El Shaarawy e il momento di vendere

El Shaarawy e il momento di vendere

Pubblicato il 13 luglio 2015, 10:24

Stephan El Shaarawy nella storia del Milan è stato cento volte meno importante di Casillas in quella del Real Madrid o di Schweinsteiger in quella del Bayern, ma questo non toglie che anche la sua cessione al Monaco per 16 milioni di euro sia di quelle difficili da spiegare ai tifosi, soprattutto dopo mesi di retorica presidenziale e 'giornalistica' sui giovani italiani. Certo, fra infortuni e altri problemi nelle ultime due stagioni El Shaarawy ha segnato con la maglia del Milan 3 gol, ma si tratta pur sempre di un attaccante della Nazionale che non ha ancora compiuto 23 anni e non di una scommessa. L'El Shaarawy prima dell'arrivo di Balotelli, che lo confinò in un ruolo ravanelliano o da 'generoso Graziani', potrebbe in teoria ancora tornare. Di più: al di là degli aspetti tattici (il possibile esperimento a centrocampo non suonava come un atto di fiducia) uno con il carattere di Mihajlovic, capace all'occorrenza di mettere le mani addosso ai giocatori meno motivati, poteva essere l'allenatore della sua vita. Probabilmente Galliani, che di giocatori ne ha visti tanti e che quasi sempre li ha ceduti (o tentato di farlo) al momento giusto, ha pensato che El Shaarawy fra un anno avrebbe avuto un valore di mercato inferiore a 16 milioni, per non dire dei 25 di cui si favoleggiava due stagioni fa. Quasi superfluo notare la solita strategia mediatica, proprio mentre si cedeva ElSha ci sarebbe stato un 'riavvicinamento' (cosa vorrà dire? Che lo svedese accetterà di guadagnare un terzo dell'ingaggio del PSG?) con Ibra. Al di là dell'evidente differenza di valore e di storia personale (El Shaarawy non è cresciuto nel Milan, ma è arrivato fatto e finito dal Genoa), il parallelo con Casillas e Schweinsteiger comunque in parte ci sta perché Stephan era nonostante tutto uno dei calciatori più amati dai tifosi rossoneri, quella faccia giovane alla Kakà che porta ad acquistare magliette, biglietti e biscotti. La tendenza degli ultimi anni è che i club europei non si vogliono più legare a singoli personaggi, per quanto positivi o utili siano. E che quindi questi vengono ceduti quando si intuisce che in futuro sarà impossibile incassare una cifra superiore, che siano giovani o ritenuti al capolinea. E a maggior ragione giovani ritenuti, a torto o a ragione, al capolinea. Twitter @StefanoOlivari

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