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Un Pozzo di cultura

31 - Gli inizi del più grande allenatore della storia italiana meritano di essere ricordati, così come il modo in cui arriva a 26 (!) anni a guidare la Nazionale azzurra...

Redazione

15.01.2011 ( Aggiornata il 15.01.2011 05:41 )

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In questa nostra storia ci siamo ripromessi di parlare delle trasformazioni del calcio italiano, sorvolando sulle biografie dei suoi grandi personaggi. Ma gli inizi di Vittorio Pozzo meritano comunque di essere ricordati, così come il modo in cui arriva a 26 (!) anni a guidare la Nazionale azzurra. Pozzo non è di famiglia ricca, ma è di sicuro un ottimo studente e un fanatico di calcio: nella Torino di inizio Novecento è dentro praticamente a qualsiasi iniziativa sportiva. Discreto giocatore, non può definirsi un professionista ma riesce a finanziare i suoi viaggi in giro per l'Europa con lavori occasionali. Si innamora dell'Inghilterra e di tutto il suo sport, ma impara molto anche in Svizzera dove riesce addirittura a disputare una mezza stagione con il prestigioso Grasshoppers. Si sente più portato per dirigere che per giocare, così quando per problemi anche finanziari torna dalla famiglia a Torino è a soli 20 anni fra i fondatori del Torino, dopo le vicende cittadine di cui abbiamo già parlato: l'FC Torinese insieme a un gruppo di fuorusciti juventini (materia del contendere il professionismo) e ad altri soci (fra i quali Pozzo) creano la nuova entità, che arriverà fino a Cimminelli. Pozzo per cinque stagioni gioca nel Torino, senza infamia e senza lode, poi nel 1911 si ritira e dà una mano nelle gestione del club. Ne diventerà presto (fino al 1922) direttore tecnico, ma ancora non riesce a vedersi come professionista del calcio. Mentre gioca nel Torino è riuscito a trovare un impiego alla Pirelli ed è proprio da funzionario della Pirelli che riceve la proposta di allenare la Nazionale italiana. Non ha un grande curriculum, pur essendo conosciuto dai vertici federali per il suo attivismo organizzativo. Rispetto ai predecessori e ai concorrenti per il posto di c.t. ha un enorme vantaggio: è l'unico a conoscere varie lingue, dall'inglese al francese, ed è quindi ritenuto la via di mezzo ideale fra l'allenatore ed il dirigente accompagnatore. Per la verità ha anche un'altra caratteristica interessante: non pretende compensi. E' così, per motivi extracalcistici, che l'Italia inizia a conoscere quello che sarà il suo allenatore più grande. Stefano Olivari stefano@indiscreto.it

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