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Redazione

02.12.2010 ( Aggiornata il 02.12.2010 12:06 )

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Se Mourinho appicca fuochi, Guardiola li spegne. La retorica prudente del tecnico blaugrana ha un che di palesemente falso (tipo la partita col Ceuta che diventa difficilissima) ma è spesa in maniera sempre efficace. L’altra sera dopo il 5-0 ha attribuito il merito addirittura a Cruijff e al suo vice dell’epoca Rexach, i fondatori di un modello di gioco tanto radicato da sembrare negli ultimi venti anni una regola non scritta dello statuto societario, che trascende gli interpreti contingenti. Caso unico nel calcio mondiale. Guardiola ci teneva a rafforzare il messaggio che ha intimidito pure il Real Madrid di Mourinho. Il messaggio del “prodotto finito”, ma non per intendere l’assenza di margini di miglioramento, solo per ribadire come la partita la faccia sempre e soltanto il Barça, e agli avversari tocchi adeguarsi. Il merito di Guardiola (ovviamente consentito dalle qualità dei giocatori) sta comunque nell’aver inserito tante varianti all’interno del modello di base, adattandolo alle circostanze pur preservando l’essenza. Al netto della nostalgia, questo Barça è nettamente più ricco di soluzioni rispetto a quello del Triplete. A volte il suo tecnico sembra uno scienziato pazzo nel suo continuo spostamento di pedine: ha iniziato retrocedendo Busquets fra i due difensori centrali per iniziare l’azione, un 3-4-1-2 con Villa e Pedro molto accentrati, a Zaragoza un 3-3-1-3, nel secondo tempo col Valencia 4-4-2. Il Barça stentava e queste mosse sembravano denunciare le difficoltà a trovare un assetto equilibrato più che evidenziare un’autentica ricchezza, ma da qualche gara tutto è tornato a quadrare. Ritorno al classico 4-3-3, ma con una sfilza di possibili adattamenti in corsa che anche l’altra sera ha esaltato i punti di forza. Dalla composizione della difesa (a seconda di dove parte Alves), alla posizione di Villa, un po’ala un po’ centrale, a quella di Messi, decisivo come centrocampista aggiunto pur essendo il teorico centravanti, il Barça si moltiplica per il campo, ha un saldo controllo in mediana senza perdere ampiezza o profondità, avanza tutto nella metacampo avversaria senza rischiare praticamente nulla dietro. Se i giocatori sono vicini fra di loro per scambiarsi il pallone lo saranno anche per recuperarlo. Questo il vantaggio difensivo del possesso-palla blaugrana, più che il “se abbiamo la palla noi, loro non possono attaccare”. La coperta non sembra mai corta, e il calcio sembra davvero “totale”, ma con un gusto tutto particolare per la “pelota”. (a cura di Valentino Tola)

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