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La Germania multinazionale di Löw© AFPS

La Germania multinazionale di Löw

Fra i 27 preconvocati del riconfermatissimo allenatore per Russia 2018 ce ne sono ben 8 che in passato avrebbero potuto scegliere un'altra squadra. Non è soltanto statistica, visto che la polemica sul caso Özil-Gündogan ha coinvolto anche la Merkel...

Redazione

16.05.2018 12:10

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Avendo da poco firmato con la DFB fino al 2022, Joachim Löw potrebbe diventare il secondo più longevo commissario tecnico nella grande storia della nazionale tedesca. In carica dal 2006, quando dopo il Mondiale casalingo passò da vice di Klinsmann a capo-allenatore, Löw arrivando a 16 anni supererebbe i 14 di Helmut Schön (nel suo caso più correttamente bisognerebbe parlare di Germania Ovest) ma non i 20 di Sepp Herberger (6 nella Germania hitleriana e 14 in quella Ovest del dopoguerra). Statistiche interessanti, ma meno dell’attualità che ha visto Löw preconvocare 27 elementi per il Mondiale, che dovranno diventare 23 entro il 3 giugno. Quasi un atto di fede la chiamata di Manuel Neuer, che di fatto non gioca da un anno, poche le situazioni dubbie e un solo vero caso politico-sportivo, uno solo ma gigantesco.

Ci riferiamo a Mesut Özil e Ilkay Gündogan, che insieme a un altro calciatore tedesco ma di famiglia turca, Cenk Tosun (da qualche mese all’Everton) hanno avuto di recente un incontro con il presidente turco Erdogan. Non si sono limitati ai convenevoli con quello che di fatto è un dittatore, incredibilmente tollerato dall'Europa, ma si sono fatti volentieri strumentalizzare per foto e sorrisi vari, con dono delle maglie e una dedica (di Gündogan) che ha fatto impazzire media e pubblico tedeschi: ‘Al mio presidente’. Ira giustificata anche di Angela Merkel e nessuna difesa da parte di Löw che però ha anche chiarito che questa vicenda non influirà sulla loro eventuale convocazione definitiva per il Mondiale. Da notare che l’incontro non era certo un obbligo, visto che un altro invitato come Emre Can, aveva detto di no.

Una storia destinata forse ad essere dimenticata, ma che tocca un nervo scoperto e che ogni volta che Özil o Khedira non cantano l’inno tedesco fa riflettere non sugli aspetti giuridici della nazionalità ma sul senso di appertenenza. Guardando la lista dei 27 si nota che ben 8 giocatori avrebbero potuto, effettuando la scelta nei tempi giusti, optare per un’altra nazionale: Jerome Boateng (Ghana), Rüdiger (Sierra Leone), Tah (Costa d’Avorio), Khedira (Tunisia), Sané (Senegal), Gomez (Spagna) e appunto i turchi Ozil e Gundogan. 8 su 27, quasi un terzo. Il senso di appartenenza è difficile da misurare, anche se parliamo di ragazzi tutti nati e cresciuti in Germania (ma le seconde generazioni hanno dinamiche psicologiche strane, come in Francia è più evidente), mentre non è discutibile la convenienza: quella di far parte di una delle nazionali più vincenti del mondo e quella di essere considerati comunitari, quindi con un futuro assicurato nel calcio europeo. Ogni storia personale è comunque un caso a se stante, di sicuro sono molto più ‘veri’ gli 8 convocati tedeschi rispetto agli oriundi e naturalizzati che in tanti, Italia compresa, hanno utilizzato in tempi recenti. 

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