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Juve-Barcellona, il giorno della verità

Juve-Barcellona, il giorno della verità

Redazione

06.06.2015 ( Aggiornata il 06.06.2015 10:26 )

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Il cammino delle due compagini, gli uomini-chiave, i precedenti. Quello che c’è da sapere sulla finalissima di Berlino.

IL PERCORSO DELLE DUE SQUADRE Il Barcellona in campo europeo è stato autore di una stagione praticamente perfetta: dieci vittorie e appena due sconfitte, quella in casa del Paris SG nella fase a gironi e quella all’Allianz Arena contro il Bayern nel ritorno della semifinale. K.o. quest’ultimo, totalmente indolore, visto che i blaugrana provenivano da una vittoria per 3-0 all’andata. Per il resto, nemmeno un pari. Solo tante vittorie, di cui alcune di qualità e autorevolezza: pensiamo ad esempio al successo esterno per 2-0 sul terreno dell’Ajax, al 3-1 contro il Paris SG nel match di ritorno dei gironi, che ha garantito il primato del proprio raggruppamento, al doppio successo sul Manchester City negli ottavi, o alle altre due sfide ancora contro il Paris SG nei quarti di finale, chiusi già dopo i primi 90’ con un 3-1 al Parco dei Principi. E infine, proprio al 3-0 contro il Bayern Monaco dell’ex Guardiola, spazzato via senza pietà al suo primo incrocio contro i catalani. Su questa corsa priva di intoppi, ha pesato ovviamente il tridente delle meraviglie Messi-Neymar-Suarez. Dieci gol il primo, nove il secondo, sei il terzo. Venticinque dei trenta complessivi segnati dai catalani. La Juve ne ha segnati quindici in tutto. Ciò per dare un’idea della forza dell’attacco. La squadra di Allegri invece ha costruito i suoi successi con una formazione più bilanciata, attenta alla fase difensiva: nella fase a eliminazione diretta, ne ha subiti tre in tutto, di cui uno su calcio di rigore. Il cammino dei piemontesi è stato un po’ più facile rispetto a quello degli avversari. Avversari come Borussia Dortmund e Monaco sono stati salutati con favore al momento dei sorteggi. Molte delle squadre affrontate sono capitate in stagioni di transizione, laddove il Barça andava a pescare i campioni d’Inghilterra e di Francia in carica. In semifinale c’era poco da scegliere e il sorteggio è stato equo: i detentori del torneo per la Signora, i favoriti della vigilia per il Barcellona. Detto della batosta inflitta al Bayern da parte dell’undici di Luis Enrique, il duello tra Juve e Real Madrid rappresenta al momento l’istantanea più nitida per quel che riguarda la stagione in corso. Madama ha accettato il suo ruolo di sfavorita e trascinata dalle prodezze del suo ispirato duo d’attacco Tevez-Morata (unici due giocatori ad aver segnato più di un gol nel corso di questa campagna europea), si è costruita l’impresa che ha spalancato le porte della finale. Il 2-1 ottenuto allo Stadium ha dato sicurezza in vista del ritorno, dove comunque sarebbe bastato uno 0-1 per vanificare tutto. E quando al Bernabeu,  il Real ha colpito con il rigore di Ronaldo e il sogno pareva giunto al termine, ecco l’acuto di Morata, fischiato ex, che ha rimesso la Juve col naso avanti e spalancato le porte di Berlino.

tevez

tridente barcellona

I PROTAGONISTI Berlino, già. Si è parlato molto di questa suggestiva sede, nella quale l’Italia raccolse il trionfo olimpico del 1936 e mondiale del 2006. In quest’ultima occasione, c’erano Buffon, Pirlo e Barzagli. I tre hanno l’occasione di ripetersi nello stesso stadio e ciò rappresenta uno dei tanti leit-motiv del match (un altro avrebbe dovuto essere il confronto tra Suarez e Chiellini, opposti per la prima volta dopo il Mondiale brasiliano. Confronto saltato negli ultimi giorni per il forfait di quest’ultimo). Per tutti e tre sarà probabilmente l’ultima chiamata per prendere possesso del titolo (Pirlo l’ha già vinto due volte ai tempi del Milan). Così come sarà l’ultima occasione per Carlos Tevez, il fromboliere che ha guidato la Juve fino all’ultimo atto. L’Apache aveva negli ultimi anni sviluppato una certa allergia ai gol continentali. Era bloccato e finito in una specie di sortilegio che ne appannava le prestazioni. Quest’anno è risorto: la doppietta al Malmö lo ha liberato dal tabù e da lì in poi è stato quasi sempre risolutivo, a maggior ragione nei match cruciali. Il suo marchio si è visto tutto nei tre gol complessivi rifilati al Borussia Dortmund. Quelli che hanno spinto la Juve a non accontentarsi di un’avventura andata appena più in là del previsto, ma di osare per arrivare fino in fondo. La sfida tra Tevez e Messi , infiammerà l’Olympiastadion: entrambi argentini, entrambi numero 10, entrambi decisivi nelle sorti delle loro squadre: la fame e la leadership dell’uno contro la classe immensa e infinita dell’altro, continuamente a caccia di record e trofei. Vada come vada, sarà probabilmente uno di loro due a strappare le copertine di giornali e riviste. I due sono finalmente tornati compagni di nazionale, dopo un assurdo ostracismo ai danni dell’Apache. E arrivano al massimo della forma all’appuntamento berlinese. Ma il duello tra i due fuoriclasse argentini non è il solo ad occupare le cronache: in Spagna ci si prepara all’ultima gara in blaugrana di Xavi, assieme a Pirlo il miglior regista degli ultimi anni. E proprio la presenza dei due centrocampisti, così “totali” e illuminanti sia a livello di club sia di nazionale, è un’altra chiave di lettura della gara anche se Xavi probabilmente non partirà nemmeno dall’inizio. Ad ogni modo, il fatto che sia un probabile panchinaro il giocatore più chiacchierato della vigilia fa capire la grandezza di questo giocatore e offre già un’idea della nostalgia che proveranno in Catalogna quando vedranno questo professionista esemplare andare a terminare la carriera in Qatar. Xavi e Pirlo, tre Champions League vinte il primo, due il secondo, un Mondiale a testa ed entrambi privati di un Pallone d’oro che avrebbero meritato e che magari è andato a finire a quelli da loro lanciati in porta.

buffon_pirlo

xavi_ I DUE TECNICI Per nulla amato dalla tifoseria bianconera, e visto dalla critica come un tappabuchi dell’ultimo minuto per sostituire il dimissionario Antonio Conte: l’inizio dell’avventura juventina non è stato facile per Max Allegri, giudicato frettolosamente e prima ancora che il suo lavoro avesse inizio. I primi mesi sono stati dei continui confronti col predecessore, che aveva ereditato una squadra proveniente da due settimi posti e l’aveva riportata al vertice in Italia. L’Europa poteva essere il rifugio per sfuggire agli incalzanti paragoni, e il livornese non se l’è fatta scappare: inanellando una serie di risultati utili si è spinto fino all’Olympiastadion di Berlino, sbugiardando proprio Conte, il quale si era detto convinto che la squadra avesse dato ormai il massimo. E che non si sarebbe potuta accomodare al tavolo dei grandi per diverso tempo. Il campo ha smentito l’attuale Ct della nazionale, liberando Allegri dai parallelismi. La sua Juve ha già piazzato l’accoppiata scudetto-Coppa Italia, che non le riusciva dal 1994-95, il primo della gestione Lippi, altro tecnico toscano capace di vincere al primo colpo, nonché l’ultimo sia ad aver condotto la Juve in finale di Champions (Manchester, 2003) sia ad averla portata alla vittoria del torneo più ambito (Roma, 1996).  Quello di Allegri è stato un capolavoro: ha proposto vari moduli, passando dalla difesa a tre, tanto cara a Conte, a quella a quattro, disegnando una Juve duttile e capace di leggere gli avversari anche a gara in corso; ha introdotto la figura del trequartista e inventato mosse geniali, l’ultima quella di Sturaro titolare contro il Real Madrid. Scudetto al primo colpo, come aveva fatto al Milan nel 2011: la sua squadra in campionato ha viaggiato alla grande, chiudendo con largo anticipo il discorso-scudetto.  E in Europa, mattone dopo mattone, ha costruito una squadra sempre più combattiva e vogliosa di spingersi oltre le proprie forze. Dopo il tumultuoso addio dal Milan, gli sono bastati pochi mesi per riqualificare la propria immagine. Stessa cosa fatta per altro dal suo avversario Luis Enrique: liquidato a Roma con troppa fredda e bollato come un Guardiola dei poveri,  ha raggiunto prima una comoda salvezza al Celta Vigo e poi si è accasato al Camp Nou, dove ha già vinto Liga e Coppa del Re, rimanendo anche lui, come Allegri, in lotta per uno storico tris, già riuscito al Barcellona nel 2008-09 (il Celtic nel ‘67, l’Ajax nel ‘72, il Psv nell’88, il Manchester Utd nel ‘99, l’Inter nel 2010 e il Bayern Monaco nel 2013 le altre ad aver compiuto tale impresa). Luis Enrique ha preso le distanze dal Barça di Guardiola: il suo calcio è più verticale, non più finalizzato su un possesso palla che porta a sfinire l’avversario, ma su movimenti rapidi utili a sfruttare la velocità e l’inventiva del tridente offensivo, dove l’attaccante non è più lo spazio, ma un attaccante “vero”, come Luis Suarez, comunque terzo marcatore della squadra (non solo nelle coppe, ma anche in campionato, dove ha totalizzato 16 reti), alle spalle dei due che gli girano ai lati, Messi (43 gol nella Liga appena conclusa) e Neymar (22).

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luis enrique L’OTTAVA FINALE Per entrambe, quella di Berlino sarà l’ottava finale della storia. I destini però sono stati ben diversi. Di sette finali giocate, la Juve ne ha vinte solo due (quella tragica contro il Liverpool nel 1985, di cui quest’anno ricorre il trentennale, e quella contro l’Ajax del 1996, vinta ai calci di rigore, dopo l’1-1 dei 120’), perdendo in cinque occasioni (nel 1973 cadde contro l’Ajax, nel 1983 contro l’Amburgo, nel 1997 contro il Borussia Dortmund, nel 1998 contro il Real Madrid e nel 2003 ai rigori contro il Milan). Una ulteriore sconfitta le darebbe il record solitario di k.o. in finale. Il Barça invece ha vinto in quattro occasioni (nel 1992, superò la Sampdoria ai supplementari, nel 2006 l’Arsenal, nel 2009 e nel 2011 il Manchester United) e perso in tre (nel 1961 contro il Benfica, nel 1986 contro la Steaua ai rigori, nel 1994 contro il Milan). Per la Juventus sarà dunque la seconda finale di Champions League contro una spagnola, per il Barça la terza contro un’italiana. Negli spagnoli ci sono ben otto giocatori reduci dalla vittoriosa campagna del 2011, mentre la Signora dovrà appellarsi all’esperienza dei suoi quattro giocatori che hanno già conquistato il trofeo: Pirlo (2003 e 2007), Evra (2008), Tevez (2008) e Morata (2014). Quest’ultimo, in caso di vittoria, conquisterebbe il secondo alloro consecutivo. L’ultimo a riuscirvi fu Eto’o nelle stagioni 2008-09 e 2009-10.

Giovanni Del Bianco @g_delbianco

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