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Redazione

01.10.2013 ( Aggiornata il 01.10.2013 11:13 )

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Roberto Mancini firmando un contratto triennale con il Galatasaray ha mostrato molto coraggio, perché di tutto ha bisogno tranne che di soldi (meno di quelli del Manchester City ma comunque non pochi: fra annessi e connessi circa 5 milioni di euro lordi a stagione). Intanto perché dovrà esordire contro la Juventus a Torino, in Champions League, mettendo subito la faccia su una probabile sconfitta. Poi perché al contrario che con Fiorentina, Lazio, Inter e City prende in mano una squadra in cui qualsiasi risultato inferiore alla vittoria in campionato (fra l'altro con Terim in panchina ha vinto gli ultimi due campionati) è considerato un fallimento. Infine perché il Galatasaray ha solo qualche campione di forte personalità, Drogba e Sneijder su tutti (ma non è che il carattere manchi a Felipe Melo e Altintop), gente che però ha già dato il meglio, con molti giocatori medi che però Terim sapeva motivare con i suoi proclami. Un ambiente esplosivo, quello del club più amato e odiato di Turchia, dove gli allenatori non turchi hanno spesso trovato difficoltà insormontabili, basti pensare a come si sono concluse le avventure di Skibbe e Rijkaard (in positivo vengono in mente Lucescu e Gerets). La realtà del calcio dimostra ogni giorno che ogni contratto si può rompere, ma è evidente che Mancini non crede tanto nella possibilità di essere in corsa per il dopo-Prandelli sulla panchina azzurra (Sacchi, gran consigliere di Abete, ha altre idee: un Ancelotti esonerato dal Real Madrid, scenario non proprio strampalato, sarebbe perfetto...). Di più: gli 'uomini di calcio' devono avergli fatto sapere che per lui in Italia a un certo livello non c'è spazio. Addirittura nemmeno alla Sampdoria dove Delio Rossi è in discussione (Garrone gli ha confermato la fiducia, il che significa proprio che è in discussione), dei cui tifosi è il mito assoluto a cui ha dato i migliori 15 anni, dal 1982 al 1997, della sua vita. Mancini non è vittima di un complotto dei poteri forti, ma solo del gran numero di allenatori che il 'sistema' deve piazzare e dell'alta opinione che ha, secondo noi giustamente, di sé: non allenerebbe mai in una città piccola (per questo in Italia in tempi recenti ha ascoltato solo le proposte della Roma, prima dell'arrivo di Garcia) e con un budget limitato. Ha una targa ben precisa, quella dell'indipendente di successo, che a volte gli si ritorce contro. Ma sul mercato internazionale, con la sua immagine, può raccattare questo tipo di contratti per altri 15 anni. Twitter @StefanoOlivari

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