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Neymar 2018 come Pelé 1966© AFPS

Neymar 2018 come Pelé 1966

I calci presi contro la Svizzera dalla stella del PSG hanno ricordato alla lontana quelli che nel 1966 il vincitore di tre Mondiali prese da Bulgaria e Portogallo. Anche se forse all'epoca c'era un disegno ben preciso, al di là del fatto che i talenti fossero meno protetti dalla violenza...

Stefano Olivari

18.06.2018 15:39

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Nel calcio di oggi soltanto Neymar e pochi altri hanno il coraggio di sfidare gli avversari con un dribbling, più o meno irridente. Questo non significa che debbano essere massacrati di falli, oltretutto in un’epoca in cui gli attaccanti sono per altri versi fin troppo tutelati con il risultato di gonfiare tante statistiche e di sottovalutare i giocatori del passato. Nella partita d’esordio mondiale del Brasile Neymar ha subito 10 falli, contando solo quelli effettivamente sanzionati: era da Francia ’98 che qualcuno non ne subiva tanti in un Mondiale (Alan Shearer contro la Tunisia), mentre restringendo il discorso al Brasile bisogna tornare a Inghilterra 1966, al Pelè contro la Bulgaria. La stella del PSG, che valuterà il suo futuro di club dopo il Mondiale, ha preso con filosofia i calci di Behrami e degli altri svizzeri, ma è chiaro che tutti stanno pensando ai trattamenti da lui subiti 4 anni fa, con il fallo di Zuniga (ginocchiata alla schiena, con frattura di una vertebra) che lo tolse di mezzo nei quarti. Difficile il verificarsi del Mineirazo contro la Germania con in campo lui e lo squalificato Thiago Silva. 

Impossibile invece non ricordare il Mondiale 1966 e il trattamento a cui fu sottoposto Pelé, che aveva la stessa età di Neymar oggi (26 anni) e uno status senz’altro superiore per ciò che aveva già vinto con il Brasile e con il Santos. Pelé si avvicinò all’appuntamento inglese con grandi aspettative: pochi giorni prima dell’inizio diede spettacolo in un’amichevole nella ‘sua’ Stoccolma, contro l’AIK: due gol, contro una squadra rinforzata da Kurt Hamrin che era lì in vacanza, e momenti di arroganza tecnica assoluta. Ancora due gol pochi giorni contro il Malmoe, prima della partenza per Liverpool, e media di tutto il mondo impazziti per una squadra che prima del Mondiale aveva disputato in Europa ben 12 amichevoli amichevoli vincendone 10 e pareggiandone 2. In proporzione all’epoca, una pressione ben superiore a quella che deve sopportare oggi Neymar, anche se con il vantaggio di condividerla con altri grandi firme come Garrincha, Djalma Santos e Gilmar.

Nel ritiro di Lymm Pelé viene più volte richiamato da Feola perché in allenamento sta facendo troppi numeri, ma lui gli risponde che non si è mai sentito così bene. Martedì 12 luglio l’esordio contro la Bulgaria, che annuncia quella che oggi chiameremmo gabbia per Pelé. La gabbia e le botte non impediscono a Pelé di dare spettacolo e di segnare il primo gol del Mondiale (Inghilterra-Uruguay del giorno prima era finita 0-0) con un gran calcio di punizione. Risultato poi perfezionato da Garrincha, anche lui su punizione, in un crescendo di entusiasmo per una squadra che appare lanciata verso la conquista definitiva della Coppa Rimet. Nel dopopartita Pelé, cioè uno abituato ad entrate criminali (soprattutto in patria, a dispetto dei luoghi comuni), dice che in vita sua non ha mai preso tanti calci come con la Bulgaria, in particolare da Zekev. L’arbitro, il tedesco occidentale Tsenscher, ha lasciato fare di tutto e anche di più.

La seconda partita, il 15 luglio contro l’Ungheria sempre a Liverpool, vede Pelé regolarmente in formazione, intendendo proprio le formazioni ufficiali distribuite pochi minuti prima della partita. Ma in campo Pelé non c’è e dallo staff medico brasiliano arrivano varie informazioni, in un crescendo di confusione tipo Ronaldo 1998. Ha il ginocchio destro gonfio, no anzi è il sinistro. Ha uno stiramento alla coscia. Sta bene, ma è affaticato. Un autentico giallo, al momento, con una verità però semplice: Pelé è al limite e potrebbe in teoria giocare, ma Feola ritiene che l’Ungheria possa essere battuta anche senza il suo miglior giocatore, da conservare quindi per le partite decisive. Non siamo al Leonidas 1938 non schierato contro l’Italia, ma quasi. L’Ungheria comunque vince 3-1 e così diventa decisiva la sfida con il Portogallo di Eusebio. In allenamento anche il Pelé acciaccato continua a fare prodezze, giocando anche in porta come spesso avviene quando è su di giri: ha dolori dappertutto, soprattutto al ginocchio destro, ma anche tanta fiducia in se stesso. 

E veniamo al 19 luglio, fatidico anche per noi essendo il giorno di Italia-Corea del Nord a Sunderland. Si è creata una situazione per cui i campioni del mondo devono battere una delle nazionali più forti del momento, se vogliono passare ai quarti. Il Portogallo non ha picchiatori di fama, ma a Goodison Park per Pelé il trattamento è specialissimo e ben più duro (ci sono le immagini) di quello riservato dalla Svizzera a Neymar. Le informazioni circolano anche nel 1966 e i portoghesi vengono a sapere che il problema di Pelé è al ginocchio destro. Così inizia un martellamento quasi scientifico, perfezionato prima da Coluna e poi da Moraes. Pelé viene portato fuori dal campo a braccia, rientra fasciato e zoppicante: non ci sono sostituzioni e prova qualche giocata eroica. Il Portogallo vince 3-1 con l'aiuto di Manga (buon portiere in giornata nera) e due gol di Eusebio: Brasile a casa. Nel dopopartita Pelé perde tutte le sue certezze e in lacrime parla di un possibile ritiro, a nemmeno 26 anni… Giocherà per altri 11, chiudendo la carriera nei Cosmos. Di culto una dichiarazione di Joao Havelange, grande capo dello sport brasiliano ma non ancora della FIFA (lo diventerà nel 1974, grazie al sostegno dell'Adidas), che spara bordate contro la FIFA, presieduta dall'inglese Stanley Rous, asserendo di aver voluto in maniera premeditata far fuori il Brasile per spianare la strada all’Inghilterra. Arbitro di Portogallo-Brasile? George McCabe, inglese. Un Mondiale tendente allo sporco, come poi anche i quarti avrebbero dimostrato.

Adesso non vogliamo dire che Neymar nella storia del calcio abbia la stessa importanza di Pelé, anche se in Brasile è oggetto di un culto paragonabile a quello di Pelé e soprattutto a quello di Garrincha. Però le botte prese con la Svizzera hanno il merito di ricordarci che per i giocatori di talento le cose erano molto peggiori prima, con buona pace di chi compila classifiche di bravura in base a statistiche drogate.

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