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Parigi 2024, giorno 16: la donne di Velasco, il livello della Iapichino, il record della Dorio, i cambi della 4x100 e gli ori di Tokyo
Il punto più alto nella storia della pallavolo femminile italiana, con tutto il rispetto per il Mondiale del 2002 e per i 3 titoli europei. Ma anche il punto più alto nella pur immensa carriera di Julio Velasco, che a 72 anni può prendersi l’oro olimpico solo sfiorato ad Atlanta con la generazione dei fenomeni, fra i quali quel Lorenzo Bernardi che oggi è uno dei suoi assistenti. Il 3-0 in semifinale alla Turchia non dice tutto delle difficoltà che ha presentato la squadra di Daniele Santarelli, in tutti e tre i set. Nel primo la chiave trovata da Velasco è stata la difesa a terra, nel secondo l’inserimento di una Antropova in forma strepitosa, nel terzo la registrazione del muro, che nella Fahr ha trovato la sua profeta. Non si è vista una Egonu eccezionale, anzi, e questo lascia bene sperare per la finale contro gli Stati Uniti del mito Karch Kiraly: c’è ancora un po’ di margine, anche se le campionesse olimpiche in carica contro il Brasile hanno impressionato per consistenza nei momenti chiave. Le pallavoliste italiane fino al 2000 non si erano mai qualificate per le Olimpiadi e fino all’altroieri non erano mai arrivate nemmeno in semifinale. Una squadra in missione, anche se con gli USA non parte favorita.
Nella serata che sarà ricordata per l'incredibile record del mondo di Sydney McLaughlin nei 400 ostacoli (con il suo 50"37 sarebbe la prima delle escluse nella finale dei 400 piani!) e per il bronzo di Lyles nei 200 metri corsi con il Covid anche un po' di Italia. Al grottesco dibattito sui quarti posti, come se fossero tutti uguali e se tutti gli atleti avessero le stesse ambizioni, si è aggiunto quello di Larissa Iapichino, che in una finale del lungo di livello non altissimo è stata molto solida nella sua serie di salti ma senza mai quel qualcosa in più. Con il suo 6.87 ottenuto al secondo salto è arrivata a 9 centimetri dal bronzo della Moore, quindi per la medaglia non sarebbe servito nemmeno il suo personale di 6.95. Forse con questa gestione tecnica, cioè suo padre, la ventiduenne toscana ha raggiunto il massimo, e adesso è di fronte a scelte importanti perché le sue misure migliori quasi mai nelle grandi competizioni fanno arrivare sul podio. L’asterisco gigante, che peraltro vale per tutti i quarti posti, è che stiamo parlando di una persona che nel mondo ne ha soltanto tre davanti nella sua professione.
Ne ha davanti molte di più Sinta Vissa, che per gli strani (ma nemmeno tanto) meccanismi dello sport festeggia l’eliminazione in semifinale nei 1500 più di quanto la Iapichino festeggi il suo quarto posto: dopo 42 anni è infatti caduto il record italiano di Gabriella Dorio, cosa che dice molto della grandezza della campionessa vicentina, dell’esplosione tardiva della Vissa (che ha 28 anni) e dei decenni perduti dal mezzofondo italiano, visto che alle Olimpiadi la Dorio vinceva la medaglia d’oro e la bravissima Vissa è uscita in semifinale dando il 110%.
La 4x100 azzurra è da medaglia, nonostante sia entrata in finale grazie al secondo tempo di ripescaggio, essendo arrivata quinta in una batteria assurdamente forte, vinta dagli Stati Uniti davanti a Sudafrica, Gran Bretagna, Giappone e appunto Italia. Va detto che il 38”07 di Matteo Melluzzo, Marcell Jacobs, Esaosa Desalu e Filippo Tortu, zavorrato dal cambio troppo schiacciato fra Jacobs e Desalu, avrebbe dato agli azzurri una facile vittoria nell’altra batteria (in modo diretto passavano i primi tre) vinta dalla Cina in 38”24, con la Giamaica clamorosa eliminata. Siccome questa staffetta è l’immagine dell’atletica italiana è chiaro che ogni dettaglio verrà vivisezionato prima della finale: molto bene Melluzzo e il cambio con Jacobs, bene Jacobs, male il secondo cambio, discreto Desalu nella fase di corsa, buono il terzo cambio, appena sufficiente Tortu. Senza mettersi a fare il bar dell’atletica, rimane incomprensibile l’esclusione di Patta: con lui in terza frazione e cambi normali l’Italia se la può giocare per le medaglie alle spalle degli Stati Uniti, sempre che non si suicidino come accadde in batteria a Tokyo.
La decima medaglia d’oro italiana era annunciata ma non per questo vale di meno: Ruggero Tita e Caterina Banti hanno replicato il successo di Tokyo nel Nacra-17. Argento di Gabriele Casadei e Carlo Tacchini nella canoa sprint, con una grande rimonta nel finale. Nella putrida Senna è stata bravissima Ginevra Taddeucci a strappare un bronzo nella 10 chilometri, con un durissimo arrivo controcorrente. E a tre giorni dalla fine dei Giochi l'Italia ha 10 oro, come a Tokyo 2020 (dove in totale le medaglie furono 40), 11 argenti e 9 bronzi. Una contabilità mediocre, perché alla Cuccia le medaglie si pesano e non si contano, ma da cui dipendono tante carriere. Non quella di Malagò alla presidenza del CONI, visto il raggiunto limite di mandati. A meno che cambi la legge, ma prima dovrebbe cambiare il governo.
stefano@indiscreto.net
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