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Un Djokovic minore per un brutto Roland Garros

Un Djokovic minore per un brutto Roland Garros

Redazione

05.06.2016 ( Aggiornata il 05.06.2016 20:37 )

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Novak Djokovic ha il suo Grande Slam, per adesso Career Slam. Forse l'edizione 2016 non era l'ultima occasione della vita per vincere il Roland Garros, però lui e Andy Murray hanno a 29 anni giustamente giocato come se lo fosse. Nervosissimi e autocritici anche più del solito, hanno mostrato un tennis che per i loro livelli è trattenuto, scendendo di livello rispetto a tutti i singoli punti di forza. In particolare Murray non ha avuto un servizio degno del 'nuovo' Murray e dopo aver vinto il primo set i suoi game di battuta sono quasi sempre stati incerti. Ma lo scozzese ha sotterrato anche molti rovesci incrociati, di solito sua arma letale, così come il serbo ha trovato soltanto a tratti la misura del dritto. Dopo 35 sfide nel tennis dei grandi, seguite alle innumerevoli in quello giovanile vissuto da coetanei quasi perfetti, gli strumenti per giudicare un Djokovic-Murray senza fare gli snobbettini ci sono tutti. Già che ci siamo, diciamo anche che è stata per il Roland Garros una bruttissima edizione, sia al maschile che al femminile, con due finali annunciatissime a cui ci si è avvicinati fra pioggia, ritardi, calo di pubblico, controprestazioni degli altri (pochi) favoriti, sciagure mediatiche (come giudicare le assenze per motivi diversi di Federer e Sharapova, unite all'infortunio di Nadal?) e un altro rinvio della presa del potere da parte della Next Generation maschile, che ha mandato ai piani alti soltanto un Thiem che rappresenta una delle poche grandi speranze contro il tennis robotizzato. In campo femminile Serena Williams ha perso il terzo Slam di fila da strafavorita, il secondo in finale (agli U.S. Open perse da Roberta Vinci in semifinale), contro una reale e stabile numero uno del futuro come la Muguruza, quindi si può almeno sperare in una sfida generazionale che duri ancora qualche anno, visto che la 34enne Serena non sembra in declino. Tornando a Djokovic, che ha quindi portato a 25-10 il suo bilancio senior contro il gemello non tanto diverso, ora o mai più: a Wimbledon sarà il favorito, contro mezzo Federer (rientra questa settimana a Stoccarda) e un Murray che comunque lì nell'unico scontro diretto lo ha battuto (era la finale 2013, con Lendl all'angolo di Murray), ma è chiaro che sull'erba i rischi si possono correre anche nei primi turni se si trova il Mahut della situazione. Intanto Djokovic si gode lo Slam più atteso, dodicesimo in carriera come Roy Emerson ma con tutt'altro peso specifico (l'australiano sfruttò l'assenza dei grandi veri, all'epoca della divisione fra professionisti e finti dilettanti), con davanti soltanto Federer (17), Sampras e Nadal (14). Impressionante, come impressionante è che non ci sia ancora un segnale di declino.

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