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La seconda vita di Marco Cecchinato© AFPS

La seconda vita di Marco Cecchinato

Battendo il numero 9 del mondo Goffin il tennista palermitano si è guadagnato i quarti di finale del Roland Garros contro Djokovic. Un'impresa storica per molte ragioni, senza dimenticare la vicenda scommesse con cui si era quasi distrutto la carriera...

Redazione

03.06.2018 20:18

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Nel tennis la fortuna di fatto non esiste e Marco Cecchinato si è guadagnato i quarti di finale del Roland Garros, da giocarsi contro Novak Djokovic, con grandissimo merito. Nel suo ottavo contro David Goffin, numero 9 del mondo (il quasi ventiseienne palermitano è numero 72 ATP, fra una settimana come minimo sarà 42), Cecchinato non si è limitato a sfruttare la scarsa giornata del belga, mai visto così falloso, ma è andato a prendersi tutti i punti decisivi con un atteggiamento eccezionale, vincendo in quattro set una partita in cui è stato solidissimo al servizio, arma che sta diventando imprescindibile anche sulla terra e a maggior ragione su quella relativamente veloce di Parigi.

Adesso si può dire che la sua vera carriera sia iniziata, dopo il fondo toccato nel 2016 per la squalifica dovuta al caso scommesse: 18 mesi per il tribunale della Federtennis, poi ridotti a 12 in appello e infine cancellati dal CONI per un vizio procedurale, una specie di prescrizione: erano infatti decorsi più dei 90 giorni previsti fra inizio dell’azione disciplinare e sentenza di primo grado. In sostanza Cecchinato era accusato di avere alterato alcune sue partite a livello Challenger e di avere fornito anche informazioni riservate sulla forma dei colleghi ad alcuni scommettitori. Una vicenda che nessuno dimentica, al di là dell’entusiasmo attuale, e che di fatto gli ha cancellato una stagione facendolo ripartire dalla Cayenna dei Challenger, dove far quadrare il bilancio è difficilissimo anche con uno staff ridotto al minimo.

Quintessenza del giocatore da terra battuta, che questo fosse il suo anno si era capito già a Monte Carlo quando aveva superato le qualificazioni battendo Kukushkin e Garcia Lopez. Poi l’impresa di Budapest, con il primo titolo ATP (un 250, ma pur sempre circuito maggiore) vinto dopo essere stato ripescato dalle qualificazioni che l’avevano visto sconfitto da Zopp. Il salto in classifica gli ha permesso di raggiungere Roma direttamente nel tabellone principale e di preparare al meglio Parigi, dove ha messo in fila Copil, l’altra favola Trungelliti, il numero 11 del mondo Carreno Busta e adesso Goffin.

Le statistiche valgono meno del godersi il presente, ma è significativo che l’era Open nel tennis sia iniziata proprio 50 anni fa, nel 1968, e che da allora soltanto 8 italiani (non contiamo Mulligan, che era in realtà australiano) siano riusciti a raggiungere i quarti di almeno un torneo del Grande Slam: Panatta, Bertolucci, Barazzutti, Caratti, Furlan, Sanguinetti, Fognini e appunto Cecchinato. Tutti a Parigi tranne Sanguinetti (Wimbledon) e Caratti (Australian Open), con Barazzutti che fece bene anche a New York (ma sulla terra del 1977, non sul cemento odierno) e Panatta che oltre alle prodezze parigine (vincitore nel 1976) a Wimbledon nel 1979 arrivò ai quarti buttando via l’occasione della vita contro Pat DuPré. Insomma, in un mondo in cui l’aggettivo ‘storico’ si buttà lì spesso a caso, quella di Cecchinato è un’impresa storica perché la sua cilindrata tecnica è più simile a quella di Furlan che a quella di Panatta. Difficile possa farcela contro un Djokovic apparso in netta ripresa, anche psicologica, ma di sicuro per Cecchinato è iniziata una nuova vita.

 

 

 

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