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Gino Corioni, quando la provincia non è provinciale

Gino Corioni, quando la provincia non è provinciale

Redazione

09.03.2016 ( Aggiornata il 09.03.2016 10:30 )

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I tifosi del Brescia e del Bologna dovrebbero essere grati a Gino Corioni per tutto ciò che ha fatto per le loro squadre, ma la storia recente ci ha detto che le cose non sono andate così e non ci riferiamo soltanto agli ultras. Di sicuro l'imprenditore bresciano nel settore dei sanitari, diventato cavaliere del lavoro per meriti reali e non per la visibilità sportiva (lo diventò nel 1982 con Pertini, prima della notorietà mediatica), non ha mai usato il calcio come un trampolino per altre sue attività o per un ingresso in politica, ma lo ha sempre considerato un valore in sé. Prima l'Ospitaletto, poi il Bologna portandolo dalla serie B alla Coppa UEFA insieme a Gigi Maifredi (uno dei suoi allenatori del cuore, insieme a Mircea Lucescu), infine il suo Brescia dove nell'arco di 24 anni di proprietà (rilevò il pacchetto di maggioranza nel 1990, ma poté diventare presidente soltanto due anni dopo) sono transitati fenomeni (Baggio, Hagi e Guardiola su tutti) e tanti buoni giocatori, con la situazione finanziaria che è precipitata soltanto nel 2014, fra debiti e stipendi non pagati: da lì è partito il complesso salvataggio del club, con le dimissioni di Corioni ed il passaggio delle quote a una finanziaria, con Rinaldo Sagramola amministratore delegato. Corioni è stato uno dei primi presidenti ad introdurre la multiproprietà, ormai sdoganata nella versione ufficiosa, ma di certo non è che ne abbia mai tratto grandi vantaggi. Al suo attivo ben cinque promozioni in serie A (ovviamente cinque anche le retrocessioni in B) e il fatto di non considerare il Brescia un mero strumento per i suoi traffici. Non è retorica dire che il Brescia fosse la sua famiglia: Alessandro Quaggiotto, centrocampista con Maifredi al Bologna e qualche anno più tardi al Brescia, ha sposato una delle figlie di Corioni, Antonella, e suo figlio Nicolò nelle giovanili del Brescia è cresciuto. Corioni ha messo più soldi nel calcio di quanti ne abbia ricevuti, con il dolore di giocare in uno degli stadi più brutti e scomodi d'Italia (chiaramente tutti i progetti erano stati accantonati di fronte a muri di gomma istituzionali) e ha fatto conoscere il nome del Brescia in mezzo mondo. Era uno degli uomini più ascoltati in Lega e mai ha accettato la marginalità della provincia a cui tanti colleghi presidenti si sono invece, per tanti motivi, adattati.

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