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Nessuno in piazza per Bettini

Redazione

13.10.2011 ( Aggiornata il 13.10.2011 10:45 )

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Giù le mani da Paolo Bettini: siamo facili profeti nel prevedere che non ci sarà alcuna manifestazione del genere, con slogan in difesa del commissario tecnico della nazionale di ciclismo. Indagato per abuso d'ufficio nell'ambito di una inchiesta antidoping della procura di Padova. In pratica, sintetizziamo, i magistrati ipotizzano che Bettini abbia avvertito un atleta della nazionale (Enrico Gasparotto), in occasione di un raduno prima del Mondiale 2010, di un imminente controllo antidoping. Ecco, il solito ciclismo dei dopati: questo il primo e unico pensiero di milioni di lettori che subito dopo vanno a leggere delle gesta dei loro calciatori preferiti, che i controlli antidoping nemmeno sanno cosa siano. E quindi? Come al solito il ciclismo è il capro espiatorio del moralismo che non possiamo applicare all'unica vera religione degli italiani (che non è quella cattolica). Primo: non si trattava di un controllo antidoping (quelli li fanno, spesso a sorpresa, la Wada a livello internazionale e il CONI in Italia), ma di un test medico della federazione ciclistica italiana. Non certo a sorpresa, visto che per regolamento il primo giorno di ritiro tutti gli azzurri devono essere sottoposti a questi test. Secondo: non ce ne sarebbe bisogno, perché chiunque faccia parte del giro azzurro anche a livello giovanile) conosce il regolamento, ma il c.t. è solito ricordare questo obbligo ai suoi convocati per evitare ritardi o sospetti. Quindi Bettini ha di sicuro detto la stessa cosa anche ai colleghi di Gasparotto. Terzo: Gasparotto risulta avere rapporti con il famoso dottor Michele Ferrari, ma questo non significa per forza essere 'sporchi' e meno che mai che Bettini debba tenere sotto controllo il telefono degli azzurri. Insomma, non stiamo qui a dire che il mondo del ciclismo sia pulito perché non è vero. Ma è un mondo indifeso, mediaticamente e culturalmente: con carriere, vite o anche solo reputazioni che vengono rovinate con leggerezza. Stefano Olivari

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