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L'eroe del Genoa

La vita straordinaria di James Richardson Spensley, il medico inglese decisivo per la nascita del calcio italiano. Morto in guerra come Luigi Ferraris, a lui è intitolata 'solo' una via...

Redazione

19.12.2010 ( Aggiornata il 19.12.2010 05:32 )

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Rispettiamo la natura web della nostra storia, accogliendo le numerose richieste di chi vorrebbe saperne di più sulla vita di James Spensley. Un'esistenza che abbiamo liquidato con l'espressione stereotipata 'da romanzo', ma che eccezionale è stata veramente. Sulla parte strettamente calcistica torneremo poi, visto che Spensley è l'anima del Genoa dominatore nei primi anni del nostro campionato, adesso ci interessa il famoso 'uomo'. Un personaggio di cultura enorme: parla correntemente cinque lingue moderne e tre antiche (greco e sanscrito, più il latino), è diventato medico per accontentare la famiglia e a Genova lo stipendio glielo passa lo stato britannico visto che è il punto di riferimento di tutti i marinai e i commercianti inglesi che transitano da lì. Amante del mare, della storia delle religioni, del giornalismo (durante il periodo genovese scrive di politica italiana per il Daily Mail), della boxe ma soprattutto del calcio. Rapportando tutto ai canoni inglesi dell'epoca, non è strano che un uomo simile sia impazzito per il calcio. Che in quella fase riesce ancora ad unire, a livello di pratica, le classi sociali medie e quelle basse. Mentre pochi anni dopo la situazione cambierà, con i tanti 'working class hero' a rendere il football un gioco di classe proprio nella terra che ne ha inventato la versione moderna. Una situazione che, con molte sfumature ed eccezioni, è arrivata fino ai giorni nostri: Totti e Del Piero possono frequentare senza imbarazzi anche club con politici ed intellettuali fra gli iscritti, mentre la stessa cosa non potrebbe succedere al Rooney della situazione. Tornando a Spensley, il medico non è decisivo solo per il calcio ma anche per lo scoutismo italiano. Ci riferiamo proprio al movimento fondato da Robert Baden-Powell, fra l'altro conoscente di Spensley, che in Italia arriva nel 1910 e di cui l'ex (la sua storia rossoblu è intanto finita nel 1907) portiere-dirigente-tuttofare del Genoa diventa uno dei dirigenti. Intanto la vita procede, fra mille attività (alle altre aggiunge lo studio di matematica e alchimia) e un breve passaggio nell'Andrea Doria come dirigente-allenatore. Nel 1914 ha 47 anni, potrebbe evitare la Grande Guerra ma decide lo stesso di arruolarsi nell'esercito inglese come ufficiale medico. Opera su vari fronti, gli è fatale quello tedesco. Prestando soccorso a un soldato tedesco (abbiamo scritto bene, tedesco) viene colpito da una pallottola di incerta origine. Di sicuro c'è che finisce a Mainz, in un ospedale militare e lì finisce di vivere il 10 novembre. Da eroe vero, forse pensando agli anni felici passati al Genoa. Un destino, la morte al fronte, condiviso con l'altro mito genoano Luigi Ferraris con il quale per motivi di età si è incrociato solo in poche partite. Mentre scriviamo queste righe Ferraris ha intitolato lo stadio, Spensley solo una via di Genova (a pochi metri dallo stadio, fra l'altro): anche limitandoci solo all'importanza calcistica sarebbe forse più giusto il contrario. (4-continua) Stefano Olivari stefano@indiscreto.it

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