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Redazione

14.09.2010 ( Aggiornata il 14.09.2010 10:54 )

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È una legge vecchia come il mondo: chi arriva in un nuovo posto di lavoro all’inizio deve essere disponibile a tutto, sperando di poter presto fare quello che davvero vuole. E così il povero Pierluigi Pardo, sbarcato sul pianeta Mediaset, deve rassegnarsi per ora a fare ancora il giornalista sui canali Premium in attesa del balzo definitivo, quello per cui ha mollato Sky: il quarto della Gialappa’s. Lo si è visto chiaramente (e non solo nel senso che la trasmissione è in chiaro, cioè visibile a tutti, non solo ai paganti) al debutto di “Premium football club”, il processo del lunedì del digitale terrestre berlusconiano, che ha debuttato ieri sera. Sarà che ospite d’onore era Antonio Cassano (curioso, eh? Neanche ci avesse scritto un libro assieme), ma Pardo ha sfoderato un clamoroso campionario cabarettistico: spagnolo maccheronico, imitazioni in genovese, sconfinamenti nel barese per duettare con Cassano con cui si è dato al cazzeggio spinto e agli aneddoti personali. E battute infilate sempre e comunque a forza, come il cibo nel gozzo delle oche per farle ingrassare e ricavarne il patè. Morale, un’alluvione che ha travolto gli ospiti in studio e la povera Sara Carbonero (bellissima, ma acquisto insensato, se è quella di ieri: due banalità sulla Liga che avrebbe potuto dire chiunque, ma è ovvio che si è ingaggiato il personaggio), la quale solo ributtandosi tra le braccia del suo Iker si sarà ripresa dal trauma. Il tutto sarebbe anche divertente, se non fosse per due motivi. Il primo è che il troppo stroppia. Humour va bene, ma con juicio, direbbe la Carbonero. Il secondo è Pardo fa – dovrebbe quantomeno – il conduttore di una trasmissione non umoristica, ma giornalistica. Che è un’altra cosa: è stimolare gli ospiti con le domande giuste, tenere il filo del discorso, seguire una scaletta, raccontare più cose possibili. Quando lo fa, lo fa anche bene, perché è innegabilmente bravo come giornalista (per dire, al fantasista doriano è riuscito a fare confessare cose più che interessanti). Ma alla fine in lui Totò è più forte di Bruno Pizzul. All’ennesima tracimazione viene in mente una delle più belle battute della storia del cinema. Quando chiesero a Dino Risi cosa pensava dei film di Nanni Moretti, lui rispose: “Non lo so. Ogni volta che vado al cinema a vederne uno, a un certo punto grido: Nanni, spostati e lasciami vedere il film”. Quindi, Pierluigi, spostati e lasciaci vedere la trasmissione. Magari non è neanche male.

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