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Redazione

18.10.2013 ( Aggiornata il 18.10.2013 10:38 )

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Una generazione di giornalisti, alcuni anche bravi, è cresciuta ridendo alla battute di Gianni Agnelli e quindi si può comprendere come una generazione di non giornalisti (alla quale apparteniamo: per motivi economici ed anagrafici, ma anche per limiti individuali) possa trovare simpatiche quelle di Andrea Agnelli. Dal padrone al padroncino, in Italia si è rimpicciolito un po' tutto (anche la quota di mercato della Fiat). Per questo il 'Jakartone' con cui il presidente della Juventus ha accolto Thohir nel calcio italiano l'abbiamo trovato simpatico anche noi, che consideriamo il tifo la base del calcio oltre che il miglior motivo per guardarlo (ex aequo con le scommesse). Perché uno juventino dovrebbe rinunciare a battute da juventino? Sulla sponda opposta qualche interista avrebbe magari preteso da Moratti una risposta almeno scherzosa, del tipo 'Di cartone saranno le vostre auto', ma sarebbe stato pretendere troppo da una persona che si fidava di Carraro e Nizzola, chiedendo anche consigli a Moggi (il migliore fu l'ingaggio di Colonnese, quindi si possono immaginare i peggiori). Ci si scanna per lo scudetto 2005-2006, quando ad essere meritevoli di rivisitazione storica dovrebbero essere anche i periodi precedenti e successivi. Ci vorrebbero giornalisti e magistrati tifosi, mettiamo, del Chievo e senza l'ambizione di lavorare un giorno alla Paluani o aziende collegate. L'ultima frontiera di Calciopoli non sono le battute sul passato, che rimangono solo battute, ma un aspetto strutturale che ancora oggi condiziona il calcio italiano e sul quale Juventus e Inter, insieme a pochi altri, hanno la stessa opinione. In Lega c'è un gruppo di società che vota in contrasto apparente con i propri interessi, anche se magari non con quelli personali dei loro azionisti. Un gruppo tenuto insieme dall'attuale gestione dei diritti televisivi e dalle loro modalità di vendita, soprattutto quelle all'estero. Dov'è la notizia, nella Lega di Galliani, pardon Beretta? Che una semi-grande starebbe per rompere il fronte, anche per puntellare la sua buona situazione sportiva attuale. E' politica, non necessariamente sporca o illegale. Ma per vincere conta almeno quanto un attaccante da 20 gol. La bufera da cui Roy Hodgson è uscito nella sostanza indenne dimostra una volta di più che anche nel calcio l'immagine è fondamentale, unita a buoni contatti personali. In pratica il Sun, quotidiano spesso scopiazzato e omaggiato di citazioni del tipo 'I soliti tabloid inglesi sostengono', ha messo a segno l'ennesimo scoop rivelando che durante l'intervallo di Inghilterra-Polonia il c.t. inglese avrebbe rimproverato Smalling, invitandolo ad essere più preciso soprattutto nei passaggi a Townsend. Hodgson gli avrebbe detto, per la precisione, 'Feed the monkey'. Che tradotto letteralmente significa 'Dai da mangiare alla scimmia', mentre in senso gergale l'espressione ha diversi doppi sensi e non tutti rintracciabili sui dizionari (ce n'è uno anche di tipo sessuale). Nota non tanto a margine: sia il difensore del Manchester United (Smalling) che l'ala del Tottenham (Townsend) sono neri. E nessuno di loro si è offeso, perché pare che Hodgson abbia usato quell'espressione per citare una tormentone da spogliatoio condiviso da tutti i giocatori, almeno questa è la spiegazione che avrebbe fornito alla Football Association. E come per magia, oltretutto in un paese che porta il politicamente corretto agli estremi (del ridicolo), il caso si è sgonfiato e nemmeno una delle mille associazioni anti-qualcosa hanno avuto da ridire sull'operato di Hodgson. Certo è che se una simile espressione, pur contestualizzata, fosse uscita dalla bocca di Rooney o di Mourinho, per non dire Suarez, qualcuno avrebbe di sicuro preteso autoflagellazione. L'Italia di Prandelli avrà anche perso la prima fascia del sorteggio mondiale, ma può guardare con fiducia a Brasile 2014. L'ambiente creato dal c.t. è buono, le gerarchie sono chiarissime e i giocatori di complemento sanno di dover rimanere in tensione perché le alternative proposte dal vituperato calcio italiano non mancano. Senza fare mille nomi, facciamone 23. Quelli che se le convocazioni fossero domani mattina rappresenterebbero l'Italia, secondo una fonte azzurra molto attendibile che ha omaggiato il Guerino di questa lista. Che onestamente avremmo potuto anche immaginarci da soli, prendetela quindi con beneficio di inventario. Portieri: Buffon, Sirigu, De Sanctis. Difensori: Abate, De Sciglio, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Maggio, Ranocchia. Centrocampisti: Montolivo, De Rossi, Pirlo, Marchisio, Thiago Motta, Candreva, Verratti. Attaccanti: Balotelli, Rossi, Osvaldo, Totti. Più Giaccherini e Diamanti, che Prandelli considera multiuso (soprattutto Giaccherini) e soprattutto 'suoi'. E' chiaro che a maggio un El Shaarawy tornato sui livelli di un anno fa, l'esplosione definitiva di Insigne o una grande stagione di Cerci potrebbero far venire dei dubbi A Prandelli, ma in questo momento la lista dei 23 è nella sua testa abbastanza chiara. E anche difficile da discutere, se non per partito preso o ragioni editorial-geografiche. Twitter @StefanoOlivari

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