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Il direttore sportivo Mancini

Il direttore sportivo Mancini

Redazione

28.01.2016 ( Aggiornata il 28.01.2016 12:43 )

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Roberto Mancini è meglio come direttore sportivo-selezionatore che come allenatore? Se lo chiedono molti tifosi interisti, dimenticando che in estate il terzo posto da preliminare Champions sembrava l'obbiettivo massimo fra quelli sognabili (adesso comunque la squadra è quarta, dietro alla Fiorentina), ma in parte se lo sta chiedendo anche lui stesso da ben prima della sconfitta in Coppa Italia con una Juventus che ormai ha messo il pilota automatico. Per questo è entrato in lizza per il dopo-Conte in azzurro già da qualche settimana, da prima che la sua Inter calasse a livello fisico e di gioco, crollando come risultati nonostante gli avversari non sempre fossero la Juventus. Il dopo-Conte dovrebbe iniziare entro metà febbraio, quando l'attuale c.t. comunicherà a Tavecchio la sua decisione. Ha il Milan in mano, pur non avendo ancora niente di scritto, ma soprattutto ha ancora un'immagine di vincente che nel dopo Europeo potrebbe non essere più tale. È insomma al massimo del suo potere contrattuale. Come al solito la panchina azzurra piace soprattutto a chi in quel momento non ci è seduto sopra.

Quanto a Mancini e a questa pseudo exit strategy, per il momento scritta soltanto ai tavoli di certi ristoranti, evitiamo nuovi scenari Thohir-Moratti che sono nella testa soltanto dei diretti interessati e che si definiranno una volta per tutte soltanto il prossimo ottobre. Ma è evidente che la ricostruzione dell'Inter è nella sua fase più difficile, quella del passo decisivo verso l'alto. Che cosa è cambiato nell'ultimo mese, diciamo dalla sconfitta prenatalizia con la Lazio ad oggi? Prima di tutto Mancini ha perso Felipe Melo, l'uomo chiave del centrocampo che aveva in mente. Già negativo contro la Lazio, la meritata espulsione e le meritate tre giornate di squalifica gli hanno fatto saltare tutto gennaio e il rientro con il Carpi non è stato certo luminoso, mentre con la Juventus è naufragato come gli altri. Certo è che con quello ritenuto un uomo chiave qualcosa si è rotto dopo il fallo su Biglia e la conseguente litigata (con lui e con altri, ma per motivi opposti e cioè l'eccesso di mollezza).

In secondo luogo il calo fisico è stato evidente: nelle partite di gennaio soltanto in quella persa contro il Sassuolo la condizione atletica (con relative occasioni da gol, anche se sprecate) è sembrata degna dei mesi precedenti. Assurdo dare la colpa alla preparazione: gennaio storicamente è sempre stato un buon periodo per le squadre di Mancini, quando le ha guidate già dall'estate. C'è qualcosa di peggiorato nella testa di diversi giocatori, da Icardi in giù, oltre a qualche infortunio che ha limitato i migliori (esempio: Murillo). La terza considerazione che si può fare è che soltanto Liajic è in grado di creare qualcosa dal nulla, in una squadra che non ha una precisa identità tattica. Valeva anche nei mesi con buoni risultati, quando Mancini non confermava la stessa formazione e nemmeno lo stesso modulo per due partite di fila (si sono viste anche due prove di difesa a tre, con esiti modesti), a maggior ragione vale adesso. Non avendo il mitico 'regista', quello che nella disamina tattica del tifoso manca sempre, di base la migliore Inter manciniana si è vista con il 4-3 e qualcosa, con Felipe Melo centrale dei tre, ma con qualsiasi assetto i tiri in porta sono rimasti pochi.

E quindi? Mancini rimane di gran lunga il miglior acquisto della gestione Thohir, senza di lui questo club sarebbe allo sbando. Gli ha dato un'identità tecnica e un'immagine, oltre che una credibilità nei confronti dei giocatori presenti e potenziali. Adesso si trova nella stessa situazione di dieci anni fa: dopo aver fatto bene deve vincere. Le avversarie, a partire dalla stessa Juventus, sono di una cilindrata inferiore rispetto allo scorso decennio, come del resto lo sono anche l'Inter e il resto del calcio italiano. La missione non è impossibile, se la squadra è quasi in Champions con l'assetto attuale: una solida classe media, a cui manca un po' di talento (non necessariamente l'Ibra giovane), già c'è. Più che un nuovo tattico (Fumagalli, vecchia conoscenza al Galatasaray, sostituirà Bacconi), che riveli a Mancini schemi finora sconosciuti, servirà insomma Eder.

Twitter @StefanoOlivari

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