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La Schiavone e le sue poche sorelle

La Schiavone e le sue poche sorelle

Redazione

25.02.2016 ( Aggiornata il 25.02.2016 08:37 )

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Francesca Schiavone avrebbe il diritto di essere in declino, a quasi 36 anni e dopo una carriera costruita con pazienza,  che ha avuto il suo top nel 2010 con la vittoria al Roland Garros. La mancata qualificazione al tabellone principale degli Australian Open, che ha interrotto a 61 la sua striscia di partecipazioni consecutive agli Slam, ha destato meno sorprese della vittoria nel torneo WTA di Rio de Janeiro, domenica scorsa, dopo una finale a tratti drammatica in cui un'altra al suo posto avrebbe accettato la sconfitta. Il settimo torneo vinto in carriera l'ha riportata nelle prime 100 del mondo (94), lontana dai giorni di gloria ma tutto sommato anche dall'idea del ritiro che invece si è già materializzata per le più giovani Pennetta (ritiratasi davvero) e Vinci (ci sta ripensando, vincere è troppo bello). Già a proposito della Vinci abbiamo invitato a goderci gli ultimi fuochi di questa generazione, in cui includeremmo anche la 29enne Errani, sperando che la Giorgi abbia in canna (come pensa suo padre Sergio) almeno un grande risultato in uno Slam, una generazione che non è prematuro giudicare in prospettiva storica. Fino a metà degli anni Zero, nel 2004, le tenniste italiane avevano infatti vinto 28 titoli WTA, la gran parte merito di Raffaella Reggi e Sandra Cecchini e la gran parte, va detto, non pregiatissimi come status. Da lì in poi, con la vittoria della Pennetta a Sopot, la generazione delle fenomene più qualche exploit (Santangelo, Brianti, Knapp, la stessa Giorgi) ha messo l'Italia sulla mappa del tennis che conta oltre a conquistare quattro Fed Cup che con il senno dell'epoca giudicavamo con sufficienza mentre con quello di oggi erano oro puro. Cosa vogliamo dire? Che è incredibile che Schiavone e le sue sorelle non abbiano prodotto fenomeni di emulazione di massa, a livello di praticanti, come è stato per altri sport con le azzurre vincenti (si pensi al volley o al nuoto): un po' perché il tennis è scomparso dalla tivù free fino all'avvento del digitale terrestre, un po' perché le aziende italiane che erano l'architrave del sistema adesso non sono più italiane, un po' perché il sistema delle academy ha superato (tranne forse in Francia) quello delle federazioni e permette a ragazzi di tutto il mondo di provarci, quindi essere italiane offre pochi vantaggi in più che essere cipriote. Quella degli italiani inadatti agli sport individuali, che richiederebbero più sacrifici fisici e mentali, è una favola, come è stato dimostrato più volte, ma lo stato comatoso del nostro tennis giovanile è invece una realtà.

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