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Streghe lontane e vicine

Continua la storia della vita di Ronaldo, che sta per annunciare il suo addio al calcio giocato. Dal sonnambulismo al rapporto con Dio, passando per i primi soldi guadagnati con la maglia del Sao Cristovao...

Redazione

14.02.2011 ( Aggiornata il 14.02.2011 09:17 )

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Grazie anche alla protezione del fratello Nelinho, il piccolo Ronaldo non aveva molta paura dei delinquentelli da strada. Però aveva e ha conservato da adulto una folle paura del buio e delle streghe. Quando cominciò a uscire la sera, prima di fare qualche passo in casa chiamava la mamma e si accertava che fosse nel suo letto. Senza questa verifica non sarebbe riuscito ad addormentarsi. Per un lungo periodo della sua vita è stato anche sonnambulo: camminava a occhi chiusi per i vari locali della casa, occorreva una luce sempre accesa per seguirlo ed evitare che si facesse del male. Paure, complessi e voglia di esagerare in tutto: turbe psicologiche che avrebbero accompagnato il Fenomeno per tutta la sua vita. Non gli hanno impedito di essere grande anche se forse l’hanno frenato nell’ultimo piccolo salto di qualità, quello che l’avrebbe reso il più grande calciatore di sempre. Ma qui era ancora un ragazzino e non c’erano problemi. Poteva esagerare e divorare tutto quello che voleva, giorno e notte. Poteva mettere il suo apparato digerente a durissima prova perché tanto era e rimaneva il più bravo della sua classe, il più bravo del quartiere di Bento Ribeiro, il più bravo del Social Ramos Clube. Dove gli spazi stretti del campo da calcetto lo esaltavano, rendendolo immarcabile anche per ragazzi più esperti e scafati. Anche per quelli che là chiamano jogadores de suburbio, giocatori da suburbio, utilizzatori di un regolamento che consente ogni genere di furberie. Era così bravo che non poteva passare inosservato, specialmente in un posto dove tutti si improvvisano talent scout. In Brasile c’è tanta gente che vive di espedienti, ai margini del calcio, scoprendo talenti e portandoli nelle grandi squadre. Un giorno al campo del Social Ramos si presentarono due signori, uno si chiamava Paulo Roberto e l’altro Rogerio Correia detto Zillo. Si resero subito conto che sotto i loro occhi si stava esibendo uno fuori categoria, al quale il calcetto andava stretto. Lo aspettarono fuori dal club, gli dissero che doveva provare a giocare in un campo normale. Gli proposero un provino per il São Cristovão de Futebol e Regatas, una società esclusivamente giovanile dell’omonimo quartiere di São Cristovão, dotata di uno stadio da 8.000 posti (la Figueirinha) e qualche soldo. Ronaldo aveva quasi 15 anni e tanta voglia di progredire, lasciando il Social Ramos per provare a giocare sul serio. Bastarono pochi minuti per convincere i dirigenti del São Cristovão che con lui in squadra potevano arrivare solo benefici. Il problema era convincere mamma Sonia. La trattativa familiare fu lunga ma alla fine il giovane Ronaldo riuscì a convincerla. Poco dopo donna Sonia cercò stava un appartamento proprio a São Cristovão, quartiere abbastanza vicino a Bento Ribeiro. Appartamento che poi venne trovato in Rua Lopez Ferraz 391, dove ancora oggi ci sono murales che ritraggono il Fenomeno, con trasferimento di tutta la famiglia. Bastarono poche partite per diffondere in tutta Rio l’eco delle gesta di quel ragazzino, che ben presto avrebbe esordito nella Nazionale brasiliana Under 15. Arrivarono anche i primi rimborsi spese, utili a mamma Sonia per mandare avanti la famiglia e che in parte vennero investiti in un apparecchio per correggere i denti di Ronaldo, così sporgenti (dentusco, si dice in Brasile) e poco belli da vedere. Certo, nessuno poteva immaginare che con il tempo sarebbero diventati una specie di marchio di fabbrica. Da Bento Ribeiro a São Cristovão era un bel salto. Niente di eccezionale a dire la verità, ma da una zona di classe bassa e bassissima a una zona di classe bassa e medio-bassa in Brasile cambia parecchio. Intanto anche il Ronaldo ragazzo e futuro uomo cresceva. Mai superata l’idiosincrasia per i libri, che lo rendeva un pessimo studente, era una persona molto semplice. Del rapporto di estremo affetto con la mamma si è già detto (''E il bello è che lei non mi ha mai visto come un assegno o una cassaforte, ma solo come il suo bambino''), rispetto ai coetanei si distingueva per educazione e rispetto verso il prossimo. Un’altra caratteristica che lo ha accompagnato per tutta la vita è stata la diffidenza. Non ha mai dato troppa corda agli estranei, a meno che non fossero di sesso femminile. Ha sempre voluto un gran bene alla sorella, che cercava di stargli dietro quando la mamma si massacrava in gelateria. E si è sempre trasformato radicalmente in presenza delle persone a cui vuole bene. Lì diventa simpatico ed estroverso, adora le battute e gli scherzi, è un po’ permaloso ma dipende da come lo si attacca. Tutto da analizzare il suo rapporto con la religione. Già all’inizio della sua carriera aveva pochi dubbi: ''Credo che Dio abbia appoggiato la mano sulla mia testa''. E’ cattolico, credente vero. Ovviamente alla maniera dei brasiliani, che tende sempre a mischiare un po’ la religione con la superstizione e vecchi riti di origine pagana. Ma nel suo genere è fedele, prega e si aggrappa a Dio nei momenti difficili. Che nella sua carriera sono stati tanti. (3-continua) Enzo Palladini (tratto dal libro ‘Paura del buio – Biografia non autorizzata di Ronaldo’, editore Indiscreto, sito web www.pauradelbuio.com)

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