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Con l'oro mondiale di Budapest il saltatore in alto azzurro ha raggiunto l'ultima vittoria che gli mancava. Ed il fatto di avere ancora un futuro non impedisce di considerarlo già un personaggio storico dell'atletica e dello sport italiani...
Gianmarco Tamberi è il più grande atleta italiano di ogni tempo? Dopo l’oro mondiale conquistato a Budapest, l’unico oro che gli mancava dopo aver vinto Olimpiadi, Mondiali indoor, Europer indoor e all’aperto, la domanda ha cittadinanza, restringendo il discorso all’atletica leggera e non a miti pop inarrivabili come Coppi o Tomba. Nessun italiano nell’era moderna, cioè da quando ad Olimpiadi ed Europei si sono affiancati i Mondiali inventati da Primo Nebiolo, quindi dal 1983, aveva mai vinto tanto. Anche se va detto che la tripletta che conta, cioè quella all’aperto, è stata realizzata anche da Alberto Cova nel triennio 1982-1983-1984 nei 10.000 metri.
Gianmarco Tamberi: dal trionfo alla festa
Gianmarco Tamberi si gode il suo primo oro nel Mondiale all'aperto, l'unica vittoria che ancora gli mancava, quindi celebra l'oro mondiale a modo suo, coinvolgendo l'amico Barshim, come lui oro olimpico a Tokyo ma a Budapest medaglia di bronzo, il pubblico e la sua famiglia
Guarda la galleryNell’atletica di prima, quella in cui non c’erano i Mondiali e le manifestazioni indoor erano marginali (come del resto anche adesso) o non esistevano, l’accoppiata oro olimpico-oro europeo, la massima possibile, era riuscita a giganti come Pietro Mennea, Sara Simeoni, Abdon Pamich, Pino Dordoni, Adolfdo Consolini e Luigi Beccali, senza dimenticare che nell’era moderna l’accoppiata oro olimpico-oro mondiale, senza europei, è riuscita a Maurizio Damilano e Ivano Brugnetti. Insomma, in questo gruppo Tamberi sta benissimo ed è anche nelle posizioni più alte per lunghezza della carriera e peso della medaglia, visto che il salto in alto è nell’atletica una delle specialità da copertina.
Il salto in alto è però anche una delle poche in cui il tempo sembra essersi fermato: non è tanto per il record mondiale, il 2.45 di Sotomayor del 1993, perché alcune grandi prestazioni possono essere in anticipo di decenni o semplicemente pompate da un doping non provato, ma per il livello medio di chi compete per le medaglie. Ecco, il Gerd Wessig che vinse ai Giochi di Mosca nel 1980 con 2.36, all’epoca record mondiale, potrebbe vincere un oro pesante anche oggi e non solo perché Tamberi l’ha fatto anche lui a 2.36. Oggi si vincono medaglie olimpiche o mondiali a 2.33, è successo anche a Budapest con Barshim, misura con cui, per dire, alle Olimpiadi di Seul 1988 non si sarebbe arrivati nei primi 6. Forse i miglioramenti nelle pedane e nelle scarpe in questa specialità hanno inciso meno che nelle gare di corsa, forse davvero i limiti umani sono stati toccati, forse la concorrenza di altri sport nel reclutamento è più forte che in passato, fatto sta che Tamberi è uno di quei campioni che non solo danno il meglio nelle grandi occasioni, ma sanno anche reggere il peso del pronostico in una gara dove gli equilibri sono sottilissimi, e fare malissimo confina con il fare benissimo. L’oro più importante rimane quello di essersi risollevato dal terrificante infortunio di Monte Carlo nel 2016, ma anche chi non conosce la storia di Tamberi ha la percezione di trovarsi di fronte ad un fenomeno, uno che dà il 100% non soltanto a parole.
stefano@indiscreto.net
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