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Allegri, la Champions del muro di gomma

Allegri, la Champions del muro di gomma

Redazione

23.04.2015 ( Aggiornata il 23.04.2015 11:00 )

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Senza Pogba e con un Pirlo in declino, per citare soltanto due nomi da copertina, Massimiliano Allegri al primo colpo con la Juventus ha già fatto meglio in Champions League di quanto abbia fatto Antonio Conte nelle sue due partecipazioni. Questo dice la contabilità wikipedistica (senza nulla togliere a Wikipedia, straordinaria invenzione che molti giornalisti saccheggiano senza citarla e scrivendo anche peggio), mentre la visione delle partite impone di aggiungere che al primo anno (il suo secondo sulla panchina bianconera) l'attuale c.t. della Nazionale fu eliminato ai quarti di finale, è vero, ma dal Bayern Monaco non ancora di Guardiola ma già strapotente, che poi andò anche a vincere quell'edizione in finale sul Borussia Dortmund di Klopp, mentre al secondo alla fine di un buon girone (in particolare le due partite con il Real Madrid, qualche mese dopo trionfatore) buttò via tutto a Istanbul. Nella Champions di Allegri, invece, c'è stato un ottavo di finale benissimo giocato ma contro la nona squadra della Bundesliga (considerando le stesse posizioni, sarebbe come vedere oggi Bayern-Milan) ed un quarto faticosissimo contro l'unica vera intrusa a questo punto della competizione. Dato a Conte ciò che è di Conte, bisogna dire che essere nelle prime quattro d'Europa è un traguardo pazzesco, dopo i miliardi di articoli sulla Premier League e il PSG, un traguardo che una squadra italiana non raggiungeva dal 2010 (Inter di Mourinho, sembrano pochi anni fa ma dal punto di vista economico sono passati secoli) e la Juventus dal 2003 (in pieno Lippi bis, con una squadra rosa ben più forte e ricca di quella attuale), nel cui raggiungimento la mano di Allegri non è stata un dettaglio. Visto che in quattro partecipazioni con il Milan (questa è la quinta totale della sua carriera, è in semifinale e non è ancora finita) è sempre arrivato alla fase a eliminazione diretta arrendendosi davanti ad avversari di pari valore (Tottenham) o irraggiungibili (Barcellona). Giocarsi la partita più importante della stagione con il 3-5-2 contiano che lui non ha amato nemmeno quando era su altre panchine è stato un segno di umiltà e intelligenza, raro per un allenatore a questi livelli. Che a un'idea di calcio molto concreta e con quel po' di fatalismo da ex calciatore (nessuno come chi ha ha giocato sa quanto conti la fortuna, siamo soprattutto noi a pensare alla lavagna), unisce un carattere che lo ha portato a sopravvivere in provincia e nelle metropoli, facendosi rimbalzare addosso lo scetticismo di ambienti diversi. Un muro di gomma, nel senso più positivo dell'espressione. Per questo la semifinale (provvisoria) è un premio soprattutto a lui e a un Andrea Agnelli che sta sentendo montare intorno a sé un clima di invidia che potrebbe portare nella prossima stagione a novità clamorose. E non ci riferiamo all'invidia dei presidenti di squadre che della Juve sono inseguitrici. Conclusione? Scegliendo un nome a caso dall'albo degli allenatori intelligenti (non lunghissimo, ma neppure corto: si possono occupare agevolmente tutte le caselle di A e B) può funzionare qualsiasi squadra ben costruita e con dietro una società forte. Chi pensa di risolvere tutto con il nuovo guru o con la figurina della situazione sta a guardare. Twitter @StefanoOlivari

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