Il Big Bang, la sfida fra due mondi che definir&agrave; il futuro del tennis sul rosso. C&rsquo;&egrave; molto di pi&ugrave; del titolo di Roma quando Federer e Nadal scendono sul Centrale del Foro Italico il 14 maggio 2006. Si gioca nel Centrale caldo e intimo, con i tifosi molto vicini al campo. Nadal &egrave; il guerriero dai capelli lunghi, con lo smanicato giallo e i pantaloni sotto il ginocchio. Federer, interamente in bianco, &egrave; una perfetta icona neoclassica che connette il gioco moderno con la finezza del passato. La partita Lo svizzero, 24 anni e sette Slam vinti, manca due set point sul servizio di Nadal, poi domina il tiebreak d&rsquo;apertura 7-0. Nadal, che un anno prima aveva chiuso proprio al tiebreak, contro l&rsquo;argentino Guillermo Coria, l&rsquo;undicesima conclusa al quinto set in 62 edizioni del torneo, cambia lo scenario della finale contro Federer gi&agrave; dal primo game del secondo set. &Egrave; nel clou di quella che sar&agrave; la striscia di 81 vittorie consecutive sulla terra battuta, iniziata dopo il quarto di finale perso contro Andreev a Valencia nel 2005. Stavolta &egrave; il maiorchino il primo ad avere un set point, sul 5-4, sul servizio dell&rsquo;avversario. &Egrave; una partita a scacchi. &Egrave; un set a specchio rispetto al primo, e come il primo non pu&ograve; che finire al tiebreak. Federer allunga e sale 4-2. Nadal per&ograve; non ha alcuna intenzione di rendergli la vita facile. Rimonta da 2-4 a 6-5, aiutato da tre errori in lunghezza, scende a rete su un approccio che non sembra certo efficace, ma il passante dello svizzero si ferma sotto il nastro. Federer si porta addosso sfiducia e frustrazione per tutto il terzo set, deciso dal passante diagonale di rovescio che vale a Nadal il break chiave al quinto game. Il primo gioco del quarto appare come la resa anticipata di Federer. Ma nelle circostanze estreme il campione riemerge. Veleggia fino al 6-2 e allunga al quinto. Nadal, gi&agrave; costretto a risalire da sotto 0-3 al quinto un anno prima, va sotto 4-1. Il primo doppio fallo della partita offre a Federer due match point sul 6-5 40-15. &laquo;Sul primo ero in una buona posizione, non volevo cercare direttamente il vincente - commenta lo svizzero -. Ho cercato di rimanere solido, di mettergli una palla alta e carica contro il suo rovescio ma non ci sono arrivato in tempo. Penso che quell&rsquo;errore mi sia costato la partita&raquo;. Alla seconda occasione, cerca di compensare il rimpianto ma lo raddoppia con un dritto frettoloso e ancor meno efficace. Nadal &egrave; uno dei migliori interpreti moderni della dottrina Wilander: metti quante pi&ugrave; prime possibile in campo, anche non al massimo della velocit&agrave;, e sulla distanza dei cinque set finirai per vincere. Il quinto set va ancora al tiebreak e Nadal prepara battaglia. Federer ha vinto 26 degli ultimi 38 tornei giocati, e nel 2006 ha perso solo due volte, sempre contro Nadal. Inizia meglio, allunga sul 3-1, amministra sul 4-2 e sul 5-3. Rafa per&ograve; non molla, trasforma ogni partita in una guerra di logoramento. Il tennis di Nadal logora gli avversari. Le traiettorie dello spagnolo sono sempre profonde ma controllate. Costringe Federer a giocare da posizioni scomode, vince gli ultimi quattro punti nel tiebreak decisivo e lo scontro pi&ugrave; lungo nel racconto epico della loro rivalit&agrave;. Completa la 53ma partita di fila sulla terra battuta. Non perde sulla sua superficie preferita dal quarto di finale di Valencia del 2005 contro il russo Igor Andreev. Eguaglia il record di successi sul rosso dell&rsquo;argentino Guillermo Vilas e i titoli vinti da Borg prima dei 20 anni. Solo Borg e Newcombe a Wimbledon e Muster a Montecarlo erano riusciti a vincere due finali consecutive al quinto set. Federer ha vinto cinque punti in pi&ugrave; e giocato un tennis sublime. Ma il gladiatore Rafa ha conquistato la folla. Roma ha trovato il suo re.

        Il Big Bang, la sfida fra due mondi che definir&agrave; il futuro del tennis sul rosso. C&rsquo;&egrave; molto di pi&ugrave; del titolo di Roma quando Federer e Nadal scendono sul Centrale del Foro Italico il 14 maggio 2006. Si gioca nel Centrale caldo e intimo, con i tifosi molto vicini al campo. Nadal &egrave; il guerriero dai capelli lunghi, con lo smanicato giallo e i pantaloni sotto il ginocchio. Federer, interamente in bianco, &egrave; una perfetta icona neoclassica che connette il gioco moderno con la finezza del passato. La partita Lo svizzero, 24 anni e sette Slam vinti, manca due set point sul servizio di Nadal, poi domina il tiebreak d&rsquo;apertura 7-0. Nadal, che un anno prima aveva chiuso proprio al tiebreak, contro l&rsquo;argentino Guillermo Coria, l&rsquo;undicesima conclusa al quinto set in 62 edizioni del torneo, cambia lo scenario della finale contro Federer gi&agrave; dal primo game del secondo set. &Egrave; nel clou di quella che sar&agrave; la striscia di 81 vittorie consecutive sulla terra battuta, iniziata dopo il quarto di finale perso contro Andreev a Valencia nel 2005. Stavolta &egrave; il maiorchino il primo ad avere un set point, sul 5-4, sul servizio dell&rsquo;avversario. &Egrave; una partita a scacchi. &Egrave; un set a specchio rispetto al primo, e come il primo non pu&ograve; che finire al tiebreak. Federer allunga e sale 4-2. Nadal per&ograve; non ha alcuna intenzione di rendergli la vita facile. Rimonta da 2-4 a 6-5, aiutato da tre errori in lunghezza, scende a rete su un approccio che non sembra certo efficace, ma il passante dello svizzero si ferma sotto il nastro. Federer si porta addosso sfiducia e frustrazione per tutto il terzo set, deciso dal passante diagonale di rovescio che vale a Nadal il break chiave al quinto game. Il primo gioco del quarto appare come la resa anticipata di Federer. Ma nelle circostanze estreme il campione riemerge. Veleggia fino al 6-2 e allunga al quinto. Nadal, gi&agrave; costretto a risalire da sotto 0-3 al quinto un anno prima, va sotto 4-1. Il primo doppio fallo della partita offre a Federer due match point sul 6-5 40-15. &laquo;Sul primo ero in una buona posizione, non volevo cercare direttamente il vincente - commenta lo svizzero -. Ho cercato di rimanere solido, di mettergli una palla alta e carica contro il suo rovescio ma non ci sono arrivato in tempo. Penso che quell&rsquo;errore mi sia costato la partita&raquo;. Alla seconda occasione, cerca di compensare il rimpianto ma lo raddoppia con un dritto frettoloso e ancor meno efficace. Nadal &egrave; uno dei migliori interpreti moderni della dottrina Wilander: metti quante pi&ugrave; prime possibile in campo, anche non al massimo della velocit&agrave;, e sulla distanza dei cinque set finirai per vincere. Il quinto set va ancora al tiebreak e Nadal prepara battaglia. Federer ha vinto 26 degli ultimi 38 tornei giocati, e nel 2006 ha perso solo due volte, sempre contro Nadal. Inizia meglio, allunga sul 3-1, amministra sul 4-2 e sul 5-3. Rafa per&ograve; non molla, trasforma ogni partita in una guerra di logoramento. Il tennis di Nadal logora gli avversari. Le traiettorie dello spagnolo sono sempre profonde ma controllate. Costringe Federer a giocare da posizioni scomode, vince gli ultimi quattro punti nel tiebreak decisivo e lo scontro pi&ugrave; lungo nel racconto epico della loro rivalit&agrave;. Completa la 53ma partita di fila sulla terra battuta. Non perde sulla sua superficie preferita dal quarto di finale di Valencia del 2005 contro il russo Igor Andreev. Eguaglia il record di successi sul rosso dell&rsquo;argentino Guillermo Vilas e i titoli vinti da Borg prima dei 20 anni. Solo Borg e Newcombe a Wimbledon e Muster a Montecarlo erano riusciti a vincere due finali consecutive al quinto set. Federer ha vinto cinque punti in pi&ugrave; e giocato un tennis sublime. Ma il gladiatore Rafa ha conquistato la folla. Roma ha trovato il suo re.       

Lo svizzero arriv&ograve; a un punto dalla vittoria ma Rafa si impose in cinque set memorabili, confeemando il titolo vinto a Roma un anno prima&nbsp;

Internazionali 2006, Federer-Nadal e quei due storici match point

E non avevano ancora visto niente. Prima del 2005 Rafael Nadal sulla terra battuta di Roma non aveva mai messo piede, ma da l&igrave; in avanti nulla sarebbe stato pi&ugrave; come prima. Non c&rsquo;era mai stato un cannibale sul rosso come il maiorchino (e chiss&agrave; se ce ne sar&agrave; un altro cos&igrave;), che quell&rsquo;anno decide di iniziare il suo dominio vincendo la prima delle nove edizioni degli Internazionali d&rsquo;Italia. &nbsp; <h2>Un 2005 importante</h2> &nbsp; &Egrave; la prima stagione che Nadal gioca per intero da quando &egrave; professionista, quella, e sembra che nella vita non abbia mai fatto altro, pur non avendo ancora 19 anni. Reduce dai trionfi in serie di Montecarlo e Barcellona non &egrave; ancora accreditato della testa di serie numero uno, ma insomma, &egrave; il grande favorito in un torneo che peraltro al primo turno vede volare via il campione uscente, Carlos Moya, battuto in due set dal nostro Potito Starace in una delle maggiori sorprese mai capitate a Roma. Capello lungo, canottiera color arancione che lascia intravedere una montagna di muscoli, Nadal lascia per strada otto game nei primi tre turni contro i malcapitati Youzhny, Hanescu e Ca&ntilde;as. Tutti e tre buonissimi giocatori sulla terra battuta, ma che impallidiscono davanti a questo treno che non pare voler fermarsi mai. Non si era mai visto uno cos&igrave;: di mancini, ok, qualcuno aveva vinto gli Internazionali, come Guillermo Vilas o Thomas Muster (tre volte), ma con tutt&rsquo;altro stile. Nadal percuote la pallina facendole prendere delle traiettorie semplicemente ingiocabili, i rimbalzi, specie col dritto, sono altissimi e quasi impazziti. Resistere al gioco di Rafa &egrave; roba per braccia forti e nervi d&rsquo;acciaio. Ai quarti di finale, attenzione attenzione, il ceco Radek Stepanek vince il primo set, ma nei successivi due viene asfaltato da Nadal, 6-1 6-1. Ha dato tutto per tornare a casa con niente.<o:p></o:p> <o:p>&nbsp;</o:p> <h2>Le maratone romane di Nadal</h2> &nbsp; Il caldo romano? E dov&rsquo;&egrave; il problema? Le partite si allungano? Tanto meglio. Semifinale contro David Ferrer, pi&ugrave; esperto, pi&ugrave; abituato di lui a questi palcoscenici e si vede. &Egrave; una battaglia straordinaria in cui l&rsquo;inerzia dell&rsquo;incontro rimbalza da un lato all&rsquo;altro, pi&ugrave; delle palline. Break e contro-break, set che sembrano chiusi, ma che si riaprono; per due ore e mezza il pubblico del Centrale va in estasi, poi prevale Nadal 7-5 al terzo. &ldquo;Ferrer mi ha sorpreso un po&rsquo; nel primo set,&nbsp; gioca molto bene e mi ha costretto a tirare fuori il mio miglior tennis. Chi vorrei incontrare in finale? Agassi, &egrave; una leggenda&rdquo;, &egrave; il desiderio che esprime Rafa, non accontentato. Il suo ultimo avversario &egrave; uno dei reucci della terra rossa, quel Guillermo Coria che nel 2004 aveva perso quasi senza accorgersene il Roland Garros contro Gaston Gaudio. Piccolo diavoletto, l&rsquo;argentino, minuto e capace di giocate fuori dagli schemi, punta pi&ugrave; sull&rsquo;astuzia che sul fisico. La finale che disputano i due &egrave; una delle pi&ugrave; belle di sempre a Roma: sicuramente la pi&ugrave; lunga, 5 ore e un quarto, frantumando il precedente record, quello di Gerulaitis-Vilas del 1979, 4 ore e 53&rsquo;. Si vedono colpi pazzeschi, angoli incredibili, due stili a confronto: il trionfo di Rafa &egrave; al tie-break del set decisivo, ad allungare ulteriormente un pomeriggio memorabile. La prima vittoria di una serie che &egrave; arrivata a nove in quindici anni: in attesa, chiss&agrave;, della decima.<o:p></o:p>

E non avevano ancora visto niente. Prima del 2005 Rafael Nadal sulla terra battuta di Roma non aveva mai messo piede, ma da l&igrave; in avanti nulla sarebbe stato pi&ugrave; come prima. Non c&rsquo;era mai stato un cannibale sul rosso come il maiorchino (e chiss&agrave; se ce ne sar&agrave; un altro cos&igrave;), che quell&rsquo;anno decide di iniziare il suo dominio vincendo la prima delle nove edizioni degli Internazionali d&rsquo;Italia.  &nbsp;  Un 2005 importante  &nbsp;  &Egrave; la prima stagione che Nadal gioca per intero da quando &egrave; professionista, quella, e sembra che nella vita non abbia mai fatto altro, pur non avendo ancora 19 anni. Reduce dai trionfi in serie di Montecarlo e Barcellona non &egrave; ancora accreditato della testa di serie numero uno, ma insomma, &egrave; il grande favorito in un torneo che peraltro al primo turno vede volare via il campione uscente, Carlos Moya, battuto in due set dal nostro Potito Starace in una delle maggiori sorprese mai capitate a Roma. Capello lungo, canottiera color arancione che lascia intravedere una montagna di muscoli, Nadal lascia per strada otto game nei primi tre turni contro i malcapitati Youzhny, Hanescu e Ca&ntilde;as. Tutti e tre buonissimi giocatori sulla terra battuta, ma che impallidiscono davanti a questo treno che non pare voler fermarsi mai. Non si era mai visto uno cos&igrave;: di mancini, ok, qualcuno aveva vinto gli Internazionali, come Guillermo Vilas o Thomas Muster (tre volte), ma con tutt&rsquo;altro stile. Nadal percuote la pallina facendole prendere delle traiettorie semplicemente ingiocabili, i rimbalzi, specie col dritto, sono altissimi e quasi impazziti. Resistere al gioco di Rafa &egrave; roba per braccia forti e nervi d&rsquo;acciaio. Ai quarti di finale, attenzione attenzione, il ceco Radek Stepanek vince il primo set, ma nei successivi due viene asfaltato da Nadal, 6-1 6-1. Ha dato tutto per tornare a casa con niente.  &nbsp;  Le maratone romane di Nadal  &nbsp;  Il caldo romano? E dov&rsquo;&egrave; il problema? Le partite si allungano? Tanto meglio. Semifinale contro David Ferrer, pi&ugrave; esperto, pi&ugrave; abituato di lui a questi palcoscenici e si vede. &Egrave; una battaglia straordinaria in cui l&rsquo;inerzia dell&rsquo;incontro rimbalza da un lato all&rsquo;altro, pi&ugrave; delle palline. Break e contro-break, set che sembrano chiusi, ma che si riaprono; per due ore e mezza il pubblico del Centrale va in estasi, poi prevale Nadal 7-5 al terzo. &ldquo;Ferrer mi ha sorpreso un po&rsquo; nel primo set,&nbsp; gioca molto bene e mi ha costretto a tirare fuori il mio miglior tennis. Chi vorrei incontrare in finale? Agassi, &egrave; una leggenda&rdquo;, &egrave; il desiderio che esprime Rafa, non accontentato. Il suo ultimo avversario &egrave; uno dei reucci della terra rossa, quel Guillermo Coria che nel 2004 aveva perso quasi senza accorgersene il Roland Garros contro Gaston Gaudio. Piccolo diavoletto, l&rsquo;argentino, minuto e capace di giocate fuori dagli schemi, punta pi&ugrave; sull&rsquo;astuzia che sul fisico. La finale che disputano i due &egrave; una delle pi&ugrave; belle di sempre a Roma: sicuramente la pi&ugrave; lunga, 5 ore e un quarto, frantumando il precedente record, quello di Gerulaitis-Vilas del 1979, 4 ore e 53&rsquo;. Si vedono colpi pazzeschi, angoli incredibili, due stili a confronto: il trionfo di Rafa &egrave; al tie-break del set decisivo, ad allungare ulteriormente un pomeriggio memorabile. La prima vittoria di una serie che &egrave; arrivata a nove in quindici anni: in attesa, chiss&agrave;, della decima. 

Gioia Rafa agli Internazionali del 2005 dopo una maratona di oltre cinque ore contro Coria. Da allora, nessuno ha vinto quanto lui sul rosso romano

Quel primo squillo di Nadal nella Capitale

Quella appena conclusa &egrave; stata una pessima edizione degli U.S. Open, sia al maschile sia al femminile, ma fra qualche annuo leggendo gli albi d'oro quasi nessuno se ne ricorder&agrave;. Rimarr&agrave; invece il sedicesimo titolo in un torneo dello Slam conquistato da un fantastico Rafa Nadal, che non ha colpe per le prestazioni dei pochi superstiti fra i grandi e che nei turni finali &egrave; stato quasi perfetto, concedendo soltanto il primo set a Del Potro in semifinale. La finale contro il coetaneo Kevin Anderson &egrave; stata senza storia: ogni game di battuta del sudafricano una battaglia, ogni game di battuta di Nadal quasi una formalit&agrave;, senza che Anderson (ora numero 9 del mondo, suo best ranking: a 31 anni e dopo tanti infortuni un grande risultato) trovasse mai uno schema almeno per sorprendere il maiorchino, non si dice per batterlo. Per Nadal terza vittoria a Flushing Meadows, la sesta Slam al di fuori del Roland Garros, il consolidamento della posizione numero uno del mondo (1860 punti di vantaggio su un Federer che a New York ha faticato anche nei match vinti), pi&ugrave; mille altri record da aggiornare. La stagione 2017 non &egrave; finita, ma i tornei che contano per definire al grandezza dei campioni s&igrave;, quindi va al di l&agrave; della statistica riflettere sul fatto che due tornei dello Slam, gli Australian Open e Wimbledon, siano stati vinti dal trentaseienne Federer e due, Roland Garros e U.S. Open, dal trentunenne Nadal, con Murray e Djokovic sia da presenti sia da assenti alle prese con problemi in cui il confine fra il fisico e lo psicologico non &egrave; chiaro nemmeno a loro. Pi&ugrave; psicologici Djokovic, pi&ugrave; fisici Murray, osservandoli da fuori. Certo &egrave; che sia lo scozzese sia il serbo se avessero ancora voglia, in questo contesto, sarebbero nel 2018 ancora da corsa. Punti interrogativi, mentre la certezza data dal senno di poi &egrave; che Nadal abbia avuto un'occasione irripetibile per realizzare il Grand Slam riuscito nell'era Open soltanto a Rod Laver. Nella finale di Melbourne era in vantaggio nel quinto set con Federer, situazione in cui lo spagnolo non fallisce quasi mai (e mai con Federer, prima di quest'anno), a Wimbledon era in forma strepitosa e negli ottavi ha trovato la partita della vita di Gilles Muller unita a suoi errori tattici, ammessi sia da lui sia da zio Toni, uscendo 15-13 al quinto set. A New York nessun problema, con il futuro immediato che sembra sorridergli nonostante lo zio stia per lasciarlo dopo quasi trent'anni insieme, con la sua gestione tecnica totalmente in mano a Carlos Moya. I campioni suoi coetanei o gi&agrave; di l&igrave;, Murray, Djokovic, Wawrinka, hanno problemi di vario tipo, la Next Gen ha fallito ancora una volta nelle occasioni che contano e il fatto che un giocatore grezzo come Zverev sia numero 4 del mondo non &egrave; un gran segnale, mentre la generazione di mezzo &egrave; sempre stata marginale. Insomma, Nadal pu&ograve; guardare al 2018 con ottimismo perch&eacute; ha ancora voglia di tennis, ha modificato il suo gioco (ora meno dispendioso, per certi versi pi&ugrave; frenetico, con una seconda palla di servizio diventata super) e nella sua carriera ha superato almeno due grosse crisi, diventando ancora pi&ugrave; forte anche dentro. Certo ha imparato a gestirsi, dando il giusto peso a quei Masters 1000 dove una volta avrebbe dato tutto: &egrave; vero che questa estate ha perso con talenti come Shapovalov a Montreal e Kyrgios a Cincinnati, ma si trattava quasi di un altro sport e bisogna dirlo anche ai tanti, troppi, per i quali Umago vale Indian Wells e Indian Wells vale Wimbledon. Rimpiangeremo questa generazione di fenomeni, rimpiangeremo Nadal. Fra qualche anno, per&ograve;, perch&eacute; non &egrave; ancora finita.

Quella appena conclusa &egrave; stata una pessima edizione degli U.S. Open, sia al maschile sia al femminile, ma fra qualche annuo leggendo gli albi d'oro quasi nessuno se ne ricorder&agrave;. Rimarr&agrave; invece il sedicesimo titolo in un torneo dello Slam conquistato da un fantastico Rafa Nadal, che non ha colpe per le prestazioni dei pochi superstiti fra i grandi e che nei turni finali &egrave; stato quasi perfetto, concedendo soltanto il primo set a Del Potro in semifinale. La finale contro il coetaneo Kevin Anderson &egrave; stata senza storia: ogni game di battuta del sudafricano una battaglia, ogni game di battuta di Nadal quasi una formalit&agrave;, senza che Anderson (ora numero 9 del mondo, suo best ranking: a 31 anni e dopo tanti infortuni un grande risultato) trovasse mai uno schema almeno per sorprendere il maiorchino, non si dice per batterlo. Per Nadal terza vittoria a Flushing Meadows, la sesta Slam al di fuori del Roland Garros, il consolidamento della posizione numero uno del mondo (1860 punti di vantaggio su un Federer che a New York ha faticato anche nei match vinti), pi&ugrave; mille altri record da aggiornare. La stagione 2017 non &egrave; finita, ma i tornei che contano per definire al grandezza dei campioni s&igrave;, quindi va al di l&agrave; della statistica riflettere sul fatto che due tornei dello Slam, gli Australian Open e Wimbledon, siano stati vinti dal trentaseienne Federer e due, Roland Garros e U.S. Open, dal trentunenne Nadal, con Murray e Djokovic sia da presenti sia da assenti alle prese con problemi in cui il confine fra il fisico e lo psicologico non &egrave; chiaro nemmeno a loro. Pi&ugrave; psicologici Djokovic, pi&ugrave; fisici Murray, osservandoli da fuori. Certo &egrave; che sia lo scozzese sia il serbo se avessero ancora voglia, in questo contesto, sarebbero nel 2018 ancora da corsa. Punti interrogativi, mentre la certezza data dal senno di poi &egrave; che Nadal abbia avuto un'occasione irripetibile per realizzare il Grand Slam riuscito nell'era Open soltanto a Rod Laver. Nella finale di Melbourne era in vantaggio nel quinto set con Federer, situazione in cui lo spagnolo non fallisce quasi mai (e mai con Federer, prima di quest'anno), a Wimbledon era in forma strepitosa e negli ottavi ha trovato la partita della vita di Gilles Muller unita a suoi errori tattici, ammessi sia da lui sia da zio Toni, uscendo 15-13 al quinto set. A New York nessun problema, con il futuro immediato che sembra sorridergli nonostante lo zio stia per lasciarlo dopo quasi trent'anni insieme, con la sua gestione tecnica totalmente in mano a Carlos Moya. I campioni suoi coetanei o gi&agrave; di l&igrave;, Murray, Djokovic, Wawrinka, hanno problemi di vario tipo, la Next Gen ha fallito ancora una volta nelle occasioni che contano e il fatto che un giocatore grezzo come Zverev sia numero 4 del mondo non &egrave; un gran segnale, mentre la generazione di mezzo &egrave; sempre stata marginale. Insomma, Nadal pu&ograve; guardare al 2018 con ottimismo perch&eacute; ha ancora voglia di tennis, ha modificato il suo gioco (ora meno dispendioso, per certi versi pi&ugrave; frenetico, con una seconda palla di servizio diventata super) e nella sua carriera ha superato almeno due grosse crisi, diventando ancora pi&ugrave; forte anche dentro. Certo ha imparato a gestirsi, dando il giusto peso a quei Masters 1000 dove una volta avrebbe dato tutto: &egrave; vero che questa estate ha perso con talenti come Shapovalov a Montreal e Kyrgios a Cincinnati, ma si trattava quasi di un altro sport e bisogna dirlo anche ai tanti, troppi, per i quali Umago vale Indian Wells e Indian Wells vale Wimbledon. Rimpiangeremo questa generazione di fenomeni, rimpiangeremo Nadal. Fra qualche anno, per&ograve;, perch&eacute; non &egrave; ancora finita.

Nadal e il suo anno da Grand Slam

Rafa Nadal ha 5 anni meno di Federer, il rivale per eccellenza anche se a lui sarebbero pi&ugrave; vicini per et&agrave; (un solo anno di differenza) Djokovic e Murray, ma potrebbe avere davanti meno tennis dello svizzero. Di poco fa &egrave; l'annuncio della fine del suo 2016, dopo la sconfitta di Shangai con Troicki, per i problemi al polso, una certa stanchezza dovuta alla preparazione interrotta pi&ugrave; volte durante l'anno ma anche per un dopo-tennis che &egrave; gi&agrave; iniziato, con la presentazione della sua Academy (c'era anche Federer) e altre attivit&agrave;. Va detto che nei mesi finali dell'anno Nadal non &egrave; mai stato il miglior Nadal, visto che le superfici indoor non sono esattamente le sue, quindi questo arrivederci non va drammatizzato o usato come pretesto per un De Profundis. Pur con tutti i problemi il 2016 di Nadal ha avuto alcune luci, le vittorie di Monte Carlo e Barcellona, ma soprattutto l'oro olimpico in doppio con Marc Lopez (nel 2008 aveva vinto a Pechino in singolare), a cui teneva tantissimo. Essendo numero 7 del mondo e quindi qualificato alle ATP Finals, la sua rinuncia a Londra &egrave; mediaticamente dolorosa ma tennisticamente un po' meno: &egrave; un torneo che in tanti anni di carriera non ha mai vinto, arrivando al massimo in finale (due volte, nel 2010 e 2013). Inutile fare congetture sul futuro, ma &egrave; evidente che Nadal insieme a tutto il resto sia leggermente sceso di testa (come negli ultimi mesi Djokovic, sia pure a un livello superiore) e che per la prima volta, questo s&igrave;, stia dando la sensazione che il tennis sia ancora importante ma non pi&ugrave; una missione. Magari una sfida a se stesso e al tempo che passa, ma senza dover dimostrare qualcosa in maniera ossessiva. Certo &egrave; che il suo 2016, anche quando &egrave; stato in buona forma, racconta di un Nadal in difficolt&agrave;. Agli Australian Open ha perso al primo turno da Verdasco, in una battaglia di quelle che non perdeva quasi mai, ha dato un segnale di vita a Indian Wells perdendo in semifinale da Djokovic, ha vinto a Monte Carlo (la semifinale con Murray a nostro giudizio la sua migliore partita dell'anno, insieme al quarto di finale perso con Djokovic a Roma e alla semifinale olimpica con Del Potro) e Barcellona, poi al Roland Garros il ritiro al terzo turno per via del polso. Un calvario fisico e psicologico, saltando Wimbledon ma rimanendo aggrappato ai Giochi Olimpici: oro in doppio ed eroica prova in singolare, dove ha perso in semifinale e perso la finale per il bronzo con Nishikori. Abituati a vedere i fuoriclasse come uomini monodimensionali, nemmeno concepiamo la loro esistenza lontana dal tennis. Ma loro, soprattutto quelli che hanno pi&ugrave; di tutti chiesto al proprio fisico e alla propria testa, intorno i 30 anni si devono porre il problema.

Rafa Nadal ha 5 anni meno di Federer, il rivale per eccellenza anche se a lui sarebbero pi&ugrave; vicini per et&agrave; (un solo anno di differenza) Djokovic e Murray, ma potrebbe avere davanti meno tennis dello svizzero. Di poco fa &egrave; l'annuncio della fine del suo 2016, dopo la sconfitta di Shangai con Troicki, per i problemi al polso, una certa stanchezza dovuta alla preparazione interrotta pi&ugrave; volte durante l'anno ma anche per un dopo-tennis che &egrave; gi&agrave; iniziato, con la presentazione della sua Academy (c'era anche Federer) e altre attivit&agrave;. Va detto che nei mesi finali dell'anno Nadal non &egrave; mai stato il miglior Nadal, visto che le superfici indoor non sono esattamente le sue, quindi questo arrivederci non va drammatizzato o usato come pretesto per un De Profundis. Pur con tutti i problemi il 2016 di Nadal ha avuto alcune luci, le vittorie di Monte Carlo e Barcellona, ma soprattutto l'oro olimpico in doppio con Marc Lopez (nel 2008 aveva vinto a Pechino in singolare), a cui teneva tantissimo. Essendo numero 7 del mondo e quindi qualificato alle ATP Finals, la sua rinuncia a Londra &egrave; mediaticamente dolorosa ma tennisticamente un po' meno: &egrave; un torneo che in tanti anni di carriera non ha mai vinto, arrivando al massimo in finale (due volte, nel 2010 e 2013). Inutile fare congetture sul futuro, ma &egrave; evidente che Nadal insieme a tutto il resto sia leggermente sceso di testa (come negli ultimi mesi Djokovic, sia pure a un livello superiore) e che per la prima volta, questo s&igrave;, stia dando la sensazione che il tennis sia ancora importante ma non pi&ugrave; una missione. Magari una sfida a se stesso e al tempo che passa, ma senza dover dimostrare qualcosa in maniera ossessiva. Certo &egrave; che il suo 2016, anche quando &egrave; stato in buona forma, racconta di un Nadal in difficolt&agrave;. Agli Australian Open ha perso al primo turno da Verdasco, in una battaglia di quelle che non perdeva quasi mai, ha dato un segnale di vita a Indian Wells perdendo in semifinale da Djokovic, ha vinto a Monte Carlo (la semifinale con Murray a nostro giudizio la sua migliore partita dell'anno, insieme al quarto di finale perso con Djokovic a Roma e alla semifinale olimpica con Del Potro) e Barcellona, poi al Roland Garros il ritiro al terzo turno per via del polso. Un calvario fisico e psicologico, saltando Wimbledon ma rimanendo aggrappato ai Giochi Olimpici: oro in doppio ed eroica prova in singolare, dove ha perso in semifinale e perso la finale per il bronzo con Nishikori. Abituati a vedere i fuoriclasse come uomini monodimensionali, nemmeno concepiamo la loro esistenza lontana dal tennis. Ma loro, soprattutto quelli che hanno pi&ugrave; di tutti chiesto al proprio fisico e alla propria testa, intorno i 30 anni si devono porre il problema.

Nadal il primo dei Big Four a salutare?

<h3 style="text-align: center;">LE MEDAGLIE</h3> CANOTTAGGIO, due di coppia pesi leggeri, donne ORO Olanda (Paulis / Head) 7' 04'' 73, ARGENTO Canada (Jennerich / Obee) 7' 05'' 88, BRONZO&nbsp;Cina (W. Y. Huang / F. H. Pan) 7' 06'' 49 &nbsp; CANOTTAGGIO, due di coppia pesi leggeri, uomini ORO Francia (Houin / Azou) 6' 30'' 70 , ARGENTO Irlanda (G. O'Donovan / P. O'Donovan) 6' 31'' 23, BRONZO Norvegia (Strandli / Brun) 6' 31'' 39 &nbsp; CANOTTAGGIO, due senza, donne ORO Gran Bretagna (Stanning / Glover) 7' 18'' 29, ARGENTO Nuova Zelanda (Behrent / Scown) 7' 19'' 53, BRONZO&nbsp;Danimarca (Rasmussen / Andersen) 7' 20'' 71 &nbsp; CANOTTAGGIO, quattro senza, uomini ORO Gran Bretagna (Gregory/ &nbsp;Louloudis / Sbihi / Nash), 5' 58'' 61, ARGENTO Australia (Dunkley-Smith / Lockwood / Booth / Hill) 6' 00'' 44, BRONZO Italia (Lodo / Castaldo / Vicino / Montrone) 6' 03'' 85 &nbsp; ATLETICA, 10.000 metri, donne <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Ayana1.jpg"><img class="alignnone wp-image-35356 size-thumbnail" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/ayana1-222x125.jpg" alt="Ayana" width="222" height="125" /></a> ORO Almaz Ayana (Etiopia) 29' 17'' 45 *record del mondo, ARGENTO Vivian Jepkemoi Cheruiyot (Kenya) 29' 32'' 53, BRONZO Tirunesh Dibaba (Etiopia) 29' 42''56 &nbsp; TIRO A SEGNO, carabina 50 metri, uomini <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Junghaenel.jpg"><img class="alignnone wp-image-35357 size-thumbnail" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/junghaenel-222x125.jpg" alt="Junghaenel" width="222" height="125" /></a> ORO Henri Junghaenel (Germania) 209,5 pt. , ARGENTO Jonghyun Kim (Corea del Sud) 208,2 pt., BRONZO Kirill Grigoryan (Russia) 187,3 pt. &nbsp; TIRO A VOLO, skeet, donne ORO Diana Bacosi (Italia), ARGENTO Chiara Cainero (Italia), BRONZO Kimberly Rhode (Stati Uniti) &nbsp; TRAMPOLINO ELASTICO, donne <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/MacLennan.jpg"><img class="alignnone size-thumbnail wp-image-35359" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/maclennan-222x125.jpg" alt="MacLennan" width="222" height="125" /></a> ORO Rosannagh MacLennan (Canada) 56, 465, ARGENTO Bryony Page (Gran Bretagna) 56,040, BRONZO Li Dan (Cina) 55, 885 &nbsp; ATLETICA, 20 km. marcia, uomini <img class="alignnone size-thumbnail wp-image-35360" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/wang-zhen-222x125.jpg" alt="Wang Zhen" width="222" height="125" /> ORO Wang Zhen (Cina) 1h 19' 14'', ARGENTO Cai Zelin (Cina) 1h 19' 26'', BRONZO Dane Bird-Smith (Australia) 1h 19' 37'' &nbsp; EQUITAZIONE, dressage a squadre ORO Germania 81, 936, ARGENTO Gran Bretagna 78, 595, BRONZO Stati Uniti 76, 667 &nbsp; TIRO CON L'ARCO, individuale, uomini ORO Ku Bon-chan (Corea del Sud), ARGENTO Jean-Charles Valladont (Francia), BRONZO Brady Ellison (Stati Uniti) &nbsp; SOLLEVAMENTO PESI, categoria 75 kg., donne ORO Rim Jong Sim (Corea del Nord) 274 kg., ARGENTO Darya Naumava (Bielorussia) 258 kg., BRONZO Lidia Valentin P&eacute;rez (Spagna) 257 kg. &nbsp; JUDO, categoria 78 kg., donne ORO Emilie Andreol (Francia), ARGENTO Idalys Ortiz (Cuba), BRONZO Yu Song (Cina) / Kanae Yanabe (Giappone) &nbsp; JUDO, categoria +100 kg., uomini <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Riner.jpg"><img class="alignnone size-thumbnail wp-image-35361" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/riner-222x125.jpg" alt="Teddy Riner" width="222" height="125" /></a> ORO Teddy Riner (Francia), ARGENTO Hisayoshi Harasawa (Giappone), BRONZO Or Sasson (Israele) / Rafel Silva (Brasile) &nbsp; CICLISMO SU PISTA, sprint, donne ORO Gong / Zong (Cina), ARGENTO Shmeleva / Voinova (Russia), BRONZO Welte / Vogel (Germania) &nbsp; CICLISMO SU PISTA, inseguimento, uomini ORO Gran Bretagna (Clancy / Wiggins / Burke / Cavendish / Doull) 3' 50'' 265 *record del mondo, ARGENTO Australia (Scotson / Welsford / Bobridge / Hepburn / A. Edmonson) 3' 51'' 008, BRONZO Danimarca (Larsen / Pedrsen / Madsen / Quaade / Von Folsach / Hansen) 3' 53'' 789 &nbsp; SCHERMA, fioretto a squadre, uomini ORO Russia ( Safin / Cheremisinov / Akhmatkhuzin) , ARGENTO Francia (Cadot / Le P&eacute;choux / Lefort / Helissey), BRONZO Stati Uniti Meinhardt / Massialas / Chamley-Watson / Imboden) &nbsp; SOLLEVAMENTO PESI, categoria 85 kg., uomini <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Rostami.jpg"><img class="alignnone wp-image-35362 size-medium" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/rostami-125x188.jpg" alt="Rostami" width="125" height="188" /></a> ORO Kianoush Rostami (Iran) 396 kg., ARGENTO Tao Tian (Cina) 395 kg., BRONZO Gabriel Sincraian (Romania) 390 kg. &nbsp; TENNIS, doppio, uomini <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Nadal-Lopez.jpg"><img class="alignnone size-thumbnail wp-image-35363" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/nadal-lopez-222x125.jpg" alt="Nadal Lopez" width="222" height="125" /></a> ORO Nadal / Lopez (Spagna), ARGENTO Mergea / Decau (Romania), BRONZO Johnson / Sock (Stati Uniti) &nbsp; NUOTO, 200 dorso, donne ORO Madeline Dirado (Stati Uniti) 2' 05'' 99, ARGENTO Katinka Hosszu (Ungheria) 2' 06'' 05, BRONZO Hilary Caldwell (Canada) 2' 07'' 54 &nbsp; NUOTO, 100 farfalla, uomini ORO Joseph Schooling (Singapore) 50' 39'', ARGENTO Michael Phelps (Stati Uniti), Chad Le Clos (Sudafrica) e Laszlo Cseh (Ungheria) 51' 14'' &nbsp; NUOTO, 800 stile libero, donne ORO Katie Ledecky (Stati Uniti) 8' 04'' 79 *record del mondo, ARGENTO Jazz Carlin (Gran Bretagna) 8' 16'' 17, BRONZO Boglarka Kapas (Ungheria) 8' 16'' 37 &nbsp; NUOTO, 50 stile libero, uomini ORO Anthony Erving (Stati Uniti) 21' 40, ARGENTO Florent Manadou (Francia) 21' 41, BRONZO Nathan Adrian (Stati Uniti) 21' 49 &nbsp; ATLETICA, getto del peso, donne <a href="http://blog.guerinsportivo.it/wp-content/uploads/2016/08/Carter.jpg"><img class="alignnone size-thumbnail wp-image-35364" src="http://cdn.guerinsportivo.it/images/2016/08/13/carter-222x125.jpg" alt="Carter" width="222" height="125" /></a> ORO Michelle Carter (Stati Uniti) 20, 63 mt., ARGENTO Valerie Adams (Nuova Zelanda) 20, 42 mt., BRONZO Anita Marton (Ungheria) 19, 87 metri <h3 style="text-align: center;">NEWS E RISULTATI DEGLI AZZURRI IN GARA</h3> ATLETICA: i proclami di Bolt Usain Bolt, supercampione giamaicano della velocit&agrave;, vuole il tris 100, 200 e staffetta 4x100. Non solo: come nelle sue corde di personaggio fuori dalle righe, ha dichiarato che si sente in forma e vuole scendere sotto i 19 secondi sulla doppia distanza. "Voglio vincere tutto e fare la storia". ATLETICA: sensazionale primato mondiale dell'etiope Ayana sugli 10.000. Cade la Inglese Almaz Ayana, atleta etiope, ha conquistato l'oro dei 10.000 metri donne a suon di record del mondo: 29' 17'' 45, abbassando di oltre 14 secondi il precedente primato. Argento alla keniana Cheruiyot, 3&deg; posto all'altra etiope Dibaba. Nella stessa gara l'azzurra Veronica Inglese cade, chiudendo al 30&deg; posto (32' 11'' 67). ATLETICA: Benedetti in semifinale negli 800 Giordano Benedetti si &egrave; guadagnato il pass per la semifinale degli 800 metri piani, correndo in 1' 49'' 40, piazzandosi 3&deg; in batteria e avanzando con il 42&deg; crono generale. ATLETICA: bravo Giupponi, 8&deg; nella 20 km. Out la Magnani e Galvan Matteo Giupponi ha chiuso la marcia 20 km con un ottimo 8&deg; posto, stabilendo oltretutto la migliore prestazione della carriera (1' 20'' 27). L'oro &egrave; andato al cinese Wang Zheng. Margherita Magnani eliminata nei 1.500 (4' 09'' 74, 21&deg; crono complessivo), idem Matteo Galvan nei 400 (35&deg; tempo, 46' 07). BADMINTON: sconfitta la Cicognini Primo match amaro per Jeanine Cicognini: la 29enne nata in Germania &egrave; stata&nbsp;battuta dalla sudcoreana Yeon Ju-bae per 2-0. BEACH VOLLEY: il derby azzurro agli ottavi premia Lupo/Nicolai. Menegatti/Giombini fuori L'ottavo di finale fratricida tra Daniele&nbsp;Lupo/Paolo Nicolai e Adrian Carambula/Alex Ranghieri premia i primi per 2 set a zero. Ai quarti ora sfideranno i vincenti della sfida tra Barsuk/Liamin (Russia) e Pedro/Evandro (Brasile).&nbsp;Marta Menegatti&nbsp;e Laura Giombini escono di scena agli ottavi: fatale il 2-0 subito dalle statunitensi Walsh--Jennings/Ross (21-10 21-16). CICLISMO SU PISTA: l'inseguimento a squadre d&agrave; il 6&deg; posto all'Italia Consonni/Bertazzo/Ganna/Lamon&nbsp;terminano al 6&deg; posto la prova di inseguimento a squadre. GOLF: Manassero &egrave; 30&deg; Matteo Manassero scende in classifica al termine del 2&deg; giro. Ora &egrave; 30&deg; con 142 colpi. Nino Bertasio &egrave; 44&deg; (144 colpi). NUOTO: Paltrinieri c'&egrave;. 4x100 mista donne in finale Gregorio Paltrinieri&nbsp;vince con il miglior tempo complessivo la batteria dei 1.500 metri con 14' 44'' 51: &egrave; in finale. Come Gabriele Detti, 5&deg; con 14' 48'' 68. La staffetta 4x400 mista femminile (Zofkova / Castiglioni / Bianchi / Pellegrini) approda in finale con il 7&deg; tempo, 3' 59'' 09. Non ce la fanno invece i ragazzi nella stessa gara, out con l'11&deg; crono (3' 34'' 85). PALLANUOTO: primo stop per il Settebello La squadra maschile perde la quarta gara della sua Olimpiade dopo 3 vittorie di fila. A fermare gli azzurri ci ha pensato la Croazia (10-7), trascinata dal formidabile Sukno autore di ben 5 gol. Ora l'Italia &egrave; seconda nel girone. PALLAVOLO: si chiude mestamente l'avventura dell'Italdonne Le azzurre guidate da Bonitta incassano la quarta sconfitta in altrettante partite e sono matematicamente fuori. Fatale il 3-1 subito dagli Stati Uniti. Magra consolazione, la conquista del primo set nella competizione. Ora ultimo match con Portorico. PUGILATO: la Testa ai quarti Irma Testa, nella categoria 60 kg, ha battuto la Watts (Australia) nonostante la decisione non unanime della giuria. Ai quarti di finale ora se la vedr&agrave; con la transalpina Mossely. SCHERMA: i fiorettisti scendono dal podio La squadra maschile (D. Garozzo, Avola, Baldini, Cassar&agrave;) perde in modo secco la semifinale con la Francia&nbsp;(45-30) e si gioca cos&igrave; il bis di quattro anni fa. Viene sciupata anche la chance del bronzo, per un'altra netta sconfitta con gli Usa (45-31). Un 4&deg; posto amaro. TENNIS: Vinci/Fognini eliminati Il doppio misto formato da Roberta Vinci e Fabio Fognini esce ai quarti di finale per mano della coppia statunitense V. Williams / Ram (6-3 7-5). TIRO A SEGNO: tre azzurri fuori dalla zona medaglie Petra Zublasing, dopo il deludente 33&deg; piazzamento nella carabina 10 metri, chiude al 4&deg; posto la finale della carabina 50 metri tre posizioni: nelle eliminatorie aveva raggiunto il 1&deg; posto e una medaglia sembrava a portata di mano. Il fidanzato della Zublasing, l'oro nei 10 metri Niccol&ograve; Campriani, ha terminato al 7&deg; posto nella carabina a terra 50 metri. Meglio di lui Marco De Nicol&ograve;, 6&deg;. Nella pistola 25 metri, Riccardo Mazzetti per ora &egrave; in quinta posizione. TIRO A VOLO: skeet, azzurri nelle retrovie La prima giornata dello skeet maschile ha visto il 13&deg; posto di Gabriele Rossi (71 piattelli) ed il 25&deg; di Luigi Lodde (68 piattelli). TIRO CON L'ARCO: Nespoli stoppato ai quarti di finale Mauro Nespoli, olimpionico con Galiazzo e Frangilli a Londra 2012, &egrave; stato bloccato nei quarti del torneo individuale dal francese Valladont (poi argento): dopo il 5-5, sconfitta 10-8 allo shoot off. TUFFI: Cagnotto, 4&deg; punteggio e semifinale prevista per oggi Tania Cagnotto&nbsp;entra in semifinale nel trampolino da 3 metri con il 4&deg; punteggio (347, 30). L'altra azzurra in gara, Maria Marconi, rischia il taglio on il 19&deg; punteggio. VELA: speranza Tartaglini Flavia Tartaglini&nbsp;si giocher&agrave; le medaglie nella classe RS:X, dopo aver chiuso in seconda posizione la serie di 12 regate. Bene anche Mattia Camboni, in finale nella medesima classe come 8&deg;. Francesco Marrai si trova 9&deg; dopo 8 regate nella classe Laser, Silvia Zennaro 22&deg; in quella Laser Radial. Conti/Clapcich 4&deg; al termine della seconda regata nel 49er. &nbsp; Fabio Ornano @fabio_ornano &nbsp; &nbsp;

LE MEDAGLIE CANOTTAGGIO, due di coppia pesi leggeri, donne  ORO Olanda (Paulis / Head) 7' 04'' 73, ARGENTO Canada (Jennerich / Obee) 7' 05'' 88, BRONZO&nbsp;Cina (W. Y. Huang / F. H. Pan) 7' 06'' 49  &nbsp;  CANOTTAGGIO, due di coppia pesi leggeri, uomini  ORO Francia (Houin / Azou) 6' 30'' 70 , ARGENTO Irlanda (G. O'Donovan / P. O'Donovan) 6' 31'' 23, BRONZO Norvegia (Strandli / Brun) 6' 31'' 39  &nbsp;  CANOTTAGGIO, due senza, donne  ORO Gran Bretagna (Stanning / Glover) 7' 18'' 29, ARGENTO Nuova Zelanda (Behrent / Scown) 7' 19'' 53, BRONZO&nbsp;Danimarca (Rasmussen / Andersen) 7' 20'' 71  &nbsp;  CANOTTAGGIO, quattro senza, uomini  ORO Gran Bretagna (Gregory/ &nbsp;Louloudis / Sbihi / Nash), 5' 58'' 61, ARGENTO Australia (Dunkley-Smith / Lockwood / Booth / Hill) 6' 00'' 44, BRONZO Italia (Lodo / Castaldo / Vicino / Montrone) 6' 03'' 85  &nbsp;  ATLETICA, 10.000 metri, donne    ORO Almaz Ayana (Etiopia) 29' 17'' 45 *record del mondo, ARGENTO Vivian Jepkemoi Cheruiyot (Kenya) 29' 32'' 53, BRONZO Tirunesh Dibaba (Etiopia) 29' 42''56  &nbsp;  TIRO A SEGNO, carabina 50 metri, uomini    ORO Henri Junghaenel (Germania) 209,5 pt. , ARGENTO Jonghyun Kim (Corea del Sud) 208,2 pt., BRONZO Kirill Grigoryan (Russia) 187,3 pt.  &nbsp;  TIRO A VOLO, skeet, donne  ORO Diana Bacosi (Italia), ARGENTO Chiara Cainero (Italia), BRONZO Kimberly Rhode (Stati Uniti)  &nbsp;  TRAMPOLINO ELASTICO, donne    ORO Rosannagh MacLennan (Canada) 56, 465, ARGENTO Bryony Page (Gran Bretagna) 56,040, BRONZO Li Dan (Cina) 55, 885  &nbsp;  ATLETICA, 20 km. marcia, uomini    ORO Wang Zhen (Cina) 1h 19' 14'', ARGENTO Cai Zelin (Cina) 1h 19' 26'', BRONZO Dane Bird-Smith (Australia) 1h 19' 37''  &nbsp;  EQUITAZIONE, dressage a squadre  ORO Germania 81, 936, ARGENTO Gran Bretagna 78, 595, BRONZO Stati Uniti 76, 667  &nbsp;  TIRO CON L'ARCO, individuale, uomini  ORO Ku Bon-chan (Corea del Sud), ARGENTO Jean-Charles Valladont (Francia), BRONZO Brady Ellison (Stati Uniti)  &nbsp;  SOLLEVAMENTO PESI, categoria 75 kg., donne  ORO Rim Jong Sim (Corea del Nord) 274 kg., ARGENTO Darya Naumava (Bielorussia) 258 kg., BRONZO Lidia Valentin P&eacute;rez (Spagna) 257 kg.  &nbsp;  JUDO, categoria 78 kg., donne  ORO Emilie Andreol (Francia), ARGENTO Idalys Ortiz (Cuba), BRONZO Yu Song (Cina) / Kanae Yanabe (Giappone)  &nbsp;  JUDO, categoria +100 kg., uomini    ORO Teddy Riner (Francia), ARGENTO Hisayoshi Harasawa (Giappone), BRONZO Or Sasson (Israele) / Rafel Silva (Brasile)  &nbsp;  CICLISMO SU PISTA, sprint, donne  ORO Gong / Zong (Cina), ARGENTO Shmeleva / Voinova (Russia), BRONZO Welte / Vogel (Germania)  &nbsp;  CICLISMO SU PISTA, inseguimento, uomini  ORO Gran Bretagna (Clancy / Wiggins / Burke / Cavendish / Doull) 3' 50'' 265 *record del mondo, ARGENTO Australia (Scotson / Welsford / Bobridge / Hepburn / A. Edmonson) 3' 51'' 008, BRONZO Danimarca (Larsen / Pedrsen / Madsen / Quaade / Von Folsach / Hansen) 3' 53'' 789  &nbsp;  SCHERMA, fioretto a squadre, uomini  ORO Russia ( Safin / Cheremisinov / Akhmatkhuzin) , ARGENTO Francia (Cadot / Le P&eacute;choux / Lefort / Helissey), BRONZO Stati Uniti Meinhardt / Massialas / Chamley-Watson / Imboden)  &nbsp;  SOLLEVAMENTO PESI, categoria 85 kg., uomini    ORO Kianoush Rostami (Iran) 396 kg., ARGENTO Tao Tian (Cina) 395 kg., BRONZO Gabriel Sincraian (Romania) 390 kg.  &nbsp;  TENNIS, doppio, uomini    ORO Nadal / Lopez (Spagna), ARGENTO Mergea / Decau (Romania), BRONZO Johnson / Sock (Stati Uniti)  &nbsp;  NUOTO, 200 dorso, donne  ORO Madeline Dirado (Stati Uniti) 2' 05'' 99, ARGENTO Katinka Hosszu (Ungheria) 2' 06'' 05, BRONZO Hilary Caldwell (Canada) 2' 07'' 54  &nbsp;  NUOTO, 100 farfalla, uomini  ORO Joseph Schooling (Singapore) 50' 39'', ARGENTO Michael Phelps (Stati Uniti), Chad Le Clos (Sudafrica) e Laszlo Cseh (Ungheria) 51' 14''  &nbsp;  NUOTO, 800 stile libero, donne  ORO Katie Ledecky (Stati Uniti) 8' 04'' 79 *record del mondo, ARGENTO Jazz Carlin (Gran Bretagna) 8' 16'' 17, BRONZO Boglarka Kapas (Ungheria) 8' 16'' 37  &nbsp;  NUOTO, 50 stile libero, uomini  ORO Anthony Erving (Stati Uniti) 21' 40, ARGENTO Florent Manadou (Francia) 21' 41, BRONZO Nathan Adrian (Stati Uniti) 21' 49  &nbsp;  ATLETICA, getto del peso, donne    ORO Michelle Carter (Stati Uniti) 20, 63 mt., ARGENTO Valerie Adams (Nuova Zelanda) 20, 42 mt., BRONZO Anita Marton (Ungheria) 19, 87 metri NEWS E RISULTATI DEGLI AZZURRI IN GARA ATLETICA: i proclami di Bolt  Usain Bolt, supercampione giamaicano della velocit&agrave;, vuole il tris 100, 200 e staffetta 4x100. Non solo: come nelle sue corde di personaggio fuori dalle righe, ha dichiarato che si sente in forma e vuole scendere sotto i 19 secondi sulla doppia distanza. "Voglio vincere tutto e fare la storia".  ATLETICA: sensazionale primato mondiale dell'etiope Ayana sugli 10.000. Cade la Inglese  Almaz Ayana, atleta etiope, ha conquistato l'oro dei 10.000 metri donne a suon di record del mondo: 29' 17'' 45, abbassando di oltre 14 secondi il precedente primato. Argento alla keniana Cheruiyot, 3&deg; posto all'altra etiope Dibaba. Nella stessa gara l'azzurra Veronica Inglese cade, chiudendo al 30&deg; posto (32' 11'' 67).  ATLETICA: Benedetti in semifinale negli 800  Giordano Benedetti si &egrave; guadagnato il pass per la semifinale degli 800 metri piani, correndo in 1' 49'' 40, piazzandosi 3&deg; in batteria e avanzando con il 42&deg; crono generale.  ATLETICA: bravo Giupponi, 8&deg; nella 20 km. Out la Magnani e Galvan  Matteo Giupponi ha chiuso la marcia 20 km con un ottimo 8&deg; posto, stabilendo oltretutto la migliore prestazione della carriera (1' 20'' 27). L'oro &egrave; andato al cinese Wang Zheng. Margherita Magnani eliminata nei 1.500 (4' 09'' 74, 21&deg; crono complessivo), idem Matteo Galvan nei 400 (35&deg; tempo, 46' 07).  BADMINTON: sconfitta la Cicognini  Primo match amaro per Jeanine Cicognini: la 29enne nata in Germania &egrave; stata&nbsp;battuta dalla sudcoreana Yeon Ju-bae per 2-0.  BEACH VOLLEY: il derby azzurro agli ottavi premia Lupo/Nicolai. Menegatti/Giombini fuori  L'ottavo di finale fratricida tra Daniele&nbsp;Lupo/Paolo Nicolai e Adrian Carambula/Alex Ranghieri premia i primi per 2 set a zero. Ai quarti ora sfideranno i vincenti della sfida tra Barsuk/Liamin (Russia) e Pedro/Evandro (Brasile).&nbsp;Marta Menegatti&nbsp;e Laura Giombini escono di scena agli ottavi: fatale il 2-0 subito dalle statunitensi Walsh--Jennings/Ross (21-10 21-16).  CICLISMO SU PISTA: l'inseguimento a squadre d&agrave; il 6&deg; posto all'Italia  Consonni/Bertazzo/Ganna/Lamon&nbsp;terminano al 6&deg; posto la prova di inseguimento a squadre.  GOLF: Manassero &egrave; 30&deg;  Matteo Manassero scende in classifica al termine del 2&deg; giro. Ora &egrave; 30&deg; con 142 colpi. Nino Bertasio &egrave; 44&deg; (144 colpi).  NUOTO: Paltrinieri c'&egrave;. 4x100 mista donne in finale  Gregorio Paltrinieri&nbsp;vince con il miglior tempo complessivo la batteria dei 1.500 metri con 14' 44'' 51: &egrave; in finale. Come Gabriele Detti, 5&deg; con 14' 48'' 68. La staffetta 4x400 mista femminile (Zofkova / Castiglioni / Bianchi / Pellegrini) approda in finale con il 7&deg; tempo, 3' 59'' 09. Non ce la fanno invece i ragazzi nella stessa gara, out con l'11&deg; crono (3' 34'' 85).  PALLANUOTO: primo stop per il Settebello  La squadra maschile perde la quarta gara della sua Olimpiade dopo 3 vittorie di fila. A fermare gli azzurri ci ha pensato la Croazia (10-7), trascinata dal formidabile Sukno autore di ben 5 gol. Ora l'Italia &egrave; seconda nel girone.  PALLAVOLO: si chiude mestamente l'avventura dell'Italdonne  Le azzurre guidate da Bonitta incassano la quarta sconfitta in altrettante partite e sono matematicamente fuori. Fatale il 3-1 subito dagli Stati Uniti. Magra consolazione, la conquista del primo set nella competizione. Ora ultimo match con Portorico.  PUGILATO: la Testa ai quarti  Irma Testa, nella categoria 60 kg, ha battuto la Watts (Australia) nonostante la decisione non unanime della giuria. Ai quarti di finale ora se la vedr&agrave; con la transalpina Mossely.  SCHERMA: i fiorettisti scendono dal podio  La squadra maschile (D. Garozzo, Avola, Baldini, Cassar&agrave;) perde in modo secco la semifinale con la Francia&nbsp;(45-30) e si gioca cos&igrave; il bis di quattro anni fa. Viene sciupata anche la chance del bronzo, per un'altra netta sconfitta con gli Usa (45-31). Un 4&deg; posto amaro.  TENNIS: Vinci/Fognini eliminati  Il doppio misto formato da Roberta Vinci e Fabio Fognini esce ai quarti di finale per mano della coppia statunitense V. Williams / Ram (6-3 7-5).  TIRO A SEGNO: tre azzurri fuori dalla zona medaglie  Petra Zublasing, dopo il deludente 33&deg; piazzamento nella carabina 10 metri, chiude al 4&deg; posto la finale della carabina 50 metri tre posizioni: nelle eliminatorie aveva raggiunto il 1&deg; posto e una medaglia sembrava a portata di mano. Il fidanzato della Zublasing, l'oro nei 10 metri Niccol&ograve; Campriani, ha terminato al 7&deg; posto nella carabina a terra 50 metri. Meglio di lui Marco De Nicol&ograve;, 6&deg;. Nella pistola 25 metri, Riccardo Mazzetti per ora &egrave; in quinta posizione.  TIRO A VOLO: skeet, azzurri nelle retrovie  La prima giornata dello skeet maschile ha visto il 13&deg; posto di Gabriele Rossi (71 piattelli) ed il 25&deg; di Luigi Lodde (68 piattelli).  TIRO CON L'ARCO: Nespoli stoppato ai quarti di finale  Mauro Nespoli, olimpionico con Galiazzo e Frangilli a Londra 2012, &egrave; stato bloccato nei quarti del torneo individuale dal francese Valladont (poi argento): dopo il 5-5, sconfitta 10-8 allo shoot off.  TUFFI: Cagnotto, 4&deg; punteggio e semifinale prevista per oggi  Tania Cagnotto&nbsp;entra in semifinale nel trampolino da 3 metri con il 4&deg; punteggio (347, 30). L'altra azzurra in gara, Maria Marconi, rischia il taglio on il 19&deg; punteggio.  VELA: speranza Tartaglini  Flavia Tartaglini&nbsp;si giocher&agrave; le medaglie nella classe RS:X, dopo aver chiuso in seconda posizione la serie di 12 regate. Bene anche Mattia Camboni, in finale nella medesima classe come 8&deg;. Francesco Marrai si trova 9&deg; dopo 8 regate nella classe Laser, Silvia Zennaro 22&deg; in quella Laser Radial. Conti/Clapcich 4&deg; al termine della seconda regata nel 49er.  &nbsp;  Fabio Ornano @fabio_ornano  &nbsp;  &nbsp;

Notizia-Rio: Schooling detronizza l'idolo Phelps. Rafa Nadal oro nel doppio

<h4>CALCIO</h4> <h4>Inter: Icardi resta a Milano. Arriva Gabigol ?</h4> Sembra definitivamente tramontato l'affare sull'asse Milano-Napoli per il trasferimento di Mauro Icardi. Il giocatore ha pubblicato su Twitter frasi affettuose ai tifosi nerazzurri e di attaccamento all'Inter, che sembra vicina anche all'ingaggio del brasiliano Gabigol dal Santos. <h4>Ungheria: si ritira dalla Nazionale il portiere Kir&aacute;ly</h4> Gabor Kir&aacute;ly, 40enne storico portiere dell'Ungheria e protagonista a Euro 2016, ha ufficializzato l'addio alla rappresentativa dopo 107 presenze (record magiaro). Kir&aacute;ly &egrave; anche primatista di anzianit&agrave; alla fase finale continentale. <h4>Serie A: amichevoli</h4> Bologna-Colonia (GER) 0-1 / Roma-Liverpool (ING) 2-1 [Dzeko, Salah] / Udinese-Al-Hilal (ASA) 1-0 [Thereau] <h4>Serie B: il presidente dell'Avellino inibito per 6 mesi</h4> Il presidente dell'Avellino Walter Taccone &egrave; stato inibito per 6 mesi per aver omesso ogni controllo, vigilanza e cautela nei confronti di tesserati minorenni del club irpino. <h4>Calciomercato: il gioiellino polacco Kapustka al Leicester</h4> ITALIA - Timo Letschert (OLA, 3,5 mln &euro;): Utrecht (OLA) &gt; Sassuolo / Marcus Rohd&eacute;n (SVE, 500 mila &euro;): Elfsborg (SVE) &gt; Crotone GERMANIA -&nbsp;Coke&nbsp;(SPA, 5 mln &euro;): Siviglia (SPA) &gt; Schalke 04 (GER) INGHILTERRA - Bartosz Kapustka (POL, 9 mln &euro;): Cracovia (POL) &gt; Leicester City (ING) <h4>OLIMPIADI</h4> <h4>Beach volley: le controanalisi inchiodano la Orsi-Toth</h4> La giocatrice azzurra di beach volley Viktoria Orsi-Toth, la cui&nbsp;positivit&agrave; ad una sostanza proibita (clostebol) era stata resa nota ieri, ha visto la conferma odierna delle controanalisi che la escludono dal Brasile. Per affiancare Marta Menegatti, dovrebbe arrivare Rebecca Perry. <h4>USA: Phelps portabandiera</h4> Il nuotatore Michael Phelps, recordman assoluto di medaglie olimpiche (22, di cui 18 d'oro), &egrave; stato scelto dagli Stati Uniti come portabandiera a Rio. <h4>Tennis: Nadal presente</h4> Lo spagnolo Rafael Nadal, nonostante i problemi al polso che lo tormentano, ha deciso di partecipare alle Olimpiadi in singolare, doppio (con Lopez) e doppio misto (con la Muguruza). Fabio Ornano @fabio_ornano

CALCIO Inter: Icardi resta a Milano. Arriva Gabigol ?   Sembra definitivamente tramontato l'affare sull'asse Milano-Napoli per il trasferimento di Mauro Icardi. Il giocatore ha pubblicato su Twitter frasi affettuose ai tifosi nerazzurri e di attaccamento all'Inter, che sembra vicina anche all'ingaggio del brasiliano Gabigol dal Santos. Ungheria: si ritira dalla Nazionale il portiere Kir&aacute;ly Gabor Kir&aacute;ly, 40enne storico portiere dell'Ungheria e protagonista a Euro 2016, ha ufficializzato l'addio alla rappresentativa dopo 107 presenze (record magiaro). Kir&aacute;ly &egrave; anche primatista di anzianit&agrave; alla fase finale continentale. Serie A: amichevoli Bologna-Colonia (GER) 0-1 / Roma-Liverpool (ING) 2-1 [Dzeko, Salah] / Udinese-Al-Hilal (ASA) 1-0 [Thereau] Serie B: il presidente dell'Avellino inibito per 6 mesi Il presidente dell'Avellino Walter Taccone &egrave; stato inibito per 6 mesi per aver omesso ogni controllo, vigilanza e cautela nei confronti di tesserati minorenni del club irpino. Calciomercato: il gioiellino polacco Kapustka al Leicester   ITALIA - Timo Letschert (OLA, 3,5 mln &euro;): Utrecht (OLA) &gt; Sassuolo / Marcus Rohd&eacute;n (SVE, 500 mila &euro;): Elfsborg (SVE) &gt; Crotone  GERMANIA -&nbsp;Coke&nbsp;(SPA, 5 mln &euro;): Siviglia (SPA) &gt; Schalke 04 (GER)  INGHILTERRA - Bartosz Kapustka (POL, 9 mln &euro;): Cracovia (POL) &gt; Leicester City (ING) OLIMPIADI Beach volley: le controanalisi inchiodano la Orsi-Toth La giocatrice azzurra di beach volley Viktoria Orsi-Toth, la cui&nbsp;positivit&agrave; ad una sostanza proibita (clostebol) era stata resa nota ieri, ha visto la conferma odierna delle controanalisi che la escludono dal Brasile. Per affiancare Marta Menegatti, dovrebbe arrivare Rebecca Perry. USA: Phelps portabandiera   Il nuotatore Michael Phelps, recordman assoluto di medaglie olimpiche (22, di cui 18 d'oro), &egrave; stato scelto dagli Stati Uniti come portabandiera a Rio. Tennis: Nadal presente   Lo spagnolo Rafael Nadal, nonostante i problemi al polso che lo tormentano, ha deciso di partecipare alle Olimpiadi in singolare, doppio (con Lopez) e doppio misto (con la Muguruza).  Fabio Ornano @fabio_ornano

Le news del giorno: Phelps portabandiera USA. Nadal, s&igrave; a Rio

Rafael Nadal non sar&agrave; a Wimbledon, a causa dell'infortunio al polso sinistro che gi&agrave; lo aveva portato al ritiro al Roland Garros dopo due turno superati e che gli procura dolori atroci soprattutto quando usa il top spin, cio&egrave; quasi sempre. Una grave perdita per un torneo che gi&agrave; avr&agrave; mezzo Federer (lo svizzero &egrave; appena rientrato a Stoccarda e contro Taylor Fritz non &egrave; sembrato ancora a posto) e un'occasione in pi&ugrave; per i tanti, troppi per essere tutti veri, emergenti che trovando la situazione giusta potrebbero anche arrivare a giocarsi una semifinale con Djokovic o Murray. Un peccato anche per Nadal, a 30 anni risorto a dispetto di tutte orazioni funebri (per il numero 4 del mondo!), con trionfi a Monte Carlo e Barcellona, semifinali a Madrid (sconfitto da Murray, che aveva battuto a Monte Carlo) e un quarto di finale Roma perso contro Djokovic ma senza sembrargli lontanissimo pur tenendo prendente che la sua palla (soprattutto sul diritto) viaggiava al 90% rispetto a quella del Nadal di qualche anno fa. Di sicuro, pensando alle ultime apparizioni dello spagnolo a Wimbledon, il riposo se lo &egrave; preso nel torneo dello Slam che in questo momento meno gli si conf&agrave;, anche se su quei prati il miglior Nadal lo ha vinto due volte e altre tre &egrave; arrivato in finale. Un'operazione &egrave; fuori discussione, per il momento antinfiammatori e riposo sperando in bene soprattutto per Rio. Gi&agrave;, perch&eacute; Nadal ha sempre considerato i Giochi forse non il massimo per un tennista ma di sicuro il massimo per uno sportivo, senza trascurare il dettaglio che la Spagna lo ha scelto come portabandiera. Lui ha saltato Londra 2012 per infortunio ma nel 2008 a Pechino, fresco di una memorabile finale di Wimbledon vinta con Federer, conquist&ograve; l'oro: si giocava sul cemento, come sul cemento si giocher&agrave; in Brasile, ma &egrave; passata una vita.

Rafael Nadal non sar&agrave; a Wimbledon, a causa dell'infortunio al polso sinistro che gi&agrave; lo aveva portato al ritiro al Roland Garros dopo due turno superati e che gli procura dolori atroci soprattutto quando usa il top spin, cio&egrave; quasi sempre. Una grave perdita per un torneo che gi&agrave; avr&agrave; mezzo Federer (lo svizzero &egrave; appena rientrato a Stoccarda e contro Taylor Fritz non &egrave; sembrato ancora a posto) e un'occasione in pi&ugrave; per i tanti, troppi per essere tutti veri, emergenti che trovando la situazione giusta potrebbero anche arrivare a giocarsi una semifinale con Djokovic o Murray. Un peccato anche per Nadal, a 30 anni risorto a dispetto di tutte orazioni funebri (per il numero 4 del mondo!), con trionfi a Monte Carlo e Barcellona, semifinali a Madrid (sconfitto da Murray, che aveva battuto a Monte Carlo) e un quarto di finale Roma perso contro Djokovic ma senza sembrargli lontanissimo pur tenendo prendente che la sua palla (soprattutto sul diritto) viaggiava al 90% rispetto a quella del Nadal di qualche anno fa. Di sicuro, pensando alle ultime apparizioni dello spagnolo a Wimbledon, il riposo se lo &egrave; preso nel torneo dello Slam che in questo momento meno gli si conf&agrave;, anche se su quei prati il miglior Nadal lo ha vinto due volte e altre tre &egrave; arrivato in finale. Un'operazione &egrave; fuori discussione, per il momento antinfiammatori e riposo sperando in bene soprattutto per Rio. Gi&agrave;, perch&eacute; Nadal ha sempre considerato i Giochi forse non il massimo per un tennista ma di sicuro il massimo per uno sportivo, senza trascurare il dettaglio che la Spagna lo ha scelto come portabandiera. Lui ha saltato Londra 2012 per infortunio ma nel 2008 a Pechino, fresco di una memorabile finale di Wimbledon vinta con Federer, conquist&ograve; l'oro: si giocava sul cemento, come sul cemento si giocher&agrave; in Brasile, ma &egrave; passata una vita.

La speranza olimpica di Nadal

Vincendo anche a Barcellona, dopo il trionfo a Monte Carlo, Rafa Nadal non ha ancora dimostrato di essere quello di una volta, perch&eacute; questo lo potr&agrave; fare soltanto contro la stramotivato Djokovic del Roland Garros, ma di sicuro non &egrave; nemmeno parente del Nadal del 2015. La resurrezione, per un tennista che ha sempre chiesto tantissimo al suo fisico e che &egrave; vicino ai trent'anni, non era affatto scontata e vale anche pi&ugrave; di record come i 49 tornei sulla terra di Vilas che vanno bene per Wikipedia ma che in prospettiva storica significano poco: il peso specifico delle vittorie di Nadal &egrave; talmente superiore a quello dei tornei di Vilas ma anche di Borg, per mere ragioni organizzative del caotico tennis anni Settanta, da non necessitare nemmeno di una spiegazione. &Egrave; significativo che Nadal abbia atteso di tornare alla vittoria per querelare Roselyne Bachelot, l'ex Ministro francese della Salute e dello Sport, che il mese scorso in alcune sue dichiarazioni televisive aveva accostato il nome dello spagnolo al doping. Per la verit&agrave; la Bachelot sar&agrave; stata la millesima persona a fare illazioni del genere, la differenza &egrave; che lo ha fatto chiamando in causa anche l'ATP. "Nel tennis non vengono resi noti i controlli che risultano positivi e non si rendono pubbliche le sanzioni. Il famoso infortunio di Nadal, che lo ha tenuto fermo per 7 mesi, &egrave; certamente dovuto a un test antidoping in cui &egrave; risultato positivo. Se un tennista si ferma cos&igrave; a lungo, molto spesso &egrave; proprio perch&eacute; &egrave; stato coperto", queste le frasi pi&ugrave; significative, che hanno fatto infuriare il clan Nadal ma che di sicuro nel mondo del tennis qualcuno avr&agrave; accolto con soddisfazione. La Bachelot infatti non si &egrave; riferita alla cosiddetta 'scuola' spagnola, in minima parte svelata dall'Operacion Puerto, ma alla lunga assenza di Nadal fra il 2012 e il 2013 (e indirettamente a quelle di altri tennisti, aggiungiamo noi), mai totalmente chiarita. Si sa che, per definizione, i dopati sono sempre gli altri e mai i nostri. Ma nel tennis tutto &egrave; pi&ugrave; particolare che in altri sport perch&eacute; al di l&agrave; della WADA, che &egrave; un'agenzia indipendente, e dell'ITF (la federazione internazionale che controlla Davis e attivit&agrave; giovanile, oltre ad avere messo il cappello sui tornei dello Slam che per&ograve; vivono di vita propria), i giocatori dovrebbero essere controllati e squalificati dall'ATP, cio&egrave; da loro stessi. Si capisce quindi come mai tante assenze, vale ovviamente anche al femminile per la WTA, siano in realt&agrave; squalifiche mascherate. Situazioni che nei casi singoli, come quello di Nadal, sono indimostrabili a meno di non mettere le mani sulle comunicazioni dell'ATP ai suoi iscritti. Da registrare le differenti prese di posizione dei Fab Four nei confronti del tema: secondo Djokovic il doping nel tennis non esiste o &egrave; marginale, secondo Federer in parte esiste e va combattuto, secondo Murray esiste e va combattuto con ogni mezzo, mentre Nadal non entra nel merito 'globale' ma vuole combattere la diffamazione nei confronti dei singoli giocatori. Da notare che&nbsp;i pochi grandi nomi toccati da squalifiche (ultimo esempio la Sharapova agli Australian Open)&nbsp;abbiano 'fallito' i loro test in tornei fuori dalla giurisdizione ATP-WTA.

Vincendo anche a Barcellona, dopo il trionfo a Monte Carlo, Rafa Nadal non ha ancora dimostrato di essere quello di una volta, perch&eacute; questo lo potr&agrave; fare soltanto contro la stramotivato Djokovic del Roland Garros, ma di sicuro non &egrave; nemmeno parente del Nadal del 2015. La resurrezione, per un tennista che ha sempre chiesto tantissimo al suo fisico e che &egrave; vicino ai trent'anni, non era affatto scontata e vale anche pi&ugrave; di record come i 49 tornei sulla terra di Vilas che vanno bene per Wikipedia ma che in prospettiva storica significano poco: il peso specifico delle vittorie di Nadal &egrave; talmente superiore a quello dei tornei di Vilas ma anche di Borg, per mere ragioni organizzative del caotico tennis anni Settanta, da non necessitare nemmeno di una spiegazione. &Egrave; significativo che Nadal abbia atteso di tornare alla vittoria per querelare Roselyne Bachelot, l'ex Ministro francese della Salute e dello Sport, che il mese scorso in alcune sue dichiarazioni televisive aveva accostato il nome dello spagnolo al doping. Per la verit&agrave; la Bachelot sar&agrave; stata la millesima persona a fare illazioni del genere, la differenza &egrave; che lo ha fatto chiamando in causa anche l'ATP. "Nel tennis non vengono resi noti i controlli che risultano positivi e non si rendono pubbliche le sanzioni. Il famoso infortunio di Nadal, che lo ha tenuto fermo per 7 mesi, &egrave; certamente dovuto a un test antidoping in cui &egrave; risultato positivo. Se un tennista si ferma cos&igrave; a lungo, molto spesso &egrave; proprio perch&eacute; &egrave; stato coperto", queste le frasi pi&ugrave; significative, che hanno fatto infuriare il clan Nadal ma che di sicuro nel mondo del tennis qualcuno avr&agrave; accolto con soddisfazione. La Bachelot infatti non si &egrave; riferita alla cosiddetta 'scuola' spagnola, in minima parte svelata dall'Operacion Puerto, ma alla lunga assenza di Nadal fra il 2012 e il 2013 (e indirettamente a quelle di altri tennisti, aggiungiamo noi), mai totalmente chiarita. Si sa che, per definizione, i dopati sono sempre gli altri e mai i nostri. Ma nel tennis tutto &egrave; pi&ugrave; particolare che in altri sport perch&eacute; al di l&agrave; della WADA, che &egrave; un'agenzia indipendente, e dell'ITF (la federazione internazionale che controlla Davis e attivit&agrave; giovanile, oltre ad avere messo il cappello sui tornei dello Slam che per&ograve; vivono di vita propria), i giocatori dovrebbero essere controllati e squalificati dall'ATP, cio&egrave; da loro stessi. Si capisce quindi come mai tante assenze, vale ovviamente anche al femminile per la WTA, siano in realt&agrave; squalifiche mascherate. Situazioni che nei casi singoli, come quello di Nadal, sono indimostrabili a meno di non mettere le mani sulle comunicazioni dell'ATP ai suoi iscritti. Da registrare le differenti prese di posizione dei Fab Four nei confronti del tema: secondo Djokovic il doping nel tennis non esiste o &egrave; marginale, secondo Federer in parte esiste e va combattuto, secondo Murray esiste e va combattuto con ogni mezzo, mentre Nadal non entra nel merito 'globale' ma vuole combattere la diffamazione nei confronti dei singoli giocatori. Da notare che&nbsp;i pochi grandi nomi toccati da squalifiche (ultimo esempio la Sharapova agli Australian Open)&nbsp;abbiano 'fallito' i loro test in tornei fuori dalla giurisdizione ATP-WTA.

Nadal, vittoria con querela

Il successo di Rafa Nadal a Monte Carlo, dopo due anni in cui non aveva conquistato un solo Masters 1000, ha un peso specifico molto pi&ugrave; grande dei suoi precedenti otto trionfi nel torneo del Principato che di fatto apre la grande stagione sulla terra battuta, con tutto il rispetto per l'attivit&agrave; sudamericana (dove Nadal non ha brillato). Prima di tutto perch&eacute; &egrave; arrivato dopo una semifinale, contro Murray, e una finale, contro Monfils, di intensit&agrave; fisica pazzesca. Un'intensit&agrave; sostenibile soltanto avvicinandosi al vecchio Nadal, sia nella fase difensiva che in quella offensiva. Due partite con diversi tratti in comune, contro avversari che hanno giocato un tennis pi&ugrave; aggressivo del loro solito, finendo piegati alla distanza da un Nadal che ha dato l'idea della fatica (le magliette non sudate di Djokovic dopo cinque ore di battaglia rimangono una prerogativa di Djokovic) ma anche quella di essere ancora lontano dal capolinea. Per lo meno sulla terra battuta, dove le qualit&agrave; agonistiche riescono a riequilibrare quei pochi centesimi di secondo in meno di reattivit&agrave; che sul veloce sono fatali. Sul piano tecnico il 'nuovo' Nadal &egrave; costretto a chiedere di pi&ugrave; al servizio e a rischiare molto con il rovescio, cosa che forse intacca certi suoi automatismi ma che almeno gli lascia il pallino in mano e gli fa spendere qualche energia in meno rispetto al passato: chiaramente tutto da verificare in una partita estrema contro Djokovic.&nbsp;Le statistiche, ventottesima vittoria in un Masters 1000 (sono invece 14 nei tornei dello Slam, di cui 9 al Roland Garros), dicono meno delle sensazioni: perch&eacute; Federer ha 35 anni e ha in testa solo Wimbledon e Rio, Murray in ogni superficie sembra essere uno straordinario numero 2 (averne di Murray, ovviamente, ma infatti lo stiamo paragonando a mostri), mentre Djokovic sulla terra battuta pu&ograve; avere quelle giornate no che lo rendono vulnerabile con il Vesely di turno, non diciamo con Nadal, anche se in vista di Madrid, Roma e Parigi il grande favorito rimane lui. Che alla soglia dei trent'anni Nadal sia ancora competitivo al massimo livello, che frequenta dal 2005, sarebbe gi&agrave; una notizia, ma la cosa clamorosa &egrave; che quando giocatori cos&igrave; fisici cominciano il declino poi non riescono pi&ugrave; a riprendersi, per tanti fattori anche mentali. Non ci sono riusciti Vilas, Borg, Wilander, Lendl, eccetera: quando la luce si &egrave; spenta non si &egrave; pi&ugrave; riaccesa, per loro. Nadal invece ha qualcosa di diverso, anche rispetto ai fenomeni.

Il successo di Rafa Nadal a Monte Carlo, dopo due anni in cui non aveva conquistato un solo Masters 1000, ha un peso specifico molto pi&ugrave; grande dei suoi precedenti otto trionfi nel torneo del Principato che di fatto apre la grande stagione sulla terra battuta, con tutto il rispetto per l'attivit&agrave; sudamericana (dove Nadal non ha brillato). Prima di tutto perch&eacute; &egrave; arrivato dopo una semifinale, contro Murray, e una finale, contro Monfils, di intensit&agrave; fisica pazzesca. Un'intensit&agrave; sostenibile soltanto avvicinandosi al vecchio Nadal, sia nella fase difensiva che in quella offensiva. Due partite con diversi tratti in comune, contro avversari che hanno giocato un tennis pi&ugrave; aggressivo del loro solito, finendo piegati alla distanza da un Nadal che ha dato l'idea della fatica (le magliette non sudate di Djokovic dopo cinque ore di battaglia rimangono una prerogativa di Djokovic) ma anche quella di essere ancora lontano dal capolinea. Per lo meno sulla terra battuta, dove le qualit&agrave; agonistiche riescono a riequilibrare quei pochi centesimi di secondo in meno di reattivit&agrave; che sul veloce sono fatali. Sul piano tecnico il 'nuovo' Nadal &egrave; costretto a chiedere di pi&ugrave; al servizio e a rischiare molto con il rovescio, cosa che forse intacca certi suoi automatismi ma che almeno gli lascia il pallino in mano e gli fa spendere qualche energia in meno rispetto al passato: chiaramente tutto da verificare in una partita estrema contro Djokovic.&nbsp;Le statistiche, ventottesima vittoria in un Masters 1000 (sono invece 14 nei tornei dello Slam, di cui 9 al Roland Garros), dicono meno delle sensazioni: perch&eacute; Federer ha 35 anni e ha in testa solo Wimbledon e Rio, Murray in ogni superficie sembra essere uno straordinario numero 2 (averne di Murray, ovviamente, ma infatti lo stiamo paragonando a mostri), mentre Djokovic sulla terra battuta pu&ograve; avere quelle giornate no che lo rendono vulnerabile con il Vesely di turno, non diciamo con Nadal, anche se in vista di Madrid, Roma e Parigi il grande favorito rimane lui. Che alla soglia dei trent'anni Nadal sia ancora competitivo al massimo livello, che frequenta dal 2005, sarebbe gi&agrave; una notizia, ma la cosa clamorosa &egrave; che quando giocatori cos&igrave; fisici cominciano il declino poi non riescono pi&ugrave; a riprendersi, per tanti fattori anche mentali. Non ci sono riusciti Vilas, Borg, Wilander, Lendl, eccetera: quando la luce si &egrave; spenta non si &egrave; pi&ugrave; riaccesa, per loro. Nadal invece ha qualcosa di diverso, anche rispetto ai fenomeni.

Monte Carlo, Nadal riaccende la luce

Dei Fab Four che hanno dominato il tennis maschile nell'ultimo decennio Rafa Nadal &egrave; quello che sta peggio di tutti, anche se il ranking (si tratta pur sempre del numero 5 al mondo) non dice tutto della distanza che si &egrave; scavata fra lui e Djokovic-Murray, con il punto interrogativo di Federer dopo l'operazione al ginocchio. A Miami l'altro giorno lo spagnolo ha perso contro&nbsp;Demir Dzumhur, ritirandosi a met&agrave; del terzo set , sul 3 a 0 per il bosniaco numero 94 in classifica, in sostanza per disidratazione. Stiamo parlando di un atleta che anche in condizioni fisiche pessime ha sempre preferito arrivare fino in fondo, sportivamente, a costo di essere massacrato dall'avversario. Mai stato uno da 'prendi i soldi e scappa', qualsiasi riferimento alla Jankovic non &egrave; casuale.&nbsp;Il problema &egrave; che il trentenne Nadal sembrava in ottima forma, dopo Indian Wells dove aveva battuto il solido Muller, il suo grande conoscitore (e giustiziere in Australia) Verdasco, l'emergentissimo Zverev, il consistente Nishikori prima di arrendersi in semifinale a un Djokovic ormai di altra cilindrata (quest'anno lo ha battuto anche in finale a Doha). La stagione sulla amata terra battuta, che l'anno scorso per la prima volta in carriera gli ha detto male (perso da Djokovic in semifinale a Monte Carlo, da Fognini negli ottavi di Barcellona, da Murray in finale a Madrid, da Wawrinka nei quarti di Roma e da Djokovic in quelli di Parigi), male in rapporto ai suoi standard, &egrave; attesa prima di tutto da lui. La senzazione netta &egrave; che anche Federer, di cinque anni pi&ugrave; vecchio, abbia fra i Fab Four pi&ugrave; possibilit&agrave; di lui di vincere un altro torneo dello Slam, se non l'agognato oro olimpico (che Nadal ha gi&agrave; in bacheca) in singolare, mentre crescono prepotenti Thiem (gi&agrave; numero 14), Tomic, Zverev, Kyrgios e quelli della generazione di mezzo, da Raonic a Goffin, &nbsp;sono comunque sempre l&igrave;. Stupido intonare adesso il De profundis per un fuoriclasse assoluto, visto che gli anni passano per tutti, ma &egrave; significativo che adesso Nadal raccolga fra il pubblico simpatie quasi unanimi. Il cattivo segnale, quello che definiamo 'Effetto Connors' (ma il vero Jimbo era da molti letteralmente odiato, cosa che a Rafa non &egrave; mai capitata nemmeno con gli ultras di Federer) e che tocca pi&ugrave; o meno a tutti, &egrave; in fondo davvero questo. Il campione 'condiviso', quello simpatico a tutti e che perde fra gli applausi, dal punto di vista storico &egrave; gi&agrave; un ex. Speriamo di sbagliarci.

Dei Fab Four che hanno dominato il tennis maschile nell'ultimo decennio Rafa Nadal &egrave; quello che sta peggio di tutti, anche se il ranking (si tratta pur sempre del numero 5 al mondo) non dice tutto della distanza che si &egrave; scavata fra lui e Djokovic-Murray, con il punto interrogativo di Federer dopo l'operazione al ginocchio. A Miami l'altro giorno lo spagnolo ha perso contro&nbsp;Demir Dzumhur, ritirandosi a met&agrave; del terzo set , sul 3 a 0 per il bosniaco numero 94 in classifica, in sostanza per disidratazione. Stiamo parlando di un atleta che anche in condizioni fisiche pessime ha sempre preferito arrivare fino in fondo, sportivamente, a costo di essere massacrato dall'avversario. Mai stato uno da 'prendi i soldi e scappa', qualsiasi riferimento alla Jankovic non &egrave; casuale.&nbsp;Il problema &egrave; che il trentenne Nadal sembrava in ottima forma, dopo Indian Wells dove aveva battuto il solido Muller, il suo grande conoscitore (e giustiziere in Australia) Verdasco, l'emergentissimo Zverev, il consistente Nishikori prima di arrendersi in semifinale a un Djokovic ormai di altra cilindrata (quest'anno lo ha battuto anche in finale a Doha). La stagione sulla amata terra battuta, che l'anno scorso per la prima volta in carriera gli ha detto male (perso da Djokovic in semifinale a Monte Carlo, da Fognini negli ottavi di Barcellona, da Murray in finale a Madrid, da Wawrinka nei quarti di Roma e da Djokovic in quelli di Parigi), male in rapporto ai suoi standard, &egrave; attesa prima di tutto da lui. La senzazione netta &egrave; che anche Federer, di cinque anni pi&ugrave; vecchio, abbia fra i Fab Four pi&ugrave; possibilit&agrave; di lui di vincere un altro torneo dello Slam, se non l'agognato oro olimpico (che Nadal ha gi&agrave; in bacheca) in singolare, mentre crescono prepotenti Thiem (gi&agrave; numero 14), Tomic, Zverev, Kyrgios e quelli della generazione di mezzo, da Raonic a Goffin, &nbsp;sono comunque sempre l&igrave;. Stupido intonare adesso il De profundis per un fuoriclasse assoluto, visto che gli anni passano per tutti, ma &egrave; significativo che adesso Nadal raccolga fra il pubblico simpatie quasi unanimi. Il cattivo segnale, quello che definiamo 'Effetto Connors' (ma il vero Jimbo era da molti letteralmente odiato, cosa che a Rafa non &egrave; mai capitata nemmeno con gli ultras di Federer) e che tocca pi&ugrave; o meno a tutti, &egrave; in fondo davvero questo. Il campione 'condiviso', quello simpatico a tutti e che perde fra gli applausi, dal punto di vista storico &egrave; gi&agrave; un ex. Speriamo di sbagliarci.

La troppa simpatia per Nadal

E alla fine arriva Djokovic. Il serbo, numero uno del ranking, si aggiudica per la terza volta il torneo di Wimbledon, superando in finale lo svizzero Roger Federer in quattro set con il punteggio di 7-6, 6-7, 6-4, 6-3. Il campione di Basilea avrebbe potuto diventare il pi&ugrave; anziano vincitore dello slam londinese, superando il gi&agrave; nuovo record di Serena Williams. Per i due &egrave; stata la quarantesima sfida e, adesso, ci si trova davanti alla perfetta parit&agrave;: 20-20. Ulteriore spunto per decretare il pi&ugrave; forte tennista di tutti i tempi, vota il nostro sondaggio. [poll id="10"]

E alla fine arriva Djokovic. Il serbo, numero uno del ranking, si aggiudica per la terza volta il torneo di Wimbledon, superando in finale lo svizzero Roger Federer in quattro set con il punteggio di 7-6, 6-7, 6-4, 6-3. Il campione di Basilea avrebbe potuto diventare il pi&ugrave; anziano vincitore dello slam londinese, superando il gi&agrave; nuovo record di Serena Williams. Per i due &egrave; stata la quarantesima sfida e, adesso, ci si trova davanti alla perfetta parit&agrave;: 20-20. Ulteriore spunto per decretare il pi&ugrave; forte tennista di tutti i tempi, vota il nostro sondaggio.  [poll id="10"]

Wimbledon &egrave; di Djokovic, ma chi &egrave; il tennista pi&ugrave; forte di tutti i tempi?

Le Atp Finals di Londra sono state uno spettacolo non solo per il livello del gioco durante tutta la settimana e per almeno due partite da hall of fame (la finale con il nuovo Federer samprasizzato e soprattutto la semifinale fra Nadal e Murray), ma anche per un contesto ambientale straordinario. La tristezza e il gelo di molti tornei indoor, anche del genere 1000, all O2 Arena non &egrave; esistita: pubblico numeroso anche di pomeriggio e anche per i doppi, vippame di notoriet&agrave; internazionale e con un passato vero (Maradona e Ron Wood qualche cosa in vita loro l'hanno fatta), tifo pi&ugrave; caldo che a Wimbledon ma comunque sempre ben sotto i confini della beceraggine.  Tutt'altra cosa, con tutto il rispetto per chi mette i soldi in uno sport che senza sponsor sarebbe morto, rispetto a Shangai, Houston, Lisbona. Il resto l'hanno messo i tennisti, dando quasi tutti il meglio di se stessi (tranne forse Djokovic in semifinale) e chiudendo alla grande un 2010 che rimane l'anno di Nadal ma che si &egrave; chiuso con un Federer semi-nuovo. Capace a 29 anni di modificare leggermente il suo gioco, cosa che nessun suo concorrente al trono di pi&ugrave; grande di tutti i tempi &egrave; stato capace di fare: pi&ugrave; rischi nella risposta da sinistra, con spostamenti anticipati alla Sampras, pi&ugrave; slice, meno colpi interlocutori (interlocutori solo quando l'avversario &egrave; Nadal e la superficie &egrave; semi-lenta come a Londra, perch&eacute; con tutti gli altri sarebbero quasi vincenti), soprattutto la capacit&agrave; di suscire dalla diagonale diritto di Nadal-suo rovescio incrociato che &egrave; stata pi&ugrave; di tutti gli altri fattori (non ultimi quelli psicologici) la vera causa del suo bilancio perdente negli scontri diretti con lo spagnolo. In tutte e cinque le partite delle Finals, a dire il vero, il rovescio incrociato ha funzionato a meraviglia al punto che non &egrave; assurdo pensare a una sorta di marcia di avvicinamento alla partita che pi&ugrave; di tutte gli interessava.  Il bello &egrave; che questa fantastica rivalit&agrave;, superiore come durata a tutte quelle del passato Open (quella pi&ugrave; famosa, Borg-MecEnroe, ad alto livello dur&ograve; solo tre stagioni), si allungher&agrave; almeno fino ai Giochi di Londra: una manifestazione a cui Federer tiene tantissimo, come provato dalla smodata esultanza di Pechino dopo il doppio vinto con Wawrinka. Il brutto &egrave; che gli 'altri' hanno alzato il proprio livello ma rischiano di non durare abbastanza per vedere il declino vero dei due fenomeni: il tennis di Murray &egrave; mentalmente e fisicamente estremo, non fosse altro che per la difficolt&agrave; nel difendere i propri turni di battuta, quello di Djokovic &egrave; superlativo contro chi ne subisce le progressioni ma non contro chi sa cambiare ritmo, Soderling e Berdych possono in teoria battere i magnifici due su qualsiasi superficie (in particolare lo svedese) ma non giocare al massimo sempre in un grande torneo, i giovani veri (ricordiamo che Djokovic e Murray hanno 23 anni, uno solo meno del vecchio Nadal!) sono lontanissimi.  Uscendo dalle statistiche e dai ranking, dopo i primi quattro quelli che hanno pi&ugrave; margine a livello di vincere un torneo dello Slam sembrano Tsonga (13 del mondo, pi&ugrave; anziano di Nadal) e volendo proprio scommettere Gulbis (numero 24). Baby-fenomeni non se ne vedono, anche se nel tennis maschile le prime impressioni a volte ingannano. Anno 1989, torneo di Arlesheim (paese vicino a Basilea) per Under 10. Due bambini di 8 anni, che in futuro diventeranno grandi amici, giocano uno contro l'altro: Marco Chiudinelli batte Roger Federer al termine di una partita tiratissima. Rimarr&agrave; l'unica sua vittoria nei tanti, soprattutto a livello giovanile, scontri diretti. Ma del resto contro Federer perderanno quasi sempre tutti. Tranne uno. 

Il 2010 tennistico &egrave; stato l'anno di Nadal ma si &egrave; chiuso con la vittoria di Federer alle Atp Finals di Londra. Un risultato pi&ugrave; importante per il futuro che per la statistica...

Federer e Nadal per sempre

I suoi ruggenti anni 60 lo colgono ancora fresco e gagliardo, pungente e persin dimagrito, con lo sguardo vispo sulla vita. Il ciuffo d&rsquo;ordinanza - suo inconfondibile marchio di fabbrica - se lo si liscia con la mano, come faceva un tempo sui campi in terra rossa, poco prima di servire uno smash. Adriano Panatta li ha vissuti, i suoi formidabili primi 60 anni, tra diritti e rovesci (&laquo;pochi i secondi, per la verit&agrave;...&raquo;) in una vita piena, intensa e, soprattutto, curiosa. &laquo;Ha ragione, sono un curiosone, mi piace informarmi su tutto. Leggo tre quotidiani ogni mattina: il Corriere, Repubblica e Il Messaggero. I giornali sportivi no, controllo soltanto i tabellini. La prosa non serve nello sport, i veri eroismi sono in altri campi della vita. In questi giorni sto leggendo articoli sulle nuove economie brasiliana e cinese. Sar&agrave;, ma quando mi reco in quei Paesi vedo soltanto tremenda miseria e povert&agrave;. Ma quale new-economy?&raquo;. Cento ne pensa e mille ne ha fatte questo ex ragazzo nato tennisticamente al Circolo Parioli, divenuto celebre negli Anni &lsquo;70 con la sua racchetta Vip tra le mani, sospeso tra grandi vittorie e flirt da dolce vita (Mita Medici, Loredana Bert&egrave;...). Molti anni prima di Francesca Schiavone - e un decennio dopo Nicola Pietrangeli - Panatta divenne simbolo del new-tennis italiano e depred&ograve; (nell&rsquo;anno santo 1976) gli Internazionali di Roma e il Roland Garros. Quindi vinse la Coppa Davis con Bertolucci, Barazzutti, Zugarelli e capitan Pietrangeli, popolarizzando e quasi imponendo agli italiani, tramortiti da quegli anni di piombo e da troppi governi democristiani, uno sport fino a quel momento elitario e serioso: il tennis. &laquo;La cosa buffa &egrave; che il sottoscritto, figlio del custode del Circolo, era tutto fuorch&eacute; un fighetto. Il Parioli era il mio quartiere ma i pariolini non erano certamente il genere preferito. In quel periodo la coscienza mi suggeriva di stare un po&rsquo; spostato verso sinistra. Non sono mai stato comunista convinto, questo no, ma progressista s&igrave;, socialista. L&rsquo;episodio della maglietta rossa, indossata nel 1976 durante la finale di Coppa Davis, nella fascista Santiago del Cile, fu una bella provocazione. Paolone Bertolucci non voleva, lo convinsi&raquo;. Dopo il ritiro, Panattone ha interpretato mille ruoli: &egrave; stato imprenditore e capitano di Coppa Davis dal 1984 al 1997, marito della bella Rosaria e pap&agrave; di Niccol&ograve;, Rubina e Alessandro, direttore tecnico degli Internazionali di Roma e responsabile del Centro di Riano, campione mondiale (!) di motonautica nella categoria Evolution e opinionista in tv, capobranco dei suoi amici del cuore e ottimo cuoco, scrittore di una bella autobiografia e uomo-immagine per una nota dieta, assessore alla Provincia di Roma e affabulatore, icona d&rsquo;esportazione e attore nel filmdocumentario &ldquo;La maglietta rossa&rdquo;, diretto da Mimmo Calopresti. Non pi&ugrave; latin lover (&laquo;Da ragazzino sostenevano somigliassi a Paul McCartney, poi sono cresciuto&raquo;). Un uomo sempre attento alla vita. Non soltanto al tennis. Panatta, cosa rimarr&agrave; del trionfo di Francesca Schiavone a Parigi? &laquo;Il ricordo di un&rsquo;impresa eccezionale, &egrave; stata molto brava. Vincere un torneo del Grande Slam &egrave; un premio alla carriera. Ha approfittato di un periodo di livellamento del tennis femminile, ha mostrato qualit&agrave; e sfruttato un pizzico di fortuna. Peccato, poi, sia andata subito ko a Wimbledon&raquo;. Lei, per&ograve;, non mangi&ograve; la terra quando vinse il Roland Garros. &laquo;Quello no. Sono cose che non capisco. Alzai la coppa, salutai il pubblico e me ne tornai a casa. A che servono le lacrime e le sceneggiate? Quando un calciatore fa gol e si toglie la maglia, sembra un pazzo. Ma &egrave; il suo mestiere, lo pagano per segnare. Mah&raquo;. La Schiavone e la Pennetta tengono alto il vessillo del nostro sgangherato tennis. &laquo;Vero. Ma va fatta chiarezza: il tennis femminile &egrave; meno complicato di quello maschile. &Egrave; meno fisico e la palla va pi&ugrave; lenta. Le prime 30 della classifica sono brave, ma i primi 30 della classifica maschile sono fenomeni&raquo;. Perch&eacute; non nascono i Nadal e i Federer in Italia? &laquo;Domanda delle cento pistole... Quando ero capitano di Davis e, poi, quando ho gestito insieme ad altri ex giocatori il settore professionistico della Federazione, i buoni giocatori c&rsquo;erano: Camporese, Can&egrave;, Gaudenzi. Dopo, la Fip ha scelto altre strade. il Centro di Riano &egrave; stato chiuso e tutto &egrave; stato affidato a coach privati&raquo;. L&rsquo;errore pi&ugrave; grosso? &laquo;Il tennis va insegnato sul campo. &Egrave; tecnica e fisicit&agrave;, non soltanto psicologia. Logiche diverse hanno portato alla mancata maturazione di tanti potenziali buoni giocatori&raquo;. Federer o Nadal, chi sceglie? &laquo;Sono due cavalli di razza. Ma in vita mia non ho mai visto nessuno giocare meglio di Roger. Ha restituito al tennis moderno, picchiato, gli elementi sensibili del tennis antico&raquo;. Cosa combinerebbe, in campo, oggi, un Panatta? &laquo;Quello che farebbe un Rivera 25enne ai Mondiali di calcio. Preparato a dovere, con racchette tecnologiche come quelle che si usano oggi, con una scienza medica e un&rsquo;alimentazione adeguate, sarei tra i primi. Come un tempo&raquo;. La pi&ugrave; grande soddisfazione della sua vita sportiva? &laquo;Il 1976, l&rsquo;anno d&rsquo;oro delle vittorie, quando toccai il cielo con un dito. Per brevi attimi, per&ograve;. I trionfi e le esaltazione non fanno parte del mio ego. Dopo una grande conquista mi ha sempre avvinto una malinconia infinita. Forse perch&eacute; sono malinconico di carattere. Dopo aver vinto la Davis o il Roland Garros, dopo aver battuto per due volte Borg o aver raggiunto il quarto posto nella classifica mondiale, mi dicevo: &ldquo;E allora?&rdquo;. Non ho mai mangiato la terra, io&raquo;. Il rimpianto pi&ugrave; grande? &laquo; Nel tennis, la mancata vittoria a Wimbledon nel 1979. Persi contro Pat Dupr&egrave; nei quarti di finale, al termine di un match infinito. In semifinale avrei incontrato Roscoe Tanner, avversario abbordabile, e in finale Borg. Avrei potuto vincerlo, quel Wimbledon&raquo;. Facciamo un giochino: se le dico Coppa Davis, cosa le salta al naso? &laquo;Il fatto di averla vinta una sola volta e di aver giocato, e perso, le altre tre finali in trasferta: nel &lsquo;77 in Australia, poi a Praga e San Francisco. Avessimo giocato a Roma, l&rsquo;Italia avrebbe almeno un&rsquo;altra Davis in bacheca&raquo;. E gli Internazionali di Roma? &laquo;Fino al 1976, pensavo non ce l&rsquo;avrei mai fatta a vincerli. Poi non &egrave; stato male conquistare il torneo che si gioca nella mia citt&agrave;&raquo;. Il Roland Garros? &laquo;Ricorda il rischio di non poterli vincere per... mancanza di scarpe! La mattina della finale contro l&rsquo;americano Solomon, mi accorsi che le mie preferite se l&rsquo;era riportate a Roma Bertolucci, per sbaglio... Terrore... Telefonammo a Paolo e le feci portare a Fiumicino, dove vennero imbarcate sul primo Roma-Parigi in partenza. Un amico le and&ograve; a recuperare all&rsquo;aeroporto De Gaulle e me le fece recapitare con un taxi al Roland Garros. Dieci minuti dopo ero in campo e vinsi&raquo;. E Wimbledon, cosa le ricorda? &laquo;Il sapore dell&rsquo;erba, gli inchini verso il Royal Box prima del match, ma anche le giornate noiose. E poi Dupr&egrave;...&raquo;. Leggenda metropolitana degli Anni 70: se Panatta si fosse allenato meglio, avrebbe vinto di pi&ugrave;. &laquo;Nella mia vita ho sempre detestato la stupidit&agrave;... Ho cavalcato l&rsquo;era di Borg, del marine Connors, del poeta Vilas, di McEnroe, Nastase, Ashe, Laver, Rosewall, Newcombe, Lendl. Ho giocato per anni, ho vinto e perduto contro questi draghi. Inutile aggiungere altro&raquo;. Il pi&ugrave; grande tennista di tutti i tempi? &laquo;Probabilmente Rod Laver, umile e grandioso: ha cambiato il tennis&raquo;. E Borg? &laquo;Ha allargato il campo con i suoi colpi liftati e vinto cinque Wimbledon senza sapere il perch&eacute;. Sono molto amico con Bjorn, un finto uomo di ghiaccio che emanava un&rsquo;imperturbabilit&agrave; cosmica. Lo aiutai quando decise di tornare al tennis a 34 anni, dopo 6 di stop. Capii che era la sua prima decisione da uomo libero, affrancato da depressioni e da inquietudini. Sino a quel momento aveva condotto un&rsquo;esistenza da campione-bambino&raquo;. Il pi&ugrave; antipatico di tutti i suoi avversari? &laquo;Ivan Lendl. Su di lui pensieri orribili, ricordo il suo sorriso da pitone. Con me ce l&rsquo;aveva a morte per un doppio 6-0 che gli avevo inflitto in Davis&raquo;. Vero che lei ha anche brevettato un dispositivo che salva la vita ai piloti di motonautica? &laquo; Ho aiutato il professor Dal Monte nel progetto Tartaruga, una capsula di sopravvivenza che protegge la testa del pilota nel caso in cui la barca si rovesci. Oggi &egrave; il corredo indispensabile di tutti gli off- shore, ma non l&rsquo;avevamo ancora brevettato quando il povero Stefano Casiraghi mor&igrave; durante una gara. L&rsquo;avesse avuta, sarebbe ancora vivo&raquo;. Perch&eacute; la motonautica dopo il tennis? &laquo;Amo il mare e le sfide. E come le ho detto, sono curioso. Metta insieme le tre cose&raquo;. Ultima vole&egrave;: la prima cosa che vede sbirciando i suoi anni 60? &laquo;La mia famiglia, Rosaria. E i miei tre figli: li avrei voluti guidare su un campo da tennis, insegnare loro l&rsquo;arte. Forse non l&rsquo;ho fatto per pudore o per sottrarli all&rsquo;implacabile confronto. Peccato... Ora c&rsquo;&egrave; il mio nipotino, chiss&agrave;. Il tennis e la vita, in fondo, sono anche divertimento. Me lo sugger&igrave;, una volta, a Wimbledon, Neale Fraser prima di un match. Aveva ragione&raquo;.

I suoi ruggenti anni 60 lo colgono ancora fresco e gagliardo, pungente e persin dimagrito, con lo sguardo vispo sulla vita. Il ciuffo d&rsquo;ordinanza - suo inconfondibile marchio di fabbrica - se lo si liscia con la mano, come faceva un tempo sui campi in terra rossa, poco prima di servire uno smash. Adriano Panatta li ha vissuti, i suoi formidabili primi 60 anni, tra diritti e rovesci (&laquo;pochi i secondi, per la verit&agrave;...&raquo;) in una vita piena, intensa e, soprattutto, curiosa.  &laquo;Ha ragione, sono un curiosone, mi piace informarmi su tutto. Leggo tre quotidiani ogni mattina: il Corriere, Repubblica e Il Messaggero. I giornali sportivi no, controllo soltanto i tabellini. La prosa non serve nello sport, i veri eroismi sono in altri campi della vita. In questi giorni sto leggendo articoli sulle nuove economie brasiliana e cinese. Sar&agrave;, ma quando mi reco in quei Paesi vedo soltanto tremenda miseria e povert&agrave;. Ma quale new-economy?&raquo;.  Cento ne pensa e mille ne ha fatte questo ex ragazzo nato tennisticamente al Circolo Parioli, divenuto celebre negli Anni &lsquo;70 con la sua racchetta Vip tra le mani, sospeso tra grandi vittorie e flirt da dolce vita (Mita Medici, Loredana Bert&egrave;...). Molti anni prima di Francesca Schiavone - e un decennio dopo Nicola Pietrangeli - Panatta divenne simbolo del new-tennis italiano e depred&ograve; (nell&rsquo;anno santo 1976) gli Internazionali di Roma e il Roland Garros. Quindi vinse la Coppa Davis con Bertolucci, Barazzutti, Zugarelli e capitan Pietrangeli, popolarizzando e quasi imponendo agli italiani, tramortiti da quegli anni di piombo e da troppi governi democristiani, uno sport fino a quel momento elitario e serioso: il tennis. &laquo;La cosa buffa &egrave; che il sottoscritto, figlio del custode del Circolo, era tutto fuorch&eacute; un fighetto. Il Parioli era il mio quartiere ma i pariolini non erano certamente il genere preferito. In quel periodo la coscienza mi suggeriva di stare un po&rsquo; spostato verso sinistra. Non sono mai stato comunista convinto, questo no, ma progressista s&igrave;, socialista. L&rsquo;episodio della maglietta rossa, indossata nel 1976 durante la finale di Coppa Davis, nella fascista Santiago del Cile, fu una bella provocazione. Paolone Bertolucci non voleva, lo convinsi&raquo;. Dopo il ritiro, Panattone ha interpretato mille ruoli: &egrave; stato imprenditore e capitano di Coppa Davis dal 1984 al 1997, marito della bella Rosaria e pap&agrave; di Niccol&ograve;, Rubina e Alessandro, direttore tecnico degli Internazionali di Roma e responsabile del Centro di Riano, campione mondiale (!) di motonautica nella categoria Evolution e opinionista in tv, capobranco dei suoi amici del cuore e ottimo cuoco, scrittore di una bella autobiografia e uomo-immagine per una nota dieta, assessore alla Provincia di Roma e affabulatore, icona d&rsquo;esportazione e attore nel filmdocumentario &ldquo;La maglietta rossa&rdquo;, diretto da Mimmo Calopresti. Non pi&ugrave; latin lover (&laquo;Da ragazzino sostenevano somigliassi a Paul McCartney, poi sono cresciuto&raquo;). Un uomo sempre attento alla vita. Non soltanto al tennis. Panatta, cosa rimarr&agrave; del trionfo di Francesca Schiavone a Parigi? &laquo;Il ricordo di un&rsquo;impresa eccezionale, &egrave; stata molto brava. Vincere un torneo del Grande Slam &egrave; un premio alla carriera. Ha approfittato di un periodo di livellamento del tennis femminile, ha mostrato qualit&agrave; e sfruttato un pizzico di fortuna. Peccato, poi, sia andata subito ko a Wimbledon&raquo;. Lei, per&ograve;, non mangi&ograve; la terra quando vinse il Roland Garros. &laquo;Quello no. Sono cose che non capisco. Alzai la coppa, salutai il pubblico e me ne tornai a casa. A che servono le lacrime e le sceneggiate? Quando un calciatore fa gol e si toglie la maglia, sembra un pazzo. Ma &egrave; il suo mestiere, lo pagano per segnare. Mah&raquo;. La Schiavone e la Pennetta tengono alto il vessillo del nostro sgangherato tennis. &laquo;Vero. Ma va fatta chiarezza: il tennis femminile &egrave; meno complicato di quello maschile. &Egrave; meno fisico e la palla va pi&ugrave; lenta. Le prime 30 della classifica sono brave, ma i primi 30 della classifica maschile sono fenomeni&raquo;. Perch&eacute; non nascono i Nadal e i Federer in Italia? &laquo;Domanda delle cento pistole... Quando ero capitano di Davis e, poi, quando ho gestito insieme ad altri ex giocatori il settore professionistico della Federazione, i buoni giocatori c&rsquo;erano: Camporese, Can&egrave;, Gaudenzi. Dopo, la Fip ha scelto altre strade. il Centro di Riano &egrave; stato chiuso e tutto &egrave; stato affidato a coach privati&raquo;. L&rsquo;errore pi&ugrave; grosso? &laquo;Il tennis va insegnato sul campo. &Egrave; tecnica e fisicit&agrave;, non soltanto psicologia. Logiche diverse hanno portato alla mancata maturazione di tanti potenziali buoni giocatori&raquo;. Federer o Nadal, chi sceglie? &laquo;Sono due cavalli di razza. Ma in vita mia non ho mai visto nessuno giocare meglio di Roger. Ha restituito al tennis moderno, picchiato, gli elementi sensibili del tennis antico&raquo;. Cosa combinerebbe, in campo, oggi, un Panatta? &laquo;Quello che farebbe un Rivera 25enne ai Mondiali di calcio. Preparato a dovere, con racchette tecnologiche come quelle che si usano oggi, con una scienza medica e un&rsquo;alimentazione adeguate, sarei tra i primi. Come un tempo&raquo;. La pi&ugrave; grande soddisfazione della sua vita sportiva? &laquo;Il 1976, l&rsquo;anno d&rsquo;oro delle vittorie, quando toccai il cielo con un dito. Per brevi attimi, per&ograve;. I trionfi e le esaltazione non fanno parte del mio ego. Dopo una grande conquista mi ha sempre avvinto una malinconia infinita. Forse perch&eacute; sono malinconico di carattere. Dopo aver vinto la Davis o il Roland Garros, dopo aver battuto per due volte Borg o aver raggiunto il quarto posto nella classifica mondiale, mi dicevo: &ldquo;E allora?&rdquo;. Non ho mai mangiato la terra, io&raquo;. Il rimpianto pi&ugrave; grande? &laquo; Nel tennis, la mancata vittoria a Wimbledon nel 1979. Persi contro Pat Dupr&egrave; nei quarti di finale, al termine di un match infinito. In semifinale avrei incontrato Roscoe Tanner, avversario abbordabile, e in finale Borg. Avrei potuto vincerlo, quel Wimbledon&raquo;. Facciamo un giochino: se le dico Coppa Davis, cosa le salta al naso? &laquo;Il fatto di averla vinta una sola volta e di aver giocato, e perso, le altre tre finali in trasferta: nel &lsquo;77 in Australia, poi a Praga e San Francisco. Avessimo giocato a Roma, l&rsquo;Italia avrebbe almeno un&rsquo;altra Davis in bacheca&raquo;. E gli Internazionali di Roma? &laquo;Fino al 1976, pensavo non ce l&rsquo;avrei mai fatta a vincerli. Poi non &egrave; stato male conquistare il torneo che si gioca nella mia citt&agrave;&raquo;. Il Roland Garros? &laquo;Ricorda il rischio di non poterli vincere per... mancanza di scarpe! La mattina della finale contro l&rsquo;americano Solomon, mi accorsi che le mie preferite se l&rsquo;era riportate a Roma Bertolucci, per sbaglio... Terrore... Telefonammo a Paolo e le feci portare a Fiumicino, dove vennero imbarcate sul primo Roma-Parigi in partenza. Un amico le and&ograve; a recuperare all&rsquo;aeroporto De Gaulle e me le fece recapitare con un taxi al Roland Garros. Dieci minuti dopo ero in campo e vinsi&raquo;. E Wimbledon, cosa le ricorda? &laquo;Il sapore dell&rsquo;erba, gli inchini verso il Royal Box prima del match, ma anche le giornate noiose. E poi Dupr&egrave;...&raquo;. Leggenda metropolitana degli Anni 70: se Panatta si fosse allenato meglio, avrebbe vinto di pi&ugrave;. &laquo;Nella mia vita ho sempre detestato la stupidit&agrave;... Ho cavalcato l&rsquo;era di Borg, del marine Connors, del poeta Vilas, di McEnroe, Nastase, Ashe, Laver, Rosewall, Newcombe, Lendl. Ho giocato per anni, ho vinto e perduto contro questi draghi. Inutile aggiungere altro&raquo;. Il pi&ugrave; grande tennista di tutti i tempi? &laquo;Probabilmente Rod Laver, umile e grandioso: ha cambiato il tennis&raquo;. E Borg? &laquo;Ha allargato il campo con i suoi colpi liftati e vinto cinque Wimbledon senza sapere il perch&eacute;. Sono molto amico con Bjorn, un finto uomo di ghiaccio che emanava un&rsquo;imperturbabilit&agrave; cosmica. Lo aiutai quando decise di tornare al tennis a 34 anni, dopo 6 di stop. Capii che era la sua prima decisione da uomo libero, affrancato da depressioni e da inquietudini. Sino a quel momento aveva condotto un&rsquo;esistenza da campione-bambino&raquo;. Il pi&ugrave; antipatico di tutti i suoi avversari? &laquo;Ivan Lendl. Su di lui pensieri orribili, ricordo il suo sorriso da pitone. Con me ce l&rsquo;aveva a morte per un doppio 6-0 che gli avevo inflitto in Davis&raquo;. Vero che lei ha anche brevettato un dispositivo che salva la vita ai piloti di motonautica? &laquo; Ho aiutato il professor Dal Monte nel progetto Tartaruga, una capsula di sopravvivenza che protegge la testa del pilota nel caso in cui la barca si rovesci. Oggi &egrave; il corredo indispensabile di tutti gli off- shore, ma non l&rsquo;avevamo ancora brevettato quando il povero Stefano Casiraghi mor&igrave; durante una gara. L&rsquo;avesse avuta, sarebbe ancora vivo&raquo;. Perch&eacute; la motonautica dopo il tennis? &laquo;Amo il mare e le sfide. E come le ho detto, sono curioso. Metta insieme le tre cose&raquo;. Ultima vole&egrave;: la prima cosa che vede sbirciando i suoi anni 60? &laquo;La mia famiglia, Rosaria. E i miei tre figli: li avrei voluti guidare su un campo da tennis, insegnare loro l&rsquo;arte. Forse non l&rsquo;ho fatto per pudore o per sottrarli all&rsquo;implacabile confronto. Peccato... Ora c&rsquo;&egrave; il mio nipotino, chiss&agrave;. Il tennis e la vita, in fondo, sono anche divertimento. Me lo sugger&igrave;, una volta, a Wimbledon, Neale Fraser prima di un match. Aveva ragione&raquo;.

Tennista di talento e uomo di grande personalit&agrave;, Adriano Panatta festeggia un compleanno significativo. Qui racconta la sua vita bella e intensa: le vittorie a Parigi e in Davis, la maglietta rossa in Cile, la motonautica e i figli. "Mi &egrave; capitato solo Wimbledon. e una volta ci sono andato vicinissimo"  

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