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Eurobasket 2015, il momento di una generazione

Eurobasket 2015, il momento di una generazione

Redazione

04.09.2015 ( Aggiornata il 04.09.2015 18:43 )

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Poche ore e si alzerà la prima palla a due di Eurobasket 2015, l’edizione che vede la prima fase giocata in Croazia, Francia, Germania e Lettonia e la fase finale a Lille, in Francia. La nostra nazionale, in perenne ricerca di riscatto, giocherà la prima fase nel Gruppo B a Berlino e dovrà vedersela con Spagna, Serbia, Turchia, Islanda e i padroni di casa. Non proprio un girone facilissimo per la squadra azzurra, che, accreditata dai più come la squadra più forte di sempre, potrebbe arrivare in finale, ma anche sull’aereo del ritorno dopo i primi 5 incontri. Coach Pianigiani dopo l’infinita serie di amichevoli ha definito i 12 che scenderanno in campo. Convocazioni con poche sorprese, ma che hanno determinato un assetto molto particolare della squadra, senza un play classico, e con il solo Cusin come pivot puro. Fa un po’ pensare che, tagliati Poeta, Pascolo e Cervi, la lista non comprenda nessun giocatore dei campioni in carica e solo Milano, Cremona e Reggio Emilia siano rappresentate in nazionale, con 6 giocatori in tutto. Il resto viene da NBA, Turchia, Grecia e Germania. Ecco il gruppo che ha il difficile compito di riportare il titolo di campione europeo in Italia Amedeo Della Valle # 00: reduce da una grande stagione in quel di Reggio Emilia, si presenta a questo europeo con l’etichetta di genio e sregolatezza. Difficile da inquadrare, potrebbe essere l’elemento di rottura utile in campo nei momenti di black out (visto che non c’è un play di ruolo a portare fosforo). Una curiosità: visto che lo sponsor è Barilla, pare abbia scelto il numero 00 per far sembrare la maglia un sacchetto di farina. Marco Belinelli - # 3: il “Cinno” di San Giovanni in Persiceto dopo aver vinto titolo e gara del tiro da 3 a San Antonio, è approdato a Sacramento, monetizzando anni di dura gavetta. Nato per la NBA, attaccante di razza, con la maglia azzurra dovrà dare un notevole apporto in attacco senza disfare gli equilibri di squadra (se ce ne saranno). Pietro Aradori - # 4: altro attaccante, poco propenso alla difesa, autentico girovago dei campi di basket, dopo aver concluso l’ultimo campionato a Madrid e giocato i playoff con Venezia, è stato arruolato tra le fila dell’autarchica Grissin Bon di Reggio Emilia. Cercherà di farsi posto in un ruolo, quello di guardia, con molta concorrenza. Dalla sua parte il fatto di entrare rapidamente in partita, di contro l’incapacità di essere utile alla squadra se non facendo punti. Una curiosità: Aradori è uno dei pochi cestisti a essere conosciuto dagli amanti del gossip per aver avuto una storia la showgirl Guendalina Canessa, famosa (?) per i lifting e una partecipazione al “Grande fratello”. Alessandro Gentile - # 5: la stella emergente della nazionale, chiamato a consacrarsi su un palcoscenico che finora non ha calcato. Dovrà guadagnarsi sul campo spazio e il ruolo di leader, lo stesso ruolo che a Milano qualcuno gli rimprovera di indossare senza merito. Talentuoso, capace di passare dalle stelle (livello NBA) alle stalle (livello prima divisione) nel giro di un time out avrà occasione di far vedere se è pronto a volare verso altri nidi o se Milano è il suo unico futuro. Danilo Gallinari - # 8: proveniente dai Nuggets, ala pura, ha nel fisico il suo potenziale e il suo tallone d’Achille. Esplosivo e letteralmente immarcabile quando è in forma, è facilissimo agli infortuni, come sanno a Denver, spesso gravi, da cui finora ha sempre avuto voglia e capacità di riprendersi. Dovrà spartirsi gli attacchi con i suoi pari ruolo (Datome e lo stesso Gentile per dirne due). Potrebbe essere cosa complicata. Andrea Bargnani - # 9: ultima chiamata per il Mago che, per molti motivi, a 30 anni si trova nel punto più basso della sua carriera. Poco fortunato dal punto di vista fisico, Barganani esce da una lunghissima serie di infortuni che ne hanno condizionato il rendimento in quel di New York, mentre il suo approdo ai Brooklyn Nets è stato salutato con un feroce attacco da parte di John Schuhmann, esperto di NBA, blogger professionista, seguitissimo in America. La nazionale, con la quale non ha mai brillato, potrebbe essere la sua occasione di rilancio, a patto che non venga impiegato come pivot, visto che raramente lo hanno visto prendere un rimbalzo. Marco Cusin - # 12: porta un intero reparto sulle spalle, è chiamato a presidiare l’area pitturata come unico pivot di ruolo. Proveniente da una stagione travagliatissima (rimasto senza squadra, preso da Sassari e tagliato dopo tre partite, approdato a Cremona e poi infortunatosi seriamente) deve ritrovare condizione e continuità di gioco. Avrà a che fare, da solo, con i più forti e tecnici centri d’Europa, ma dalla sua ha un carattere che, nonostante la faccia da bravo ragazzo, lo ha sempre potato a non aver paura di nessuno e a fare a sportellate sotto canestro con giocatore di stazza ben superiore alla sua. Luigi Datome # 13: il capitano azzurro è di ritorno dall’NBA dove ha chiuso l’ultima stagione giocando (e la notizia è proprio questa) con i Boston Celtics. Sarà il look un po’ da Gesù, o la pacatezza con cui risponde alle domande, fuori dal campo Datome pare talmente maturo e interprete del suo ruolo che viene da chiedersi se sia davvero così o se invece non sia tutto uno scherzo. Sul campo è chiamato a far punti in un ruolo che divide con Gallinari, prendere i rimbalzi che non troveranno le mani di Bargnani, difendere e portare leadership e calma, in una squadra che facilmente va fuori giri. Speriamo che lo paghino bene. Nicolò Melli - # 17: altro dei migranti del nostro campionato, dopo l’ultimo anno a Milano ha preso la strada della Germania scegliendo il Brose Bamberg, rinunciando alla corte di Repesa che lo avrebbe voluto per farne un giocatore diverso (che vuol dire: resti ma solo se giochi come dico io) e che poi ha ripiegato su Cervi (prima) e su Magro (dopo). Destinato alla panchina (salvo imprevisti) avrà un minutaggio da settimo ottavo uomo, durante il quale dovrà portare punti e rimbalzi. Un bell’esame di maturità in vista della nuova esperienza tedesca. Andrea Cinciarini - # 20: unico playmaker di ruolo, o giù di lì, viene da una super stagione che lo ha portato a sostituire per il prossimo anno Hackett in quel di Milano. Assistman con una passione sfrenata per la corsa, ha il duro compito di dividere il pallone in 5 con il rischio di non vederlo tornare indietro già dopo il primo passaggio. La sua idea di gioco poi si scontrerà con la personalità e (purtroppo) con la presunzione dei suoi compagni di squadra, che spesso, senza investitura, si sentono incaricati del ruolo di salvatori della patria. Daniel Hackett - # 23: torna in nazionale dopo la fuga dello scorso anno con conseguente squalifica da parte della federazione (poi in parte amnistiata) e scomunica da parte dei compagni di squadra (da sapere se rientrata o meno) che non l’avevano presa per niente bene. Capace di grande giocate, bisognerà vedere se i compagni gli accorderanno il ruolo di leader in campo, o gli chiederanno solo di superare la metà campo palleggiando. Dopo il passaggio da Milano (dove Re Giorgio stravedeva per lui) all’Olympiacos, una buona occasione per rilanciarsi con il rischio di finire nell’oblio. Achille Polonara - # 33: l’ala di Ancona, che meglio ha giocato nella Grissin Bon nella finale scudetto contro Sassari, dovrà ritagliarsi un ruolo nelle rotazioni lunghe imposte dal rimo quotidiano delle gare. Chiuso da Datome, Gallinari e Gentile (oltre che da Bargnani), giocherà probabilmente più per la scarsità di pivot che per un bisogno di ali. Sicuramente uno svantaggio, ma avere poca pressione addosso può davvero aiutare. Infine Simone Pianigiani, condottiero sul ponte di comando di una ciurma che ha tutto da dimostrare e che finora è forte sulla carta. Appare strano che parte della stampa abbia qualificato come “la più forte di tutti i tempi” una nazionale che non ha (ancora) vinto nulla, imponendo il confronto con le nazionali del passato. Quella che nel 1983 vinse loro a Nantes senza mai perdere, temprata da Sandro Gamba in un blocco granitico, che basava la sua forza su un collettivo in grado di opporsi a qualsiasi talento individuale avversario (chiedere a San Epifanio per conferma). Oppure quella del 1999, guidata in panchina da Tanjevic (ora al timone della Turchia), che fece a meno del genio sregolato di Pozzecco, sostituito alla regia da Bonora e Basile e Abbio, che armavano il braccio i gente come Fucka, Myers e Meneghin. Ingiusto fare ora paragoni e Pianigiani lo sa. Ingiusto affibbiare titoli e chiedere risultati che tutti vorrebbero raggiungere, ma dandoli per scontati. Pianigiani ha il difficile compito di creare un gruppo, una squadra dove il talento (tanto) a disposizione sia al servizio di tutti e dove ci siamo personalità, carattere e orgoglio e non presunzione e voglia di primeggiare. Il resto saranno giochi, difese, gambe e braccia, sudore e gioia. La prima gara dell’Italia è domani, con la Turchia, ma oggi gli appassionati di basket ricordano Alphonso Ford, che a Pesaro in una stagione seppe far innamorare una tifoseria intera e che quando capì che la leucemia contro cui combatteva da 7 anni non l’avrebbe portata all’over time, pochi giorni rima di morire salutò tutti con una lettera che si chiudeva con la frase: “Stay Strong and Fight Hard, My heart will be always with you”. Non crediamo ai fantasmi, ma speriamo che la nostra Nazionale abbia lo spirito, almeno un po’, di questo grande giocatore.

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