistico, la squadra amata, i beniamini meritevoli. Se puniremo i corrotti, gli sciocchi, tutti coloro che sono indegni della qualifica di sportivi e salveremo il gioco, avremo come minimo tentato di restituire il calcio a chi lo merita e a un’esistenza migliore. Nel caso, poi, lei non si sentisse di poter adottare questo provvedimento, le chiederei un ultimo sacrificio: si dimetta, amico mio, e lasci ad un commissario straordinario l’incarico di varare una sanatoria, che dopo aver storto la bocca, tutti finiranno per accettare di buon grado. Questa, caro Franchi, la mia modesta e audace proposta per prevenire la fine del calcio italiano». In effetti, le dimissioni di Franchi, in seguito a quei caldi mesi dell’Ottanta, arrivarono (non si dimise però dalla presidenza dell’Uefa) ma il suo posto non venne preso da un commissario straordinario, come scriveva Cucci nell’articolo, ma da un presidente che dovrà dimettersi a sua volta, sei anni più tardi, in seguito ad un altro calcio-scommesse: Francesco Sordillo. Giovanni Del Bianco

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