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Il pagellone dei mondiali di Brasile 2014

Redazione

17.07.2014 ( Aggiornata il 17.07.2014 15:39 )

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MESSICO 7 – Si è arreso solo (non demeritando) contro l’Olanda, dopo aver brillantemente superato la fase a gironi, mettendo in serie difficoltà i brasiliani. Sprazzi di buon calcio da Giovani Dos Santos che, dopo le ultime due positive stagioni in Liga, ha confermato di non essere più un’eterna promessa, dal dinamico Herrera, omonimo del mister e autentiche prodezze in serie dell’acrobatico portiere Ochoa, giunto qui svincolato e ora appetito da diversi club. Ha tenuto in piedi la baracca spesso da solo assieme all’immortale Marquez, purtroppo autore del fallo decisivo che ha causato il rigore poi messo a segno da Huntelaar negli Ottavi di finale. Male il Chicharito Hernandez, ancora lontano da una forma accettabile, sul quale il tecnico non ha mai puntato. CROAZIA 5 – Al di là del buon esordio contro i padroni di casa verdeoro in una gara condizionata dalle scelte arbitrali, raramente gli uomini di Kovac, accreditati alla vigilia come una delle possibili outsider, hanno mostrato di meritarsi questo appellativo. Non fa testo la sonante vittoria contro il Camerun, si salvano il genoano Vraljko, meglio in avanti però, e il neo centrocampista del Barcellona Rakitic. A corrente alternata, come gli è capitato sinora nell’Inter, il baby Kovacic. CAMERUN 3 – Il peggior Camerun di sempre quello a cui abbiamo assistito in questa kermesse. Già le premesse non erano incoraggianti, con accuse alla federazione, l’ammutinamento dei giocatori e le minacce di non scendere in campo: di fatto è come se non l’avessero fatto. CILE 7 – Solo i legni, prima quello di Pinilla all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare, poi quello decisivo di Jara nella lotteria finale contro il Brasile, hanno impedito ai valorosi uomini di Sampaoli di proseguire la loro bella avventura Mondiale. Squadra che ha messo in mostra talento in gran quantità (in un Sanchez da copertina e in un Vidal seppur acciaccato), senso tattico (Aranguiz e Diaz) e tremenda solidità e concretezza (il combattente Medel e il rapido e puntuale Mena), avrebbe meritato miglior fortuna. SPAGNA 4 – Non è bastata la convincente (e ininfluente) vittoria contro l’Australia a risollevare il giudizio su una Roja apparsa decisamente stanca, in crisi di gioco (frastornata dopo la batosta all’esordio contro i pimpanti olandesi) e probabilmente al capolinea di un ciclo epocale, forse irripetibile. Ci sono tuttavia le concrete possibilità di costruirne subito uno nuovo, altrettanto promettente. Nel frattempo sono inesorabilmente da bocciare un Diego Costa giunto logorato al termine di una stagione lunghissima, un Casillas a tratti imbarazzante e, ebbene sì, molti della vecchia, plurivincente, guardia. AUSTRALIA 5 – Non avevano molte ambizioni i Canguri, capitati tra l’altro in un gruppo mica da ridere, con le prime due del Mondiale precedente e con un Cile in forte ascesa. Lotta e determinazione da sole non sono bastate, e non sarà facile ripartire in tempi brevi e tornare presto competitivi, quando all’orizzonte non si vedono talenti del calibro di Kewell e Viduka, i migliori giocatori della storia australiana. Con loro, e con un Cahill che è stato l’ultimo a mollare in terra brasiliana, la Nazionale ha ottenuto i suoi migliori piazzamenti: ora occorrerà tempo per lanciarne di nuovi. GRECIA 7 – Questa sì che è una vera squadra di lottatori, di calciatori che non partono mai sconfitti, nemmeno quando i pronostici e le avversità sembrano già avere emesso i loro verdetti. Organizzazione, senso tattico, grinta, il giusto mix creato tra veterani autentici (i pochi reduci dalla vittoriosa affermazione a Euro 2004 e altri mai domi come Maniatis o l’instancabile Samaras) e un pool di giovani da tenere d’occhio (su tutti il centrale difensivo Manolas che con Papastathopoulos ha spesso giganteggiato in difesa) sono stati gli ingredienti che hanno permesso agli uomini di Santos di giocarsi le loro carte fino all’ottavo di finale poi perso ai rigori contro la rivelazione Costa Rica. COSTA D’AVORIO 5 – Ennesima delusione per gli ivoriani, sui quali mi ero particolarmente sbilanciato in sede di presentazione sulle pagine del Guerin. Gli scarsi risultati, in quello che a differenza delle passate sfortunate partecipazioni era un gruppo tutto sommato agevole, sono dipesi dalla scarsa vena del loro uomo simbolo, Yaya Tourè, funestato comunque da un tremendo lutto occorso durante la competizione (la morte di un fratello) e da discutibili scelte del tecnico Lamouchi che non ha puntato sul “vecchio” campione Drogba, non potendo contare però su alternative plausibili ad alti livelli. GIAPPONE 4,5 – E’finito in modo un po’ inglorioso il ciclo di Zaccheroni alla guida dei giapponesi che, grazie a lui, avevano ottenuto grandi soddisfazioni, divenendo in pochi anni la realtà più importante del calcio asiatico. Un solo punto conquistato nella fase a gironi, un gioco che il più delle volte ha latitato e dove si è sentita la mancanza di un vero leader, visto il flop del fantasista del Manchester Utd Kagawa. URUGUAY 6 - Ok, ha passato il turno, eliminandoci senza particolari patemi, ma in pratica abbiamo assistito in presa diretta alla fine di un ciclo vincente (affermazione in Copa America, e prima ancora semifinalista ai Mondiali sudamericani). Certo, una fine meno roboante di quella del tiqui taca spagnolo, ma pur sempre il canto del cigno per molti senatori che hanno dato tutto in questi anni per la causa. Si ripartirà da Caceres e dai due califfi offensivi Cavani e Suarez, entrambi però più ombre che luci in questa competizione: specie per l’attaccante del Liverpool queste continue cadute d’immagine finiranno per fargli perdere credibilità a livello internazionale. ITALIA 4 – Vittoria iniziale contro i modesti (col senno di poi) inglesi, nulla è da salvare per il team azzurro, giunto in Brasile in disastrosa condizione fisico –atletica (i nostri da questo punto di vista sono stati nettamente i peggiori in assoluto, non ne avevano proprio), in crisi a livello tattico, spaccati dal punto di vista dei rapporti umani, alla faccia del tanto decantato spirito di gruppo, e con un evidente ridimensionamento tecnico. Che sia la volta buona per resettare tutto? INGHILTERRA 4,5 – Mezzo voto in più rispetto ad altre big come Italia e Spagna, solo perché in fondo non ci credevano poi tanto nemmeno loro, le aspettative non erano granchè, se non che il primo turno doveva comunque essere alla portata. Così non è stato, nonostante si siano messi in mostra, confermando quanto fatto lungo tutta la stagione di Premier, giovani come Sturridge, Sterling e in parte Barkley, al cospetto di gente come Gerrard, palesemente in difficoltà nel ruolo di mediano puro. SVIZZERA 7 – Partiti in sordina con una sofferta vittoria all’ultimo respiro contro l’Ecuador, gli uomini di Hitzfeld hanno poi saputo rimediare al tonfo contro i cugini francesi, riprendendosi alla grande contro il malcapitato Honduras e mettendo alle corde negli Ottavi la più quotata Argentina, quando ormai i rigori parevano scontati. Altra Nazionale multietnica che in futuro sempre di più potrà essere competitiva visto l’affacciarsi di altri talenti che andranno ad aggiungersi agli ancora giovani Seferovic, Xhaka, Drmic, Schar e soprattutto Shaquiri. ECUADOR 6,5 – Non partiva certo con i favori dei pronostici, tuttavia ha messo alle corde la Svizzera, pareggiato contro la Francia, oltre ad aver perentoriamente battuto i più agevoli corrispettivi dell’Honduras. E’ emerso in particolare l’attaccante Enner Valencia, solo omonimo dell’ala del Manchester (il cui contributo è stato invece appena sufficiente) autore di tutti e tre i gol della sua Nazionale. HONDURAS 4 - Zero punti, e in generale la sensazione di inadeguatezza a questi livelli. A livello puramente atletico si sarebbero mangiati a colazione ad esempio i nostri Azzurri ma sono completamente mancate le qualità tecniche e una valida organizzazione di gioco. NIGERIA 6,5- Partiti così così, quando contro i modesti iraniani parevano per lo più svagati e arrembanti, ma anche confusionari a livello tattico e carenti da un punto di vista tecnico, i nigeriani nel prosieguo della manifestazione hanno invece trovato compattezza e risultati anche se contro la Bosnia, in quello che a conti fatti ha deciso la graduatoria finale del girone, ha contato anche l’abbaglio del guardalinee che ha ingiustamente annullato un gol regolarissimo di Dzeko, assegnando viceversa quello loro, viziato da un evidente fallo di Emenike. Proprio il possente centravanti, assieme alla giovane freccia Musa, al laziale Onazi, purtroppo infortunatosi gravemente nella sfida persa agli Ottavi contro la Francia e al difensore Ambrose, abile sia in difesa che in fase di spinta sulla fascia, lui centrale in origine, ha rappresentato il meglio della Nigeria in questi Mondiali. BOSNIA 5,5 – Seppur non demeritando, la Bosnia è uscita subito dalla competizione iridata. E’ vero, era una matricola assoluta a questi livelli ma con uomini del calibro di Dzeko, Pjanic. Lulic ma anche Ibisevic e il promettente Hajrovic si poteva e doveva fare di più, errori arbitrali a parte che hanno compromesso il risultato nella sfida contro la Nigeria. IRAN 5,5 – Un solo punto conquistato ma anche un paio di buone prestazioni al di là dei risultati. Certo, ha pagato la scarsa esperienza internazionale della quasi totalità dei loro rappresentanti, ma questa Nazionale a tratti ha dimostrato di non essere venuta in Brasile come squadra materasso. Si sono dimostrati all’altezza il laterale Hejdari, il veterano Dejagah, protagonista in Premier con il Fulham, il difensore Hosseini e soprattutto l’agile e potente punta Reza Ghoochannejhad, a segno per l’unico gol siglato dall’Iran. STATI UNITI 6,5 – Rispetto ad altre “rivelazioni”, alle altre squadre che hanno passato il turno sbaragliando i pronostici, gli Usa sono quelli che hanno forse giocato peggio sul piano puramente estetico, ma che hanno viceversa messo in mostra tante altre qualità, a partire dalla grande organizzazione di gioco, imposta da Klinsmann, vero uomo più della Nazionale statunitense, non solo coach ma ormai pienamente inserito in tutto il movimento calcistico americano. Bene l’inossidabile Jermaine Jones a centrocampo, il giovane terzino fluidificante Yedlin, l’esperto esterno Beasley, il veloce Zusi e il leader in mezzo al campo Bradley, vecchia conoscenza del calcio italiano. Ma in generale è stato tutto il gruppo a ben impressionare per coesione e forza. PORTOGALLO 5 - Una delle delusioni di questo Mondiale, i lusitani escono sì per differenza reti ma in generale non avrebbero meritato di passare al cospetto dei più determinati americani. Cristiano Ronaldo non era al meglio, lo si sapeva già dalla vigilia e questo può aver condizionato in negativo tutta la compagine di Paulo Bento, che non è riuscito a trovare valide alternative per sopperire alla precaria condizione di forma del suo campione. A corrente alternata Nani, in ombra Moutinho, infortunatosi presto Coentrao, inconcludenti gli avanti (annosa questione irrisolta quella del centravanti), ecco che per il Portogallo il girone eliminatorio si è dimostrato da subito ricco di insidie. GHANA 5,5 – A parte l’ottima figura mostrata contro i quotati tedeschi, dove una vittoria non sarebbe stata scandalosa, i ghanesi non hanno saputo incamerare altri punti che non in quella gara terminata in parità. Troppo poco per ambire al passaggio del turno, specie se nella gara decisiva ti vengono a mancare per motivi disciplinari due elementi chiave come Boateng e Muntari, specie quest’ultimo che fino a quel momento era stato tra i migliori. ALGERIA 7 – Superata agevolmente la fase a gironi, l’Algeria anche negli ottavi di finale ha dimostrato tutte le sue qualità, mettendo seriamente alle corde la Germania, uscendone sconfitta solo ai tempi supplementari. Non solo corsa e componenti agonistiche comunque, perché in realtà la squadra dell’esperto Halilhodzic ha messo in mostra anche talenti riconosciuti come Feghouli, uomo ovunque a metà campo, di qualità (nasce trequartista) e quantità, la punta Slimani ma anche i “nostri” Ghoulam e Taider, che hanno giocato col piglio dei veterani, nonostante la giovane età. RUSSIA 4- Al di là delle scelleratezze del portiere Akinfeev – due papere che sono costate parecchio in termini di punteggio – è tutto il movimento calcistico che pare in crisi in terra russa e a poco è valso il lavoro di Capello, giunto al termine di una lunga rincorsa a guadagnarsi il pass per il Mondiale. Scarsa propensione al gioco offensivo, povertà di talenti puri da coltivare, dovendo attestare l’ennesima bocciatura della promessa Dzagoev e insolita fragilità difensiva hanno contribuito in negativo alla precoce eliminazione della Nazionale in questi Mondiali. COREA DEL SUD 4,5 – Ormai la Corea ci aveva quasi abituati ad exploit significativi, così che pare una sorpresa averli scoperti così acerbi, incostanti e poco convincenti a questa ennesima prova mondiale. Sicuramente sono in una fase di transizione, con diversi calciatori simbolo – vedi il tuttofare del Manchester Utd Park Ji Sung – ormai giunti al capolinea. COSTA RICA 7,5 – La vera rivelazione del torneo, a un passo dalle semifinali che a quel punto sarebbero state anche meritate. Sconfitti da un’Olanda fino a quel punto imbrigliata nella ragnatela costruita dal tecnico Luis Pinto e fuori per merito della mossa di Van Gaal che ha mandato in porta per la lotteria dei rigori il panchinaro Krul, disorientando Ruiz (uno dei migliori dei suoi per tutta la competizione) e compagni. Prima di allora i centramericani avevano fatto altre vittime illustri, tra cui l’Italia, dimostrandosi corridori efficaci, mai in asfissia e ben dotati tecnicamente in uomini come Bolanos, protagonista pure in Champions in Danimarca, la giovane punta Joel Campbell, già sensazione nell’ultima Copa America e il portiere para tutto Keylor Navas. Ora vedremo se si è trattato solo di un exploit isolato o se alla radice c’è qualcosa di più profondo. FRANCIA 7 – Un po’ altalenante nelle prestazioni, ma considerando il poco credito con cui i galletti erano giunti in Brasile, vincendo in modo avventuroso lo spareggio qualificazione ai danni dell’Ucraina, la squadra di Deschamps può ritenersi soddisfatta per quanto espresso e per la ritrovata forza di gruppo, a scapito di nomi eccellenti lasciati a casa alla vigilia. Non è esploso l’atteso Pogba ma ha comunque giocato a livelli più che sufficienti, così come il coetaneo Varane; il sostituto naturale dell’assente dell’ultim’ora Ribery, il piccolo trequartista del Marsiglia Valbuena, ha fatto dignitosamente il suo, pur mancando della fantasia dell’asso del Bayern. Bene in avanti anche il contestato madridista Benzema, uno che agli appuntamenti importanti non manca mai di dare il suo contributo in termini di gol. Ci sono buonissime basi per rilanciarsi definitivamente. BELGIO 7 – Tra i più attesi in assoluto e considerati addirittura da molti addetti ai lavori come possibili out sider del Mondiale, i belgi hanno un po’ fatto storcere il naso agli esteti del calcio, ma hanno accontentato alla grande chi invece si aspettava da loro ciò che realmente hanno dimostrato di essere: una Nazionale giovane, ricca di talento in ogni reparto, imprevedibile e matura al punto da saper gestire le situazioni, spesso vincendo di misura. Quando alzavano il tiro i furetti Hazard e Mertens tutti ne beneficiavano, dalle punte, tra cui Lukaku ha parzialmente deluso, sentendosi tutto il peso dell’attacco sulle sue ancora giovani spalle agli altri attesi big, come Witsel e De Bruyne. Molto bene il reparto difensivo, imperniato su capitan Kompany, uno dei migliori centrali al mondo, e sul “vecchio” Van Buyten che ha fatto valere la sua notevole esperienza, ma una menzione speciale la meritano i due finti terzini (centrali nei loro club) Alderweild e Verthongen – entrambi lanciati nell’Ajax prima di approdare rispettivamente in Liga e Premier - , specie quest’ultimo ,spesso vera spina nel fianco per le difese avversarie sull’out di sinistra. COLOMBIA 7,5 – Una delle sensazioni del torneo, fino all’incontro contro il Brasile. Partiti come possibile rivelazione al pari del Belgio, pur limitati dalla pesantissima assenza della loro punta di diamante, Radamel Falcao, hanno mostrato un gioco scintillante, a tratti spettacolare: probabilmente, assieme alla Germania, il migliore del Mondiale. Si è rivelato all’intero mondo in tutto il suo talento il fantasista del Monaco James Rodriguez, autore di pesantissimi gol, almeno un paio d’antologia, mentre Cuadrado si è confermato sugli ottimi livelli cui ci ha abituati in Italia. Ha tenuto bene anche il reparto difensivo, a torto considerato il punto debole dell’11 di Pekerman; in particolare accanto all’inossidabile Yepes si è rivisto il miglior Armero, reduce da una disastrosa stagione tra Napoli e West Ham. BRASILE 5 – E’ la prima volta che mi capita di assegnare una pesante insufficienza a una semifinalista e, credo senza sbagliarmi, non sia mai successo a nessun altro giornalista prima di Brasile 2014 oltre al sottoscritto ma tant’è… “Questo” Brasile non merita di più, se è vero che sin dalla prima partita, la discussa vittoria contro la Croazia, non ha mai davvero entusiasmato, sospinto da un Neymar non solo salvatore della Patria, me vero e proprio uomo simbolo di una squadra intera, parsa clamorosamente carente sul piano puramente tecnico, mai spettacolare, inguardabile in difesa (10 gol subiti nelle ultime due gare, alcuni da dilettanti)… insomma, lontanissima parente di tante versioni verdeoro che ancora abbiamo impresse nella memoria. I brasiliani devono ritrovare le loro caratteristiche “autoctone”: la voglia di stupire, di divertirsi, di fare “giochetti” (sì, anche quelli), componenti che abbiamo riscontrato solo nel citato Neymar, abbattuto impietosamente prima della finale. OLANDA 8 – E’ uscita indenne dalla competizione, senza mai perdere, nel modo più beffardo quindi, ai rigori (un po’ come successe alla bella Italia di Vicini nel ’90). E’ comprensibile la rabbia del tecnico Van Gaal e dei giocatori per un obiettivo prestigioso magari non dichiarato pubblicamente alla vigilia, ma fattosi sempre più concreto man mano che il Mondiale procedeva, tra belle e convincenti vittorie e giocate straordinarie dei migliori interpreti oranje. E dire che della rosa giunta seconda dietro la Spagna 4 anni fa era rimasto ben poco ma nel frattempo, accanto a certezze come Robben (meno continui sono parsi Snejider e Van Persie, seppur decisivi in due gare, risolte da loro prodezze) è emersa un’autentica fucina di talenti, da cui Van Gaal ha attinto copiosamente, lanciando vari under tra i migliori su piazza. Gente che vedremo prestissimo protagonista ai massimi livelli, come il polivalente (e predestinato) Blind, Depay, Wijnaldum (che il tecnico ha impostato da centrocampista puro, quando in origine era più che altro un’ala in appoggio agli avanti, senza compiti difensivi) e De Vrij (che ha composto con l’esperto Vlaar una fortissima cerniera centrale difensiva, la migliore del Mondiale). Ma nemmeno stavolta è bastato agli olandesi per raggiungere il sogno iridato: ci riproveranno fra 4 anni, quando altri talenti ancora saranno sbocciati da questa grande scuola di calcio. ARGENTINA 7 – No, Messi, non ci siamo! Neanche stavolta la Pulce è riuscita a marchiare a fuoco una competizione così importante come il Mondiale, ma mai come in questa occasione c’è andato vicino, visto che, seppur non in modo continuativo, ha rappresentato l’arma in più degli uomini di Sabella. Coadiuvato da altri assi quali il madridista Di Maria (finchè ha potuto), il difensore Garay, ormai assurto a big mondiale nel ruolo, e il ritrovato Mascherano (tutta un’altra cosa rivederlo nell’antica posizione di mediano davanti alla difesa), Messi ha risolto partite da solo, evitando prematuri guai alla sua Nazionale, ma purtroppo nell’attesissimo atto finale si è arreso alla forza e alla concretezza dei tedeschi. Peccato, anche se la sensazione è che fino alla finale, giocata alla pari sul piano delle occasioni da rete, gli argentini non avessero granché entusiasmato sul piano del gioco. GERMANIA 9 – Praticamente perfetti! Altro aggettivo pare riduttivo per gli uomini di Low che, eccezion fatta per la pleonastica gara contro i ghanesi (quando gli africani vincendo non avrebbero rubato nulla), non hanno mai dato segni di cedimento, di insicurezza, di paura, di confusione tattica, sebbene l’allenatore nel corso della competizione abbia più volte mischiato le carte a sua disposizione. Poco male, se nella tua rosa puoi attingere a piene mani da un gruppo di giocatori completo in ogni sua parte. Una Germania spettacolare, armoniosa, compatta, mai sparagnina (chiedete ai malcapitati padroni di casa!) e che in sostanza ha meritato ampiamente di salire sul tetto del Mondo. Hanno fatto un figurone il portiere Neuer, il migliore in assoluto nel suo ruolo, Hummels, recuperato in extremis dopo una tribolata stagione al Borussia causa infortuni, Kroos, convincente in mediana sia in contenimento che in fase di rilancio, un po’ come il pari ruolo Khedira (a proposito di recuperi eccellenti… ). Ottimi anche il cannoniere Muller, l’infinito Klose, entrato nella storia del Mondiale con il suo record di gol, il capitano Lahm, duttilissimo come sempre e due “ripescati di lusso”, nel senso che, pur non partendo davanti nelle gerarchie dell’allenatore, sono stati altresì fondamentali: il veterano Schweinsteiger e il giovane Gotze, eroe del Maracanà. (A cura di Gianni Gardon)

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