Io non ho nulla contro il calcio moderno: sono per la moviola in campo, i nomi e i numeri fissi sulle maglie. So che il calcio moderno è un po’ meno sport e molto più business; so che i soldi sono importanti e non bisogna sputarci sopra, soprattutto in tempi di crisi; so che l’Oriente è la nuova frontiera perché lì c’è il pubblico (tv) del futuro, e che lì ci sono anche gli sponsor che pagano profutamente i club; so che le leggi del marketing vogliono che si coltivino così milioni e milioni di potenziali compratori di magliette, scarpette, cappellini, portachiavi e persino babbuce con lo stemma della propria squadra; so che il circus va alimentato forzatamente in questo modo, portando lo spettacolo anche agli antipodi o quasi di casa propria; so che i grandi calciatori ormai sono delle star mondiali e non certo l’orgoglio del proprio quartiere; so che ci sono dei contratti da rispettare e che non è certo la prima volta che si gioca un match tutto italiano in Cina e che anzi è capitato di giocare in passato la partita dello stesso trofeo a Tripoli, a New York o a Washington: so che così gira il mondo e che è perfettamente inutile cercare di indicargli un’altra strada. Detto questo, che il derby di Supercoppa Italiana tra Milan e Inter si giochi a Pechino invece che allo stadio di San Siro davanti al suo pubblico e nella sua sede naturale, mi sembra una gran corbelleria.
Fonte: articolo di Fabrizio Bocca per Repubblica.it