Calciomercato, da Gigi Riva a Paolo Rossi: c'è chi dice no

Calciomercato, da Gigi Riva a Paolo Rossi: c'è chi dice no

Da Pietro Paolo Virdis a Massimo Briaschi fino ad arrivare a Javier Zanetti e Antonio Di Natale: i casi in cui, anche prima della sentenza Bosman, i calciatori si sono opposti ai trasferimenti

Paolo Valenti/Edipress

01.07.2023 ( Aggiornata il 01.07.2023 13:25 )

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Estate, tempo di calciomercato. Flusso di voci ininterrotto che surfeggia su indiscrezioni filtrate da dirigenti compiacenti o procuratori alla ricerca del modo migliore per fare affari, amici di questo o quel giocatore che girano soffiate. Tutti alla ricerca di un colpo che possa soddisfare i club (venditori e acquirenti), gli agenti, i calciatori e i tifosi. In questo tourbillon di attese che solleticano fantasia e aspettative, ci sono anche giocatori che agli accordi presi da altri decidono di non sottostare. Oggi, in tempi nei quali la sentenza Bosman gli ha dato pieno potere, una via più semplice da seguire. Ma anche in passato, quando gli assi della pedata non potevano proferire parola sugli accordi che i presidenti prendevano tra loro, c’era chi riusciva a dire no. Eccezioni, scelte controcorrente, mosche bianche dal carattere poco propenso a rinunciare alle proprie inclinazioni. Decisioni che, nel crocevia dove convergono carriera, interessi e sentimenti, si orientavano nella direzione meno battuta.

I no di Gigi Riva 

Come quella che più di una volta intraprese Gigi Riva, campione simbolo del Cagliari dello scudetto, che negli anni Settanta resistette alle sirene che venivano dalla terraferma. Dopo aver accettato controvoglia il trasferimento in Sardegna, Rombo di Tuono di quell’isola divenne simbolo. Ogni estate le big del nord, soprattutto la Juventus, facendo leva sulle loro capacità economiche, a turno avanzavano offerte per provare a strappare l’attaccante di Leggiuno da quello che era diventato il suo habitat naturale, affidandosi al potere ipnotico del denaro. Riva, però, conosceva l’aridità di una vita senza sentimenti. Quelli che, in Sardegna, la gente gli aveva riconosciuto senza parsimonia. Fu evidente nel 1973, quando la Juventus, per ingaggiarlo, propose ai rossoblù 400 milioni di lire oltre al trasferimento di quattro giocatori di primo livello: Bettega, Gentile, Cuccureddu e Musiello. Un’operazione dal valore complessivo di 2 miliardi e 300 milioni di lire. Una follia che sollevò tumulti di piazza quando il passaggio di Riva alla corte degli Agnelli sembrò in dirittura d’arrivo. Minacce di bombe e di attentati e l’eventualità del rapimento del presidente cagliaritano Arrica dissuasero la Juventus dall’andare avanti in quella trattativa diventata impossibile anche per la posizione assunta dallo stesso Riva che, deluso dalla società che aveva portato avanti la negoziazione senza interpellarlo direttamente, si era sentito trattato come un oggetto. Fu il suo rifiuto finale, definitivo, quello che lo radicò per sempre a quella che era diventata la sua terra.    

Calciomercato: il gran rifiuto di Riva alla Juve

Il tentativo di Virdis

Quattro anni più tardi le negoziazioni tra Cagliari e Juventus si rinnovarono per un altro attaccante: Pietro Paolo Virdis. Anch’egli, come Riva, si dimostrò completamente refrattario all’idea del trasferimento a Torino, cosa data per fatta dai giornali dopo che varie fonti avevano dato per ultimato l’accordo tra le società. Sembrava tutto fatto fino a quando Virdis trovò la forza di manifestare la sua opposizione a quell’intesa. Apriti cielo: Gianni Agnelli, uomo non avvezzo a raccogliere dinieghi, soprattutto se provenienti da un ragazzo di vent’anni al quale si stava prospettando un futuro radioso, andò su tutte le furie. Ma perché Virdis non voleva andare a Torino? Una domanda alla quale rispose a mente fredda una volta ritiratosi: ”Non volevo lasciare la Sardegna. Poi quell'anno avevamo perso gli spareggi per salire in Serie A, e non me la sentivo di lasciare il Cagliari in B". Parole quasi struggenti se confrontate alle cronache di oggi, dove qualunque scelta sembra indirizzata solo da guadagno e carriera. Alla fine prevalse la ragion di stato e Virdis, obtorto collo, cambiò maglia. Ma dimostrò che dietro al portafoglio un cuore ce l’aveva.

Il “gran rifiuto” di Pablito

Nel 1979 il “gran rifiuto” del calciomercato estivo toccò a Paolo Rossi farlo. Reduce dalla fallimentare stagione che aveva visto retrocedere il suo Lanerossi Vicenza (nonostante i 15 gol messi a referto) Pablito doveva essere venduto. Si fece sotto il Napoli, i giornali dettero la notizia del trasferimento. Ma nessuno aveva fatto i conti con la sensibilità del centravanti esploso dodici mesi prima nel Mondiale argentino. Napoli significava un mondo di attenzioni e aspettative che lui, timido e riservato, non si sentiva in grado di sostenere. “Per me viene prima la vita e poi la professione - dichiarò -. Che vengo a fare a Napoli, il salvatore della patria? Con la gente che mi compra le sigarette e dorme per strada sotto casa mia, per vegliarmi: sono molto cari, ma non sono la persona giusta”. Parole che, lette oggi, portano il peso dei loro anni. Anni nei quali, oltre al denaro, qualche giocatore aveva anche altri pensieri da coltivare.

Massimo Briaschi: "Lazio? No, grazie"

Nel 1984 uno dei grandi affari del calciomercato sembrava essere quello che Giorgio Chinaglia, presidente della Lazio, stava per chiudere con la Juventus: il passaggio dei gioielli biancocelesti Giordano e Manfredonia in bianconero. Operazione dolorosa ma necessaria per sanare le casse esauste della società, i cui proventi sarebbero stati in parte reinvestiti per costruire la nuova squadra. In questo accordo rientrava Massimo Briaschi, attaccante del Genoa molto gradito alla Lazio. La Juve lo acquistò per girarlo ai capitolini, senza considerare che l’attaccante veneto, compagno di Pablito ai tempi del Vicenza, a Roma non ci voleva proprio andare. Dopo anni passati in club di bassa classifica, Briaschi voleva giocarsi le sue chance di competere ad alti livelli. Chinaglia le provò tutte per convincerlo: offrì un contratto triennale molto remunerativo (all’epoca si parlò di circa un miliardo di lire) e noleggiò uno yacht nel Golfo di Napoli sul quale poterlo incontrare. Ma, complice anche il fallimento della trattativa che avrebbe dovuto portare Giordano e Manfredonia a Torino, non ci fu nulla da fare. Briaschi rimase alla Juventus e, nei tre anni di permanenza in bianconero, si tolse lo sfizio di vincere, tra l’altro, scudetto e Coppa dei Campioni.

Le scelte di Toldo, Rui Costa e Zanetti

Nel 2001 anche la Fiorentina si trovò nella necessità di sistemare il bilancio attraverso la vendita dei suoi migliori giocatori. La proprietà aveva trovato l’accordo col Parma per vendere Toldo e Rui Costa alla considerevole cifra di 140 miliardi di lire. I due, però, non vollero andare ai ducali, preferendo sistemarsi sulle due sponde dei Navigli: Toldo scelse l’Inter e il portoghese il Milan, nonostante il ricavato complessivo delle transazioni fosse inferiore rispetto a quanto era disposto a pagare il Parma. Ormai la sentenza Bosman dava ai calciatori un potere praticamente assoluto. Durante quell’estate destò una certa sorpresa anche il no che Javier Zanetti disse al Real Madrid: un trasferimento che sembrava fatto ma che alla fine si bloccò davanti alla volontà del giocatore, la cui famiglia si era ambientata molto bene a Milano e non aveva voglia di cambiare aria. L'argentino finì la sua carriera all’Inter indossandone la maglia per altri tredici anni prima di entrare nei quadri direttivi della società.

Di Natale, niente Juventus

Altra scelta controcorrente fu quella di Antonio Di Natale che nel 2010, dopo sei anni passati a Udine e decine di gol (29 in campionato solo nella stagione appena ultimata), sembrava avviato a spiccare finalmente il volo verso un top club come la Juventus, alla ricerca di nuovi uomini coi quali inseguire i successi perduti dopo il deludente settimo posto conseguito nel precedente campionato. Quando le firme sembravano solo una formalità, Di Natale si tirò indietro, convinto dalle pressioni della piazza e dalle preferenze espresse dalla famiglia, che a Udine si trovava bene e non intendeva trasferirsi. Di Natale finirà la carriera a Udine giocandovi fino al 2016.

Il doppio slalom di Berbatov

A chiusura di questa piccola antologia merita di essere ricordato un caso probabilmente unico, quello del quale si rese protagonista Dimitar Berbatov, che a poche ore dalla chiusura del calciomercato 2012 aveva preso un aereo per andare a firmare con la Fiorentina, che però non lo vide mai arrivare in sede. Forse perché Marotta, AD della Juventus, dichiarò di aver raggiunto un accordo con l’attaccante. In realtà verrà beffato anche lui, perché alla fine Berbatov firmerà per gli inglesi del Fulham. Una delle vicende più spericolate da cogliere nello scenario del calciomercato, mai banale e spesso prodigo di racconti ai limiti dell’inverosimile.

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