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La nuova era dei Boston Celtics (intervista a Brad Stevens)

La nuova era dei Boston Celtics (intervista a Brad Stevens)

Redazione

30.09.2015 ( Aggiornata il 30.09.2015 17:11 )

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Martedì prossimo a Milano, al Mediolanum Forum, contro l'EA7 Armani Jeans Milano giocherà una delle due squadre con più tifosi in Italia. Sono i Boston Celtics (l'altra squadra sono ovviamente i Lakers, merito-colpa delle vecchie telecronache di Dan Peterson su Canale 5) allenati da Brad Stevens per la terza stagione consecutiva. In fase di rinnovamento dopo la buona scorsa stagione, dove hanno agganciato i playoff della Eastern Conference, hanno lasciato al loro destino veterani come Brandon Bass e Gerald Wallace, oltre a Gigi Datome che è tornato nella sua dimensione, cioè l'Europa. Non sono arrivati fenomeni, ma l'idea è quella di tenere insieme una squadra relativamente giovane (tolti Johnson e Lee, che ha comunque un solo anno di contratto), in attesa che una superstella venga a trascinare i Celtics di Bradley, Thomas, Turner e Sullinger verso i fasti di un passato recente (anello nel 2008 con Pierce e Garnett), vecchio (l'era di Bird e Parish negli anni Ottanta) e antico (gli invincibili di Red Auerbach e Bill Russell). L'arrivo dei Celtics a Milano per i cosiddetti NBA Global Games (amichevoli, al di là del nome altisonante) non è comunque una novità, visto era già avvenuto nel 2012 mentre nel 2007 giocarono a Roma contro i Toronto Raptors di Bargnani. Sarà anche per questo che i biglietti non sono esauriti da mesi, come era accaduto nel 2012, anche se va detto che non ne rimangono molti: poche centinaia (in vendita su Ticket One). Di certo la squadra di Stevens non lascia indifferenti ed è per questo che è interessante ascoltare le parole del trentanovenne allenatore con il marchio del predestinato, uno dei pochi ad avere fatto bene sia a livello di college che nella NBA. I Celtics non sono ancora arrivati in Italia e gli aerei costano cari, quindi abbiamo realizzato l'intervista grazie al sistema TelePresence di Cisco, in America usatissimo nel mondo business e in quello della sanità, mentre noi ci accontentiamo di un'intervista con la sensazione di avere Stevens davanti a noi, in attesa di averlo davvero davanti martedì sera. Coach Stevens, quali sono i reali obbiettivi dei Celtics 2015-16? Lavorare molto sui miglioramenti individuali e di squadra, coscienti che quest'anno la Eastern Conference è molto più forte di quanto ci aspettassimo e senz'altro lo è più dell'anno scorso. Al termine della varie operazioni ai Celtics di nuovi ci sono Amir Johnson, David Lee e Perry Jones. La squadra è migliorata o è rimasta ferma? Allenamenti e partite prestagionali non possono dirlo, certo tutto va bene quando si gioca fra di noi. Guardando le altre ventinove squadre NBA va detto che è un'estate in cui ad alto livello non è che si sia cambiato molto: la mia sensazione è che la differenza più che le stelle la faranno le second unit, come del resto si è visto anche nella finale. A proposito, chi sono i suoi favoriti per la vittoria che conta, quella in giugno? Proprio per i pochi cambiamenti dico ancora Warriors e Cavs, mentre dalla nostra parte possono fare ancora meglio gli Hawks.  Lei a Butler ha sfiorato per due volte il titolo NCAA con una piccola realtà ed avrebbe potuto avere una carriera da mito del college basketball. Pur avendo accettato la sfida NBA lei dentro di sé si sente ancora un allenatore di college, come valori e modo di insegnare pallacanestro? La grandissima passione della mia vita è il basket, non il college. È stato fantastico allenare a Butler, così come è bellissimo essere nella NBA e giocartela con i migliori del mondo, ma lo è stato anche guidare gli Stati Uniti alle Universiadi del 2011 contro squadre straniere (ndr: squadra in cui giocavano un Draymond Green meno quotato di quello di oggi e il nostro culto Tim Abromaitis, figlio del Jim visto a Trieste). Certo la NBA è una lega seguita in tutto il mondo... Cosa significa essere ai Celtics nel 2015? È una realtà davvero differente dalle altre? Sì, lo è. Qui senti la responsabilità che deriva dalla storia e soprattutto sai di dover fare le cose giuste.  Cosa conosce del basket europeo e italiano? Il Real Madrid vincitore di Eurolega cosa farebbe nella NBA? Onestamente posso parlare con competenza soltanto di Gallinari, Belinelli, Bargnani e ovviamente Datome che l'anno scorso era con noi. Tutti giocatori forti, che meritano la carriera che stanno avendo. Ho seguito gli Europei e devo dire che mentre le differenze fra giocatori si vanno riducendo, gli stili di gioco fra Europa e America sono ancora filosoficamente diversi. Per questo non so dire in che posizione sarebbe il Real nella NBA, oltretutto discorsi di questo tipo non sarebbero corretti nei confronti delle altre squadre della lega. Twitter @StefanoOlivari

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