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Andy Murray e la stanza della figlia

Andy Murray e la stanza della figlia

Redazione

22.04.2016 ( Aggiornata il 22.04.2016 12:44 )

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Fino a qualche anno fa si diceva che le sconfitte di Andy Murray, intendendo per 'sconfitte' l'avere perso con Djokovic o Federer in una finale di Slam, dipendessero dalla madre allenatrice Judy e dalla troppa pressione che gli ha messo addosso fin dall'infanzia. Adesso che è allenato da Amelie Mauresmo è arrivato il turno della figlia appena nata (Sophia), come ha detto fra gli altri anche Annabel Croft, ex tennista britannica e attuale commentatrice. Questo ed altri interventi hanno spinto Murray, che non parla mai del proprio privato, a rilasciare un'interessante intervista al Daily Mail (parentesi: uno dei giornali che più aveva spinto sull'equazione 'famiglia uguale declino sportivo') in cui ha spiegato che la bambina non influisce sulle sue performance tennistiche e che in ogni caso preferirebbe essere un buon padre ad uno che vince tutte le partite, al di là del fatto che le due cose non siano in contraddizione. Da sottolineare che Murray è tuttora numero 2 del mondo dietro Djokovic e con il serbo ha giocato la finale degli ultimi Australian Open, oltretutto con la figlia che stava per nascere... Insomma, come potrebbero osservare certi single numero 700 del ranking, è una questione di prospettiva. Certo è che, basandosi anche su quanto visto a Monte Carlo, Murray sta cercando di cambiare il suo gioco stando più dentro al campo e quindi percorrendo meno chilometri, prendendosi poi più rischi sul diritto che certo non è mai stato il suo punto di forza: un po' scelta tattica, per non accontentarsi di belle sconfitte contro i Djokovic e i Nadal, un po' scelta per allungarsi la carriera visto che gli anni sono quasi 29 e quando la partita va oltre lo scozzese sembra meno brillante, ad altissimo livello, di qualche anno fa. Va anche detto che il Murray più 'cattivo' e meno lamentoso, quello che non a caso ha vinto Giochi Olimpici, US Open e Wimbledon, era quello che si avvaleva della collaborazione di Ivan Lendl, anche se probabilmente nemmeno l'ex numero uno del mondo gli farebbe nel 2016 colmare il gap con il gemello diverso DjokovicForse anche a questo sono collegate le sue recenti frasi sul doping (degli altri, ovvio), in cui commentava con piacere l'attuale attenzione della WADA nei confronti del tennis. Chissà a chi stava pensando.

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