Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Redazione

17.12.2012 ( Aggiornata il 17.12.2012 10:47 )

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Gianni Brera avrebbe forse voluto essere Vittorio Pozzo, giornalista trasformatosi in allenatore vincitore di tutto per poi tornare serenamente giornalista, ma per fortuna dei suoi lettori è stato 'solo' Gianni Brera. E' scomparso da vent'anni (esattamente il 19 dicembre del 1992) e ci ha lasciato in eredità tanti articoli memorabili e varie categorie di giornalisti: 1) Gli amici o presunti tali, tutti a posteriori grandi frequentatori dell'unico giornalista sportivo italiano rispettato fuori dal ghetto; 2) Gli antipatizzanti, per motivi estetici (numero di giocatori offensivi pretesi in campo), etnici (Brera visto come cantore solo dell'Italia del Nord) o politici (Brera icona di una certa destra anarchica); 3) Gli imitatori, più nello stile che nell'autorevolezza, convinti che bastasse parlare di vini o di storia orecchiata per essere Brera. Chi è semplicemente stato suo lettore, anche fuori tempo massimo (il Brera del Guerin Sportivo, a detta di molti il miglior Brera, l'abbiamo conosciuto solo 'in differita'), può invece tranquillamente chiedersi, fra una rievocazione e l'altra, che cosa rimanga di Brera nel modo di raccontare lo sport e il calcio italiani. La risposta è difficile. Fra le cose che rimangono c'è sicuramente il linguaggio, inteso come non solo come terminologia (da 'libero' a 'contropiede', da 'goleador' a 'pretattica', passando per mille altre parole, siamo tutti breriani senza saperlo) ma anche come fuga dalla fredda cronaca. Anche se certe cronache di Brera, apparentemente didascaliche, costituivano già una sorta di commento in diretta ed erano in eraltà modernissime. Di Brera rimane anche l'atteggiamento dei media ad entrare nel merito tecnico di quanto raccontano. In altre parole è con lui che il giornalista diventa una sorta di aspirante allenatore, consigliere di uno che ritiene suo pari o addirittura inferiore culturalmente (va detto che fino agli anni Sessanta gli allenatori erano davvero, in gran parte, mezze figure o persone che si improvvisavano). Senza arrivare agli eccessi di Brera stesso, in molte fasi della storia italiana (vedi Mondiali 1962 in Cile) una sorta di c.t. ombra, questa propensione delle grandi firme a sostenere gli allenatori che le 'ascoltano' è rimasta. Fra gli aspetti positivi del brerismo, quelli che sicuramente non sono rimasti sono lo studio della materia trattata (il Brera dell'atletica leggera è in questo senso esemplare) e soprattutto il senso critico: si possono anche conoscere i protagonisti del giochino e andarci a cena, senza però dimenticare che il giornalista non deve vendere un fantomatico 'prodotto calcio' ma solo copie del suo giornale.

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