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Il cielo è azulgrana sopra Berlino

Il cielo è azulgrana sopra Berlino

Redazione

07.06.2015 ( Aggiornata il 07.06.2015 00:11 )

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Qualunque analisi inerente al match dell’Olympiastadion di Berlino non può che cominciare coi complimenti alle due squadre. Complimenti al Barcellona, che si aggiudica la quinta Champions League della sua storia, la quarta negli ultimi dieci anni. E complimenti alla Juventus, che si è arresa solo al fischio finale di una finale tirata e combattuta. Partendo da sfavorita, la Signora ha tenuto testa a una squadra che in questa stagione ha viaggiato praticamente senza intoppi, asfaltando squadre molto più quotate della formazione di Allegri, come Manchester City, Paris SG e Bayern Monaco. La Juve è andata sotto subito, senza perdere però la bussola. Una mazzata del genere poteva far sbandare la squadra, soprattutto contro un attacco atomico come quello blaugrana, che può vantare capocannoniere e vicecannoniere della manifestazione. Invece, l’undici di Allegri ha tenuto fede alle dichiarazioni della vigilia, quando i suoi principali interpreti avevano garantito che non avrebbero svolto il ruolo della vittima sacrificale. La Juventus, dopo lo 0-1, ha lasciato il pallino del gioco ai blaugrana senza capitolare, sapendo bene che un doppio svantaggio sarebbe stato una pietra tombale sulle speranze di acciuffare il titolo, e con pazienza, a inizio ripresa, ha preso coraggio alzando il proprio baricentro e trovando il momento propizio per colpire attorno al 10’ della ripresa, con Alvaro Morata, uno dei migliori della serata juventina. Il pari dell’ex madrileno, curiosamente segnato allo stesso minuto della rete che aveva zittito il Bernabeu, ha dato nuova linfa a Pirlo e compagni, e in quei momenti, come ammetterà Buffon a fine match, si aveva quasi l’impressione di poter andare ad accarezzare quella Coppa così tante volte sfuggita all’ultimo assalto (con questa, sono sei le sconfitte juventine in finale. Purtroppo, un record). Dopo il pari, la Juve ha spinto forte, senza però trovare il gol del sorpasso, e come spesso accade in questo sport, ecco puntuale arrivare la beffa. Il 2-1 di Suarez ha riportato avanti i catalani proprio nel momento più difficile della sfida. Tornata a rincorrere, Madama ha volenterosamente cercato il nuovo pareggio, inserendo pure una terza punta, Llorente. Le occasioni però sono capitate ai torinesi solo dalla distanza e Ter Stegen non ha corso più seri rischi, soprattutto quando Luis Enrique, che ha studiato in Italia, ha inserito un difensore in più, Mathieu. Non è andata bene, ma nulla si può rimproverare ai bianconeri, che hanno dato tutto. Il pubblico ha capito lo sforzo dei propri ragazzi, applaudendo i propri beniamini. Quanto al Barcellona, ancora una volta ha colpito il suo trio delle meraviglie, andato a segno per due terzi, pur non essendo nella miglior serata. Suarez ha riportato il Barça avanti, Neymar (che si è visto pure annullare un gol per un tocco di mano) ha messo la ciliegina sul risultato, arrotondando il punteggio e rendendolo sin troppo severo nei confronti della Juve. Non ha bussato Messi, risolutivo invece nelle finali del 2009 a Roma e del 2011 a Wembley. Doveva essere la festa di Xavi, al passo d’addio dal Barcellona, e così è stato. Il suo ingresso in campo al posto di Iniesta (autore dell'assist del primo gol) è stato il degno saluto di uno dei campioni più forti dell’ultimo decennio. È stata anche la finale di Rakitic, uno degli eroi meno attesi della finale: per il croato è il secondo trionfo continentale consecutivo (lo scorso anno vinse l'Europa League con il Siviglia). Il tecnico Luis Enrique festeggia uno storico triplete, il secondo della storia del Barça: per l’ex allenatore della Roma, un finale memorabile, per una stagione nata sotto altri auspici. Nell'eliminazione diretta, la sua formazione ha fatto fuori nell'ordine i Campioni d'Inghilterra, di Francia, di Germania e d'Italia. La Champions è probabilmente finita nelle mani che più la meritavano. Giovanni Del Bianco @g_delbianco

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