Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Gli allenatori di Abramovich

Redazione

19.04.2012 ( Aggiornata il 19.04.2012 11:52 )

  • Link copiato

Roberto Di Matteo al Chelsea sta dimostrando una volta di più che ad alto livello il pilota deve assecondare la macchina. Traduzione del bar: nel calcio che punta ai grandi trofei, quello dove la 'mano dell'allenatore' non serve, chi sta in panchina non deve 'migliorare' giocatori scarsi ma deve essere soprattutto bravo a capire motivazioni e caratteristiche del personale a disposizione. Il che non significa che non sappia di calcio, ma solo che chi ha le caratteristiche giuste per portare una squadra da 90 a 100 forse non ha quelle per portarla da 0 a 90. In altre parole, vorremo vedere cosa combinerebbero Mourinho, Guardiola, Ancelotti o Capello alla guida del Pescara. E' ancora presto per dire di quale categoria faccia parte il 42enne Di Matteo, che con il Milton Keynes Dons ha fatto bene e con il West Bromwich Albion nella prima stagione (alla seconda, dopo la promozione in Premier League, c'è stato l'esonero) benissimo, mentre già la storia europea del Chelsea è una... storia. Anche se al Nou Camp il Barcellona può ribaltare tutto, limitandosi a sfruttare le occasioni create (a Stamford Bridge almeno 4 clamorose, contro un Chelsea votato quasi solo alla distruzione), è significativo che Roman Abramovich rischi di raggiungere la seconda finale di Champions della sua dispendiosa storia con un altro allenatore a termine. Dopo avere comprato il club, nell'estate 2003, il 68esimo (al conteggio attuale) uomo più ricco del mondo ereditò dalla gestione precedente Claudio Ranieri, che subito arrivò in semifinale di Champions fermandosi contro il Monaco di Deschamps. Un buon risultato, quello di Ranieri, ma Abramovich lo salutò dopo una stagione per ingaggiare il campione d'Europa in carica, cioé José Mourinho fresco di titolo con il Porto. Il divorzio all'inizio della stagione 2007-08, per motivi mai realmente chiariti ma comunque amplificati dalla mancata conquista della Champions: la prima stagione mourinhana con stop in semifinale contro le barricate del Liverpool di Benitez (che poi avrebbe battuto il Milan in finale), la seconda con eliminazione agli ottavi da parte del Barcellona all'epoca guidato da Rijkaard e la terza ancora in semifinale e ancora contro il Liverpool (ai calci di rigore). In panchina quindi Avram Grant, che non era nello staff tecnico come ad esempio era Di Matteo con Villas Boas, ma era stato da poco ingaggiato come dirigente e superconsigliere. Con Grant cavalcata fino alla finale tutta inglese con il Manchester United, dopo avere finalmente superato in semifinale (ancora!) il Liverpool. Una finale sfortunatissima, ben sintetizzata dalla scivolata di John Terry nel tirare il rigore decisivo della serie finale. Esonero inspiegabile di Grant, pochi mesi di Luiz Felipe Scolari e poi un altro assalto alla Champions con in panchina Hiddink, stoppato in semifinale proprio dal Barcellona, alla prima stagione con Guardiola allenatore: 0 a 0 in Catalogna e dominio del Chelsea a Stamford Bridge, con vantaggio di Drogba, vari rigori negati da Ovrebo e il pareggio all'ultimo minuto di Iniesta. Via Hiddink e dentro un altro che la Champions (come del resto Mourinho e Hiddink) l'aveva già vinta, Carlo Ancelotti. Due campagne europee modeste: la prima finita negli ottavi contro l'Inter di Mourinho e la seconda nei quarti contro il Manchester United. Il resto, fra la pazzia finanziaria per Villas Boas e il Di Matteo low cost, è storia di oggi. Se anche settimana prossima passasse il Barcellona, Abramovich (ma potremmo dire anche Terry e Lampard, sempre presenti) in nove stagioni di Champions avrebbe ottenuto una finale, cinque semifinali, un quarto di finale e due ottavi. Sembra incredibile che il suo Chelsea non abbia ancora vinto la Champions, magari l'allenatore meno programmato di tutti ce la farà. Stefano Olivari, 19 aprile 2012

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi