Giorgio Pellizzaro: una vita divisa in due

Giorgio Pellizzaro: una vita divisa in due

Su e giù tra A e B nelle sue esperienze da calciatore (difese per tanti anni la porta del Catanzaro), si è poi distinto per il percorso di grande successo come preparatore dei portieri

Massimiliano Lucchetti/Edipress

16.08.2022 11:20

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Esistono vari tipi di allenatori: quelli con un percorso da calciatore di grande livello (come Pep Guardiola); chi non ha avuto un’esperienza sul campo (come Arrigo Sacchi); o chi riesce ad affermarsi nonostante una carriera non proprio sotto i riflettori (come Jurgen Klopp).

La storia che andremo a raccontare – quella di Giorgio Pellizzaro - riguarda questa terza categoria, anche se non stiamo parlando di un allenatore bensì di un preparatore dei portieri.

Gli anni d’oro di Catanzaro

L’esordio in Serie A di Giorgio avviene il 12 maggio 1968 nella sconfitta a Bologna per una rete a zero con la maglia del Mantova, con cui aveva percorso tutta la trafila delle giovanili. L’anno 1969-70 lo vede ai blocchi di partenza come titolare dei virgiliani che si classificano al quarto posto della serie cadetta; il Nostro è uno dei portieri meno battuti, con sole 22 reti al passivo.

A fine stagione viene acquistato dalla Sampdoria come riserva di Pietro Battara; nel 1972-73 però le cose sembrano cambiare: Battara decide di chiudere la carriera a Bologna e per Giorgio si aprono le porte della titolarità visto che dall’Inter viene acquistato un estremo molto giovane: Massimo Cacciatori. Purtroppo per Pellizzaro, i risultati non eccelsi e anche qualche sua indecisione, convincono Heriberto Herrera a lanciare nella mischia il giovane Massimo che da quel momento, e per i sei anni successivi, diventa l’indiscusso difensore della porta blucerchiata.

A quel punto Pellizzaro decide di emigrare al sud: Catanzaro diventa quindi la sua nuova casa. Dopo un primo campionato di assestamento nel secondo il team, guidato in panchina da Gianni Di Marzio, conquista un grande terzo posto – a pari punti con il Verona – mancando la promozione a causa della sconfitta nello spareggio contro gli scaligeri. Giorgio fu uno dei grandi protagonisti di quella annata: 18 reti al passivo in 38 incontri ne fecero il portiere meno perforato della categoria. La consacrazione definitiva avviene nella stagione seguente, in cui i giallorossi – grazie alla rete di Improta all’89° minuto nell’ultima partita di Reggio contro la Reggiana - ritrovano la Serie A. Ancora una volta Giorgio si distingue non saltando un solo minuto nelle 42 presenze totali tra campionato e Coppa Italia; inoltre con soli 23 gol subiti è nuovamente l’ultimo baluardo meno battuto della Serie B.

Per l’estremo nativo di Mantova furono anni di saliscendi, con una retrocessione seguita immediatamente da una nuova promozione nell’anno successivo, ancora con 38 match disputati. Quello è stato il suo ultimo anno in Calabria; oltre a diventare un idolo della tifoseria, in quelle annate conosce Claudio Ranieri che diventa un vero amico e con cui, anni dopo, avrebbe intrapreso il suo secondo percorso calcistico.

Un finale di carriera amaro

Foggia, Forlì e Brescia sono le ultime destinazioni del Giorgio calciatore. Al di là delle stagioni interlocutorie di Foggia e Forlì, il vero dispiacere furono le annate con le Rondinelle: una doppia retrocessione dalla A alla C1 (Astutillo Malgioglio era il numero uno). L’ultimo anno che lo vide titolare fu proprio l’anno della C1, chiudendo poi come dodici di Roberto Aliboni nel 1983-84.

Allenatore…dei numeri uno

Smessi i panni di calciatore, nel 1989 il Brescia gli concede la prima occasione di dimostrare il proprio valore come mister dei portieri. Dopo un anno nel settore giovanile entra infatti nello staff della prima squadra. Sarà però il 1991 il turning point (in maniera positiva) della sua carriera da tecnico. Claudio Ranieri, dopo gli anni di Cagliari, ha la grande chance, diventando capo allenatore del Napoli, di costruirsi un proprio staff tecnico: una delle sue prime scelte è proprio quella del vecchio amico Giorgio.

A fine anni ’80 e a inizio anni ’90, tutte le società iniziarono a intuire l’importanza di dotarsi di un preparatore specifico del ruolo. Pietro Battara e Piero Persico furono tra gli antesignani del ruolo, seguiti da molti altri, tra cui appunto il nostro Pellizzaro.

Giovanni Galli e Pino Taglialatela furono i primi a seguire i suoi dettami ma il vero “capolavoro” lo compì alla Fiorentina formando Francesco Toldo a cui Giorgio è molto legato: ”Senza falsa modestia, credo sia il portiere cui davvero ho insegnato molto. Lo acquistammo dalla serie C che era poco più che un ragazzo; poi lo facemmo subito debuttare in A aprendogli la strada per un futuro importante. Ovviamente il resto ce lo ha messo lui”.

Successivamente dopo le esperienze di Napoli e Firenze, il Nostro, sempre come fidato collaboratore di Ranieri, approda in Spagna, precisamente a Valencia, dove allena niente meno che il leggendario Andoni Zubizarreta. Nel 2000 i due si trasferiscono a Londra, guidando il rampante Chelsea; in quelle annate ha così l’occasione di seguire un numero uno italiano sempre snobbato in patria, Carlo Cudicini. “In Italia aveva giocato solo nelle categorie inferiori mentre al Chelsea si affermò come un portiere di assoluto valore. E quando smise, avevo già dato indicazioni di prendere al suo posto Cech, visionato negli Europei Under 21. Ma non lo allenai mai perché anche io e Ranieri poi lasciammo il club inglese”.

Buffon e Julio Cesar sono altri due “piccoli” nomi passati sotto le sue grinfie. Probabilmente l’unica delusione del suo percorso da tecnico è stato il mancato approdo al Leicester. “Partecipai al ritiro estivo e a tutta la preparazione precampionato compresa qualche amichevole – dice Pellizzaro – poi fui costretto a farmi da parte per un serio intervento al ginocchio. Del resto l’età a poco a poco avanza e restare in campo ad allenare i portieri è sempre più faticoso”.

Pelizzaro da calciatore non è stato sicuramente un estremo da “prima fila” mentre da tecnico dei portieri quel posto se lo merita interamente.

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