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Parigi 2024, giorno 18: la medaglia d'oro della sfortuna, l'impresa di Sottile, la scelta di Crippa, il futuro di Malagò, quota 40 e il lavoro della Carini
Ultime gioie e ultimi dolori di tre settimane che non dovrebbero finire mai. Comunque nemmeno il quinto dei cinque ori italiani di Tokyo nell’atletica si è confermato. Gianmarco Tamberi ha dato tutto ciò che aveva dopo un’altra colica renale notturna: dopo un passaggio in ospedale si è presentato in pedana saltando al terzo tentativo 2,22, di puri rabbia e orgoglio, prima di arrendersi sul 2,27. Sfortuna galattica, al livello di quella prima di Rio 2016 anche se fisicamente lascerà meno segni, ma a 32 anni Tamberi ha ancora tantissimo da dare all’atletica. Ne avrà voglia? Dopo le lacrime e la disperazione ci saranno settimane di riflessione, come per Paltrinieri. Tamberi è insieme a Jacobs il volto della nostra atletica ed è anche più personaggio (e per questo non apprezzato da diversi colleghi, al di là dei like) del velocista, per lui vale il discorso che vale per tutti i campioni: bello e romantico lasciare quando si è al massimo, ma per fare che cosa? Un Tamberi manager, imprenditore, uomo di spettacolo anche di successo non sarebbe mai stato omaggiato da Mattarella. E poi solo lui sa i sacrifici fatti per riemergere dalla assurda serata di Monte Carlo. Non si possono vendere certezze, ma è probabile che il Tamberi dell’Europeo di Roma, giugno 2024 e non 2014, si sarebbe quasi certamente confermato oro olimpico. Insomma, speriamo che questi dello Stade de France non siano stati gli ultimi suoi salti.
La sfortuna di Tamberi non deve oscurare la gara della vita di Stefano Sottile, enorme promessa finora non mantenuta che ha battuto il suo personale a 5 anni di distanza, saltando 2,34 al primo tentativo e sognando per qualche minuto una medaglia, sogno realistico visto che quasi sempre saltare una misura simile al primo tentativo assicura almeno il bronzo in Mondiali e Olimpiadi. Ma Kerr, McEwen e Barshim hanno saltato 2,36 ed i primi due hanno anche dato vita ad un emozionante spareggio, lo spareggio che non c’era stato tre anni fa tra Tamberi e Barshim. Enorme quarto posto per Sottile, che ha svoltato l’anno scorso tornando a valicare il 2,28 dopo troppe stagioni su misure inferiori, e adesso forse è ad un nuovo inizio.
Dalla gara più iconica, insieme ai 100 metri, non ci si aspettava molto ma gli azzurri sono andati peggio del previsto nella maratona vinta da Tamirat Tola: Yeman Crippa venticinquesimo a 4’10” dall’etiope convocato quasi fuori tempo massimo, Eyob Faniel quarantatreesimo, dopo avere condotto la gara per circa 5 chilometri, prima della metà, rifiutando un compitino perdente, Meucci cinquantunesimo. Dopo l’abbandono della pista Crippa è purtroppo rimasto a metà del guado, ma viste le sue ambizioni si spera che non ci rimanga. In attesa della maratona femminile, dove le speranze di medaglia sono zero, si chiude quindi il programma dell’atletica in maniera agrodolce per l’Italia, sempre più completa a livello di squadra ma con nessuna delle punte che ha trovato la situazione giusta per l’oro. Senza pensare ai nostri rimpianti (il più grande è la medaglia della 4x100), per gli appassionati l’ultima giornata di atletica allo Stade de France è stata semplicemente pazzesca, con un 800 velocissimo, un 5000 che Ingebrigtsen ha vinto con la tattica più logica, il salto in alto con lo spareggio e soprattutto le due 4x400 statunitensi: quella maschile con 2’54”43, nella gara in cui l'Italia è stata settima, è andata a 14 centesimi dal primato del 1993 dello squadrone di Michael Johnson e Butch Reynolds, quella femminile con 3’15”27 a 10 centesimi addirittura dall’Unione Sovietica del 1988. Si parla davvero di un altro mondo. E al di là delle punte l'Italia dell'atletica è più forte in questo.
La clamorosa protesta degli azzurri di pallanuoto prima della partita con la Spagna, ma sempre meno clamorosa dell’errore arbitrale (in tanti parlano apertamente di malafede: il punto è questo, non l’errore pur assurdo agli occhi sia di un esperto sia di un profano), è stata il pretesto per l’ennesima polemica a distanza fra Malagò e Barelli, cioè il presidente del CONI ormai in scadenza ed alla ricerca di un ruolo di prestigio che gli consenta di continuare a fare Malagò (e nello sport questo ruolo può essere soltanto qualcosa di pesante nel calcio), ed il presidente della più brillante delle federazioni del CONI, insieme alla federtennis, guarda caso anche lei fuori dalle grazie di Malagò. Pronto a trasferimenti incredibili per festeggiare un ottavo posto negli sport più assurdi, ma non per complimentarsi di persona con Errani, Paolini e Musetti. Malagò ha parlato di protesta non condivisibile, Barelli di protesta seria ed educata: in concreto nessuno dei due ha creato le condizioni perché l’Italia della pallanuoto fosse rispettata.
A proposito di Malagò, già al penultimo giorno le 40 medaglie di Tokyo sono state raggiunte. Un sabato con l’argento di Elia Viviani e Simone Consonni nell’americana (dove la sorella di Consonni, Chiara, è il giorno prima stata oro insieme a Vittoria Guazzini) , il bronzo atteso delle ragazze della ginnastica ritmica (Alessia Maurelli, Martina Centofanti, Agnese Duranti, Daniela Mogurean e Laura Paris) e quello meno atteso di Simone Malan nel pentathlon moderno. Risultato: 11-13-15, quindi 39 medaglie. Ma domani quella nella finale della pallavolo femminile è sicura…
Nessun torneo olimpico di boxe femminile è mai stato seguito come quello dei welter a Parigi 2024 ed il merito, si fa per dire, è stato del testosterone di Imane Khelif e del fatto che lei sia diventata un simbolo sia per chi vede lo sport femminile messo in pericolo da atlete troppo mascoline, senza arrivare per forza ai trans, sia per chi la considera vittima di una campagna mediatica. Comunque l’algerina, il cui testosterone è nel range che le consente di gareggiare con le donne (limite che è il quadruplo rispetto a quanto richiesto dall’atletica), ha vinto il torneo ed anche la finale con la cinese Yang Liu è stata abbastanza imbarazzante: buona la scherma della Yang, ma ogni pugno della Khelif era palesemente più pesante. Restringendo tutto al nostro orticello sportivo e avendo seguito il torneo della Khelif, bisogna dire che il ritiro di Angela Carini negli ottavi, dopo 46 secondi ed un solo pugno perso, rimane un mistero difficile da accettare per un’atleta pagata dallo Stato per andare alle Olimpiadi. Perché tutte contro la Khelif si sono battute, sia a Parigi sia in altre occasioni, fra l’altro lei ha perso 9 match dei 51 disputati in carriera. Certo in alcuni casi è difficile stabilire il confine biologico fra un uomo e una donna, ma questo confine ci vuole. Diversamente bisognerebbe introdurre nuove categorie oltre a quelle maschili e femminili: sarebbe la fine.
stefano@indiscreto.net
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