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Fognini e la maturità da Davis

Fognini e la maturità da Davis

Redazione

07.02.2017 ( Aggiornata il 07.02.2017 07:39 )

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Soltanto la Coppa Davis poteva dare pathos ed emozioni al brutto tennis visto a Buenos Aires fra Argentina e Italia, con gli azzurri che dopo quattro giorni infiniti fra pioggia, interruzioni e rimescolamenti di formazione alla fine hanno battuto 3-2 i decimati campioni in carica e si sono qualificati per i quarti in cui incontreranno il Belgio, autore di una super-impresa in Germania grazie soprattutto al punto di Darcis contro il futuro numero uno del mondo (diciamo nel 2020) Alexander Zverev. Nella quinta e decisiva partita, giocata ieri da Fognini contro Pella, la sintesi di tutto ciò che significa questa manifestazione e che non può nemmeno essere spiegato. Sotto di 0-2 dopo due set davvero buttati, il ligure ha mantenuto la calma e ha rimontato un avversario che gli era nettamente inferiore gestendo bene anche le provocazioni del pubblico: nonostante i luoghi comuni su Fognini, infatti, il trentenne marito di Flavia Pennetta regge molto bene un clima ostile, mentre a volte va fuori di testa in situazioni apparentemente facili e nel contesto spesso asettico del tennis dei tornei. Un livello di gioco appena sufficiente, meraviglioso se paragonato a certe fasi di Lorenzi-Berlocq, ma una partita che entrerà comunque nella nostra piccola storia e che conferma la dimensione da uomo Davis di Fognini. Potrà sembrare riduttivo ed in effetti lo è perché Fognini ha vinto tanto (quattro tornei del circuito maggiore, fra l'altro) ed è stato numero 13 del ranking ATP (adesso è 45), ma al termine della sua carriera sarà ricordato soprattutto come un giocatore da Davis. Fognini gioca in Coppa dal 2008, cioè da quando aveva 21 anni, e ha un record eccellente sia in singolare (18 vinti e 7 persi) sia in doppio (6-4). Tante vittorie di prestigio (Gulbis, Fernando Gonzalez, due volte Monaco, Rublev, Gabashvili e soprattutto Andy Murray due anni fa), e sconfitte soltanto con giocatori di cilindrata pari o superiore alla sua (Gulbis, Soderling, Raonic, Wawrinka, Federer: può bastare?), tranne quella con Nedovyesov due anni fa mentre l'anno scorso a Pesaro con Delbonis aveva l'alibi delle condizioni fisiche precarie. Una sicurezza, insomma, anche se viene giudicato spesso con il metro usato per i ragazzini. Non vincerà mai il Roland Garros, ma questo rappresenta una colpa soltanto per una certa mentalità italiota, del genere 'Pellegrini soltanto quarta nella finale olimpica'. Lui, Seppi, Lorenzi e Bolelli sono una nazionale anziana e probabilmente limitata, se la Davis fosse sempre giocata dai migliori, ma anche una nazionale che ha sempre fatto il suo con dignità.

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