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Bezabeh ci ha solo provato

La Spagna non riesce a condannare nemmeno i rei confessi di doping, la morale del caso Bezabeh è questa e poco importa che il Consiglio superiore dello Sport spagnolo stia pensando (l'ha scritto El Pais) di fare ricorso contro l'assoluzione dell'ex etiope coinvolto nell'operazione Galgo...

Redazione

30.03.2011 ( Aggiornata il 30.03.2011 08:53 )

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Sintetizziamo: il primatista spagnolo (si fa per dire) dei 5mila metri (12'57''25) qualche mese fa è stato fermato dalla Guardia Civil insieme al suo allenatore Manuel Pascua, nell'auto dove si trovavano è stata rinvenuta una sacca di sangue che per stessa ammissione di Bezabeh sarebbe servita per autoemotrasfusione. Negli anni Ottanta pratica legale, ma adesso doping. Invece Bezabeh, che ha alle spalle una storia di emigrazione dura e pura (ha dormito in strada e non metaforicamente), se lè cavata con una assoluzione. Quale il cavillo? Per la legge spagnola il tentativo di doping non è doping, mentre lo è per la Iaaf (la federazione internazionale di atletica) e per la Wada (l'agenzia antidoiping del Cio). Un mese dopo l'assoluzione di Alberto Contador, un altro clamoroso caso di doppiopesismo. E stiamo parlando di un paese civile e con libertà di movimento per chi dovrebbe investigare. Nei paesi che prevedono un visto, non necessariamente dittature (anche se questa forma di governo 'aiuta'), qualsiasi seria inchiesta antidoping è impossibile. Subito a gridare al razzismo e al neocolonialismo, favoriti dai sensi di colpa dei paesi che tengono a galla (sempre più a fatica) la baracca dell'atletica. In questo senso la mitica Spagna dei giovani (giovani etiopi ma anche catalani), piena di opportunità che la triste Italia non offre, è davvero terzo mondo. Stefano Olivari stefano@indiscreto.it

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