Eriksson: "Scudetto Lazio, che emozione! Mancini allenatore in campo"

Eriksson: "Scudetto Lazio, che emozione! Mancini allenatore in campo"

Il tecnico svedese ripercorre le tappe della sua carriera: "Con la Roma sfiorai il tricolore. La morte di Mihajlovic un dolore enorme, ci eravamo sentiti una settimana prima"

Paolo Colantoni/Edipress

05.02.2023 00:38

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Settantacinque anni e non sentirli. In occasione del suo compleanno, Sven-Göran Eriksson apre l’album dei ricordi: una carriera straordinaria fatta di successi, avventure e innovazioni. Dagli esordi al Benfica alla prima tappa italiana alla Roma, con lo scudetto perso in extremis: dalle vittorie europee, alla rivincita con la Lazio fino alle esperienze sulle panchine dell’Inghilterra, del Messico, della Costa d'Avorio e delle Filippine. La storia del “perdente di successo” capace di trasformarsi in uno degli allenatori più vincenti e apprezzati del panorama internazionale. Uno dei primi a ricorrere al turnover e a creare una nuova generazione di allenatori: da Mancini a Mihajlovic, da Nesta a Lampard, fino a Gerrard e Conceiçao. Sono tanti gli allievi che hanno dichiarato di ispirarsi a lui come allenatori.

Mister Eriksson, come ci si sente a 75 anni guardandosi alle spalle?

“A parte una piccola influenza che mi ha bloccato in questi giorni (ride ndr) bene. E ancora in forma. Sento di poter dare ancora tanto al calcio e mi sto impegnando nel ruolo di Direttore Sportivo. Ora sono in Svezia nel Karlstad BK. E guardo tante partite”.

Anche la Serie A?

“Certo, il campionato italiano, la Premier, la Liga. Mi piace tenermi aggiornato. Oggi, rispetto a qualche anno fa, è molto più facile vedere il football in televisione”.

Nella sua carriera pensa di aver ottenuto il massimo o ci sono dei rimpianti?

“Se uno si guarda alle spalle è normale vedere quello che si poteva fare meglio. E di rimpianti se ne trovano sempre tanti. Ma io non sono fatto così. Non sono uno a cui piace guardarsi alle spalle e piangersi addosso. La vita è bella e va vissuta giorno dopo giorno. E poi credo di aver ottenuto e vinto tanto”.

A Roma, prima di trionfare con la Lazio nel 2000, ha perso due scudetti: con la Roma nel 1986 e con i biancocelesti nel 1999. Rimpianti?

“Potevo vincere di più: lo scudetto alla Roma, quello con la Lazio perso alla penultima giornata e soprattutto la Champions League con i biancocelesti. Eravamo una squadra davvero forte e potevamo portare a casa altri trofei”.

In biancoceleste però ha vinto uno scudetto incredibile.

“Soprattutto per come è arrivato. È stato bello, emozionante. Abbiamo fatto felici tanti tifosi che aspettavano da anni di tornare a vincere il campionato. Se penso a quegli anni è chiaro che, il rammarico c’è, ma anche la gioia e l’enorme soddisfazione di aver vinto uno scudetto in modo unico”.

Quando ha accettato la panchina dell’Inghilterra, pensava che il suo ciclo a Roma si era chiuso?

“Era una grande occasione. Un lavoro importante e volevo provare questa avventura. Se ho fatto bene oppure no ad accettarlo e a lasciare la Lazio, non so dirtelo. Ma valeva la pena tentare”.

Mancini, Mihajlovic, Nesta, Conceiçao. Ha cresciuto un lungo elenco di allenatori.

“Ma io ho fatto poco per loro. Erano già allenatori da giocatori. Si vedeva che avevano la stoffa. È stato un piacere lavorare con loro e non è stata una sorpresa vederli protagonisti in panchina”.

Su tutti c’è qualcuno che l’ha sorpresa?

“Dico il contrario: sarei stato sorpreso se Mancini non avesse fatto la carriera che ha poi realizzato. Era la mia guida in campo e si vedeva che ragionava già da allenatore”.

Come ha vissuto la malattia e gli ultimi giorni di Sinisa Mihajlovic?

“Malissimo. Un dispiacere enorme, che ho vissuto con grande tristezza. Un uomo giovane, forte, non può finire così. Mi dispiace tanto per la sua famiglia. Lo avevo sentito una settimana prima della sua morte e ogni volta che ci penso sento un peso enorme sul cuore”.

Con la nazionale inglese poteva fare meglio?

“Fare due Mondiali ed uscire entrambe le volte ai quarti di finale è dura da digerire, ma soprattutto nel 2006 potevamo fare di più: eravamo una squadra fortissima e non dovevamo uscire con il Portogallo”.

Mister, tra i tecnici di oggi, c’è un Sven-Göran Eriksson?

(Ride ndr)… “Non mi faccia dire queste cose: non sono mai stato bravo. Questo dovete dirlo voi”.

 

 

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