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Di Maria al PSG, la sconfitta di van Gaal

Redazione

27.07.2015 ( Aggiornata il 27.07.2015 08:00 )

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Non serve l'ultimo modello di un binocolo astronomico né la furbizia di una volpe per rendersi conto dell'utilità di Angel Di Maria su un campo da calcio. L'argentino sta per lasciare l'Inghilterra dopo una sola stagione - sì bruttina e lontana dai fasti di Madrid - per allietare le passeggiate feriali dei parigini nel giardino delle Tuileries. La cifra è di quelle importanti, 63 milioni più bonus, una nullità - nella sua follia - se rapportata ad altri affari di mercato già chiusi. Il Fideo paga per colpe non sue. Partito col piede giusto, 2 gol e 2 assist nelle prime 3 partite, si è ritrovato sballottolato per volere di van Gaal da una parte all'altra del campo, alla ricerca dell'identità perduta. Davanti ha cambiato tre partner (Rooney, van Persie, Falcao), poi a sinistra, poi in mezzo, poi a destra, poi le tante panchine. Non il massimo per un ragazzo che arrivava dalla sua annata migliore, dalla décima con il Real e dalla finale mondiale con l'Albiceleste. Cosa dire, invece, del centravanti colombiano, anche lui finito nello scacco matto del tulipano di ferro? Svanito il giubilo di settembre («Falcao? Un'opportunità che non potevamo lasciarci sfuggire, è uno dei più grandi»), scoppiata la guerra di inizio 2015 («Non avevo posti per altri attaccanti»), è entrato giornata dopo giornata sempre più in confidenza con il sedile della panchina, tant'è che a volte gli si preferiva il piccolo Wilson, 19 anni. Quarto posto finale in Premier, ok in Champions, ma dai preliminari. Forse un po' striminzito come risultato se andiamo a guardare le uscite finanziarie dello United con i vari Herrera, Shaw, Blind, Rojo. Tornando all'elogio di quella stupenda canaglia, che è il fenomeno di Rosario, è quantomeno doveroso ringraziare Carlo Ancelotti, per il percorso di crescita e per la maturità che Di Maria ha mostrato nella capitale spagnola, diventando elemento determinante dopo la trasformazione in mezzala e garantendo, strano a dirsi per la più pura delle ali, l'equilibrio perfetto che difettava sulla corsia di sinistra per - giustamente - Cristiano Ronaldo e le sortite offensive di Marcelo. Tutte qualità che ha sbattuto con prepotenza, non per noi che abbiamo avuto il privilegio di ammirarle, nei giorni di Rio, nella fattispecie nel match degli ottavi (con gol) contro la Svizzera. van Gaal ha lasciato cadere per strada, volontariamente, il passe-partout, ma conoscendolo avrà i suoi buoni motivi. Si giudica il già visto, non quello che verrà. Quindi, per il momento, l'olandese perde ai punti anche se, sulla carta, sta venendo fuori davvero un bel Manchester. @damorirne

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