        Che atleta &egrave; stato e che posto occupa nella storia della boxe e del suo salone pi&ugrave; esclusivo, ossia la categoria dei Pesi Massimi? Partiamo da un paradosso: non &egrave; stato forse il migliore in assoluto, perch&eacute; quello era Joe Louis; non il pi&ugrave; cattivo, perch&eacute; quello era Sonny Liston; nemmeno il pi&ugrave; irriducibile, non come &ldquo;Smokin Joe&rdquo; Frazier; non il pi&ugrave; forte come Foreman e neanche il pi&ugrave; terrificante, come Mike Tyson. Ma fu unico in una specialit&agrave;: trascinare l&rsquo;avversario sul terreno che lui sceglieva per decidere l&rsquo;esito della lotta, irretendolo nelle maglie del suo prodigio atletico, imprendibile nella sua danza in mezzo ai dinosauri. Ecco perch&eacute; &egrave; stato il pi&ugrave; grande. Non &egrave; certo questa, per quanto grandiosa, l&rsquo;opera pi&ugrave; straordinaria che abbia compiuto: basti pensare che i rappresentanti di una certa America &ldquo;WASP&rdquo; (White Anglo - Saxon Protestant) hanno fatto sempre il tifo per il suo grande avversario di turno; nero come lui ma che ai loro occhi diventava bianco nel tentativo di sconfiggere quel nuovo, temibile, autodeterminato prototipo di afroamericano. Ed &egrave; il motivo per il quale anche a lui quei suoi avversari apparivano cos&igrave; &ldquo;pallidi&rdquo;: erano grandi campioni ma asserviti a un sistema in cui il nero, sia pur di successo, era pur sempre una sorta di pittoresco pesce in un acquario, al quale il bianco generoso distribuiva il mangime della gloria, della rispettabilit&agrave; borghese, della ricchezza. Proprio come allo Zio Tom. E cos&igrave; prese a chiamarli in questo modo, i suoi sfidanti neri: - Sei uno Zio Tom! - ossia il nero mansueto e affidabile, che ringrazier&agrave; per sempre il buon padrone bianco.&nbsp;Una delle cose che pi&ugrave; lo faceva imbestialire era la definizione &ldquo;nero di successo&rdquo;, perch&eacute; di quelli ce n&rsquo;erano gi&agrave; tanti e sempre di pi&ugrave; ce ne sarebbero stati, dagli anni cinquanta in poi: nello sport, nella musica, nel cinema. Ma sempre all&rsquo;interno di una &ldquo;cornice&rdquo; spessa e finemente decorata dai rapporti di forza della storia: l&rsquo;establishment del potere detenuto dai bianchi, che a tanti &ldquo;fratelli&rdquo; neri decideva di distribuire il mangime del consenso, dell&rsquo;accettazione. Lui &egrave; stato un&rsquo;altra cosa, consapevole di stare indicando&nbsp;una nuova strada: il primo nero a interpretare a modo proprio la maniera di vivere il proprio successo, di celebrare la propria gloria e di spenderla per le finalit&agrave; che gli stavano a cuore. Gi&agrave; soltanto per questo, nel momento in cui costruiva la propria storia personale, non solo pugilistica, il suo vissuto intersecava la Storia con la maiuscola: nelle sue istanze di autodeterminazione c&rsquo;era gi&agrave; il cambiamento di un&rsquo;epoca. Proprio per questo, mosse una sconfinata adorazione nei suoi confronti e un odio forse ancora pi&ugrave; intenso: la cosa pi&ugrave; &ldquo;grave&rdquo; che fece, agli occhi dell&rsquo;America bianca, perbenista e anglicana, non fu rifiutare l&rsquo;arruolamento per il Vietnam, nemmeno l&rsquo;adesione alla discussa setta dei Musulmani Neri di Elijah Muhammad; fu che si permise di essere come voleva essere. Come se fosse un bianco o, per meglio dire, come se si fosse dimenticato di essere nero. Con la sfrontatezza e l&rsquo;autostima di chi &egrave; in grado di convincersi d&rsquo;essere bello e invincibile ancora prima di averlo dimostrato. &Egrave; per questa ragione che si specializz&ograve; nell&rsquo;arte dell&rsquo;insulto preventivo: il &ldquo;trash talking&rdquo;, col quale cominciava a demolire il rivale prima ancora di trovarselo di fronte sul quadrato. Sarebbe diventata un&rsquo;arte per davvero, anche in politica. Cos&igrave; come certe sue filastrocche rimate, inventate sul momento, sembra abbiano fatto germogliare la musica rap.&nbsp;E seppe poi rinascere, dopo la lunga squalifica, sviluppando la tattica del programmato sfiancamento altrui: &ldquo;Rope a dope&rdquo;, prendi al laccio l&rsquo;imbecille. Chiedete a George Foreman, quanto ci mise a razionalizzare la sua notte africana da stra-favorito mondiale. O a Frazier, che a Manila disse: - Gli ho dato pugni sufficienti a buttare gi&ugrave; un palazzo -. &Egrave; stato l&rsquo;unico uomo sulla terra a essere celebre con due nomi diversi, essendo diventato Campione del mondo la prima volta come Cassius Clay. Forse anche per questo, quando il mondo ha dovuto salutarlo, ha continuato a battere per mezz&rsquo;ora dopo la morte di ogni altro organo, il cuore di Muhammad Ali, troppo grande per un solo dio.        

<p>80 anni dalla nascita del pugile che ha cambiato la storia, il suo lascito va ben oltre le irripetibili meraviglie mostate sul ring</p>

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Un pugile, una leggenda, il cui impatto sociale non ha avuto precedenti nel mondo dello sport: anche nei momenti più difficili, l'uomo non ha mai smesso di lottare

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L'inserimento di Rocky, inteso come personaggio cinematografico, nella Hall of Fame della boxe non &egrave; di sicuro strampalato. In un'epoca in cui un appassionato medio di sport farebbe fatica a citare dieci pugili in attivit&agrave;, ben venga qualsiasi mossa in grado di portare interesse verso uno degli sport pi&ugrave; veri che siano rimasti. Quello che non tutti sanno &egrave; che &egrave; vero anche...Rocky!  Gi&agrave;, perch&eacute; per il personaggio Stallone si ispir&ograve; a un pugile reale: Chuck Wepner, peso massimo di grandissimo coraggio e scarsa classe che in carriera ha incrociato molte leggende: da George Foreman a Sonny Liston (incontro che rese necessari 120 punti di sutura, per Wepner) per arrivare ovviamente al leggendario incontro per il titolo mondiale con Muhammad Ali che ispir&ograve; Stallone. Nel 1975 il 33enne Ali decise di regalarsi una facile difesa del titolo contro un pugile di livello inferiore: per lui un ingaggio di un milione e mezzo di dollari, contro i 100mila per il 36enne Wepner (comunque la borsa della vita). Lo sfidante si allen&ograve; per otto settimane vicino alle Catskill Mountains con metodi alla Rocky e si present&ograve; al meglio delle sue possibilit&agrave; alla sfida con il campione annunciando al suo manager: ''Sono sopravvissuto ai Marines, sopravviver&ograve; anche ad Al&igrave;''.  Non and&ograve; gi&ugrave; al primo round, come molti esperti avevano previsto, e nemmeno al secondo. Nel nono Al&igrave; and&ograve; a terra dopo che Wepner gli pest&ograve; un piede e fu contato. Una battaglia, dominata da Al&igrave; ma con il bianco (particolare non trascurabile) Wepner ad esaltare la folla di Richfield (Ohio) con il suo coraggio oltre i confini della temerariet&agrave;. Viso insanguinato, naso spaccato, Wepner riusc&igrave; ad arrivare al quindicesimo round prima che l'arbitro decretasse il ko tecnico. Il vero Rocky &egrave; lui, ma per la boxe quello finto per ha fatto forse di pi&ugrave;. 

A ispirare la saga cinematografica con Stallone protagonista fu uno dei meno conosciuti rivali di Muhammad Al&igrave;, il bianco Chuck Wepner. Che di puro coraggio riusc&igrave; ad arrivare al quindicesimo round...

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