È finita come neppure il più ottimista - e magari ubriaco - tifoso dello
Schalke 04 si sarebbe augurato. Cinque gol, due pali e quelli che undici mesi fa diventavano campioni-di-tutto a
Madrid in ginocchio, in casa loro. Trovare un colpevole, in questi casi, è tanto semplice quanto sbagliato: un uomo solo non basta per ridurre in tale stato una simile squadra, occorre la collaborazione - spesso involontaria - di un discreto numero di individui.
Il primo è forse
José Mourinho, conscio di aver abituato troppo bene la piazza nerazzurra, ora intento a godersi il rotondo
4-0 al Tottenham che significa semifinale. Se con lo Special One, che speciale lo era per davvero, l'
Inter incassava un gol al Camp Nou di Barcellona nonostante un'ora di inferiorità numerica, adesso con
Leonardo (ottimo comunicatore anche lui, tatticamente sprovveduto però) bastano trenta minuti senza
Chivu per prenderne cinque dallo Schalke, per giunta a
San Siro.
Tra i due lusofoni, però, fa capolino
Rafa Benítez, a cui bisognerebbe porre più di una domanda. Sulla preparazione, innanzitutto, perché i guai muscolari avevano lasciato la Pinetina in sua compagnia, mentre una inconcepibile preparazione volta a raggiungere il massimo livello di condizione tra gennaio e marzo (?!) sta dando ora i suoi frutti. La «squadra stanca» non l'ha vista solo
Moratti: se la difesa fa acqua da tutte le parti, è perché
Eto'o e
Pandev nel derby non erano in grado di interpretare la fase di non possesso, mentre contro lo
Schalke il centrocampo - specie dopo l'uscita di
Stanković - ha sofferto enormemente l'inferiorità numerica causata dalla linea a quattro dei tedeschi, con
Raúl (70 gol in Champions League con quello di ieri, chapeau) che sovente dava una mano alla mediana.
Campionato e Coppa Campioni, passati da sogni ad incubi nel giro di tre giorni, vanno ora archiviati nel miglior modo possibile. Sul fronte italiano, soprattutto, bisogna tener duro e conservare un terzo posto su cui molti avrebbero sputato nel weekend riservato alle Nazionali, perché di incominciare una nuova avventura dai preliminari di Champions League non ha voglia nessuno. Specialmente il futuro tecnico dell'Inter, che difficilmente sarà
Leo, più a suo agio dietro la scrivania che in panchina, dove il sottoscritto vedrebbe assai bene
André Villas Boas, quattro anni in meno di
Javier Zanetti ed un campionato portoghese vinto con cinque giornate d'anticipo lo scorso 3 aprile. Autodidatta che ha carpito i segreti del mestiere a Bobby Robson, con
Mourinho ha già respirato l'aria salubre di Appiano Gentile.
Antonio Giusto
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