        Nonostante i problemi di ordine pubblico con i quali le forze armate colombiane combattevano ormai da anni, passando dalla struggente e sanguinosa lotta al narcotraffico, per la sommossa tentata dal movimento rivoluzionario di sinistra contrastato con violenza dalle forze paramilitari di estrema destra, che si protrasse dal dopoguerra toccando poi il suo apice nei decenni &rsquo;70, &rsquo;80 e &rsquo;90, sfociando anche nel celebre omicidio di Andres Escobar, reo di aver siglato un&rsquo;autorete al Mondiale di Usa &rsquo;94 che decise in favore dei padroni di casa la seconda gara del gruppo A e che, probabilmente, fece saltare un grosso giro di scommesse piazzate sui Cafeteros, la CONMEBOL decise ugualmente di affidare l&rsquo;organizzazione della quarantesima edizione della Copa America al Paese andino. Il clima non era certamente quello adatto per lo svolgimento di una manifestazione sportiva cos&igrave; importante, ma il Governo colombiano garant&igrave; la sicurezza. Una sicurezza minata dalla continua violenza che, proprio nel periodo imminente all&rsquo;inizio della competizione, si riacutizz&ograve; in maniera importante. In un primo momento la decisione presa dagli organizzatori fu quella di rimandare la competizione di un anno, sorsero per&ograve; problemi di coabitazione con la Coppa del Mondo prevista nell&rsquo;estate del 2002&hellip; Argentina e Canada si ritirarono (sostituite da Honduras e Costa Rica), altre federazioni (Brasile e Uruguay) decisero di far partecipare le &ldquo;seconde squadre&rdquo; e la candidatura del Venezuela come Paese sostitutivo venne respinta. E cos&igrave;, il 5 luglio 2001, il massimo organo del calcio sudamericano decise di tornare sui propri passi, prendendo il rischio di dare fiducia alla Colombia. Copa America 2001, il cammino della Colombia &nbsp; I Cafeteros, forse spinti da una voglia che andava oltre le motivazioni sportive, giocarono un torneo perfetto: girone vinto col massimo dei punti, quarti archiviati con un 3-0 al Per&ugrave; e semifinale vinta agevolmente contro l&rsquo;Honduras (2-0). I punti di forza della squadra allenata da Francisco Maturana furono l&rsquo;impenetrabile reparto difensivo (zero reti subite) e la stella del Deportivo Cali V&iacute;ctor Aristiz&aacute;bal, che trascin&ograve; i suoi fino alla finale realizzando 6 reti. La finale di Bogot&aacute; e l&rsquo;incontenibile gioia di un intero popolo &nbsp; Il 29 luglio 2001 allo Stadio El Campin di Bogot&aacute; and&ograve; cos&igrave; in scena la finalissima della Copa America. I padroni di casa guidati egregiamente dal capitano e interista Iv&aacute;n Ramiro C&oacute;rdoba se la dovettero vedere contro il sorprendente Messico di Javier Aguirre. I 44mila del Campin esplosero di gioia al 65&rsquo; quando, dopo una pennellata di Iv&aacute;n L&oacute;pez dalla trequarti, C&oacute;rdoba sal&igrave; in cielo e con una torsione degna del miglior attaccante fulmin&ograve; il portiere messicano &Oacute;scar P&eacute;rez. Il risultato non cambi&ograve; pi&ugrave;: il capitano alz&ograve; finalmente al cielo la tanto attesa prima Copa America dei Cafeteros. Un successo storico che ebbe un sapore speciale perch&eacute; arrivato davanti agli occhi di un popolo distrutto dalla violenza. Una gioia incontenibile, una festa di sport che riusc&igrave; a distrarre milioni di persone che da decenni si trovavano coinvolte con continui episodi che minavano la sicurezza di un Paese fantastico. Dalla sanguinosa lotta al narcotraffico, passando per le guerriglie urbane, fino alla vittoria della Copa America: un trionfo doveroso da ricordare.       

Nella violenza delle infinite guerriglie urbane del Paese andino, Ivan Ramiro Cordoba regal&ograve; ai Cafeteros un trionfo che and&ograve; oltre il mero valore sportivo

29 luglio 2001: la prima storica Copa America della Colombia

        Questa notte alle 2:00 (ora italiana) al Maracan&agrave; di Rio de Janeiro si disputer&agrave; l&rsquo;atto finale di questa edizione della Copa America. Ad andare in scena sar&agrave; uno dei pi&ugrave; grandi classici del calcio mondiale: Argentina-Brasile, Messi contro Neymar, Albiceleste contro Sele&ccedil;ao. Dal 1975, anno in cui prese forma l&rsquo;attuale formula del torneo, ad oggi, le due big sudamericane si sono incontrate in finale solamente 2 volte. 1991, lo scontro fondamentale  L&rsquo;edizione del 1991 non prevedeva una finale diretta, ma un mini girone decisivo di quattro squadre. La partita tra Brasile e Argentina all&rsquo;Estadio Nacional de Cile, la prima di questo &ldquo;torneo nel torneo&rdquo;, risulta dunque quasi decisiva. A spuntarla furono Batistuta e compagni dopo una gara ricca di emozioni. Al primo minuto subito in vantaggio l&rsquo;Albiceleste con Franco che incorna su calcio d&rsquo;angolo. Dopo nemmeno 4 minuti Branco rimette in pari con una punizione magistrale dai 30 metri. La partita &egrave; infuocata: al 31&rsquo; Mazinho entra malissimo su Caniggia che reagisce in maniera violenta, l&rsquo;arbitro Carlos Maciel manda entrambi sotto la doccia. Per la cronaca, la partita terminer&agrave; con cinque espulsi. Prima del 45&rsquo; la formazione allenata da Alfio Basile segna altri due gol, portandosi sul 3-1. Nella ripresa c&rsquo;&egrave; spazio per il gol di Joao Paulo che accorcia le distanze e per tanti, tantissimi falli, come tradizione sudamericana impone. Finir&agrave; 3-2, grazie a quel successo l&rsquo;Albiceleste vincer&agrave; il girone con 5 punti e di conseguenza il torneo.&nbsp; Le vittorie verdeoro del 2004 e 2007  Argentina e Brasile si incontrano in una vera finale 13 anni dopo, nell&rsquo;edizione del 2004. Questa volta a fare da cornice alla sfida &egrave; l&rsquo;Estadio Nacional Jos&egrave; Diaz di Lima, in Per&ugrave;. L&rsquo;Albiceleste si porta in vantaggio quasi subito grazie alla trasformazione dagli undici metri di Kily Gonz&aacute;lez e il Brasile riesce ad acciuffare il pareggio quasi allo scadere del primo tempo con Luisao. La seconda frazione &egrave; ricca di emozioni: dopo le solite botte da orbi e ben 5 cartellini gialli, all&rsquo;87&rsquo; Cesar Delgado porta in vantaggio la formazione di Bielsa. Gli argentini, ormai convinti di avere la vittoria in tasca, abbassano la guardia e concedono il pareggio al 93&rsquo;, firmato da Adriano. I verdeoro, sulle ali dell&rsquo;entusiasmo, la spuntano ai rigori, sfruttando gli errori di D&rsquo;Alessandro e Heinze. L&rsquo;edizione successiva vede ancora le due formazioni scontrarsi nell&rsquo;ultimo atto della competizione: questa volta non c&rsquo;&egrave; storia, la Sele&ccedil;ao travolge Tevez e compagni per 3-0, laureandosi campione del Sudamerica per l&rsquo;ottava volta.       

Le due nazionali si sono incontrate gi&agrave; due volte nell&rsquo;atto conclusivo del torneo sudamericano, nel 1991 invece fu decisivo lo scontro nel girone

Argentina-Brasile, i precedenti in finale di Copa America

        Da Crespo a Messi, passando per Veron, Riquelme, Zanetti, Di Maria, Aguero, Higuain&hellip; generazioni di talenti assoluti, calciatori che hanno fatto sognare i tifosi di tutto il mondo. Ma l&rsquo;ultimo grande campione argentino capace di vincere con la gloriosa maglia Albiceleste resta Gabriel Omar Batistuta. L&rsquo;Argentina, infatti, ha messo in bacheca il suo ultimo trofeo nel lontano 1993, grazie alla vittoria della Copa America. La Copa America 1993 &nbsp; La formula &egrave; cambiata: aumentano le partecipanti da 10 a 12. Sono Stati Uniti e Messico le prime rappresentative della Concacaf a essere invitate. Le due selezioni centroamericane completano il tabellone gi&agrave; composto da Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Paraguay, Per&ugrave;, Bolivia, Ecuador, Colombia e Venezuela. La Seleccion &egrave; guidata da Alfio Basile e detiene lo scettro di campione in carica, in seguito alla vittoria del 1991, ottenuta soprattutto grazie alle grandi prestazioni di un giovane ma gi&agrave; decisivo Batistuta. Nel &rsquo;93 Basile schiera una formazione che si struttura sul fosforo del giovane Redondo e sul dinamismo del Cholo Simeone a centrocampo, per poi esplodere nella &ldquo;cattiveria&rdquo; del bomber Batistuta. La retroguardia &egrave; solida, ben strutturata da uomini di esperienza. L&rsquo;Albiceleste passa il girone grazie a due pareggi e al successo nel giorno del debutto contro la Bolivia firmato Batigol. Lo snodo principale della competizione avviene nei quarti, quando la Seleccion trova sulla sua strada il Brasile. I tempi regolamentari terminano 1-1 (al gol del vantaggio di Muller, risponde un colpo di testa di Leonardo Rodriguez). I supplementari non sono previsti, si va direttamente ai calci di rigore. Dopo 12 trasformazioni in altrettante esecuzioni, Boiadeiro fallisce e Jorge Borelli porta i suoi in semifinale. Qui la storia si ripete: dopo una gara terminata in parit&agrave; contro la Colombia (0-0), &egrave; ancora il difensore del Racing Borelli a calciare il rigore che decide la serie. La finale: Argentina-Messico &nbsp; Dall&rsquo;altra parte del tabellone la grande sorpresa &egrave; il Messico, che alla sua prima partecipazione, dopo essersi qualificato come terza nel girone, ha battuto nettamente Per&ugrave; ed Ecuador. Il 4 luglio 1993 si gioca la finale, il teatro &egrave; il Monumental di Guayaquil. Succede tutto in 10 minuti della ripresa. Al 63&rsquo; Batistuta se ne va di forza sul versante destro dell&rsquo;area di rigore e scarica una terribile fucilata, che batte Jorge Campos sul primo palo. Solo quattro minuti pi&ugrave; tardi Hugo Sanchez si guadagna il rigore che Galindo trasforma per il pari. Ma l&rsquo;uomo della Coppa &egrave; il Re Leone: al 74&rsquo; si libera in area e firma di sinistro la rete del sorpasso. Il Messico &egrave; battuto, l&rsquo;Argentina &egrave; campione per la quattordicesima volta nella storia, staccando cos&igrave; l&rsquo;Uruguay in testa all&rsquo;albo d&rsquo;oro della competizione. &nbsp;       

Nell'edizione giocata in Ecuador nel '93 la Seleccion biss&ograve; il successo del '91 ancora nel segno di Batistuta. Resta l'ultimo titolo per l'Albiceleste

Copa America, nel 1993 l'ultima vittoria dell'Argentina

"Non vinciamo un trofeo dal 1993, abbiamo una squadra fortissima. Con Messi poi...in pi&ugrave; non ci possono mica battere di nuovo come un anno fa!". Questo potrebbe essere stato il pensiero generalizzato in Argentina, tra tifosi e giocatori, prima della finale della Copa Am&eacute;rica di stanotte contro il Cile: remake dell'ultimo atto del 2015. Invece...&egrave; finita proprio come un anno fa, con il Cile che ha trionfato ai rigori dopo una partita tirata a reti inviolate fino al 120'. Una disperazione per la Selecci&oacute;n, che avrebbe addirittura portato Leo Messi al ritiro dalla Nazionale: seguiremo gli sviluppi. Gi&agrave; dopo pochi secondi ci prova Banega, con un destro sul fondo. Poi ghiottissima chance per Higua&iacute;n (21'), che in contropiede supera Bravo ma non riesce ad inquadrare la porta. Partita combattuta, nessuno vuole sbagliare una mossa. Squadre ridotte in 10 contro 10 nel primo tempo per le espulsioni di D&iacute;az (doppio giallo) e Rojo. Altre occasioni sciupate da Vargas (80') e Ag&uuml;ero (84'). I tempi regolamentari si chiudono con un insistito e forzato tentativo di Messi. Palla d'oro per Vargas (98') che non riesce a colpire bene di testa in solitudine, con Romero che blocca il tiro. L'Argentina risponde con un'incornata di Di Mar&iacute;a&nbsp;(100') su punizione di Messi, reattivo Bravo ad alzare in corner. Si va alla lotteria dei rigori: i primi due tentativi di Vidal (parato) e Messi (altissimo) vengono sprecati, poi tutti precisi fino a quando il laziale Lucas Biglia si fa respingere il tiro da Bravo. Francisco Silva&nbsp;&egrave; implacabile e condanna l'Argentina ad un'altra sconfitta bruciante: il filotto di tre finali perse, compreso il Mondiale 2014, &egrave; impressionante. Per il Cile, che non aveva mai vinto la Coppa fino all'anno scorso, seconda affermazione di fila. Ce la faranno Messi e compagni a smaltire questa ennesima&nbsp;delusione?  IL TABELLINO  East Rutherford, 26 giugno Argentina-Cile 0-0 d.t.s., 2-4 d.c.r.  Rigori:&nbsp;Vidal (parato), Messi (alto), Castillo (rete), Mascherano (rete), Ar&aacute;nguiz (rete), Ag&uuml;ero (rete), Beausejour (rete), Biglia (parato), Silva&nbsp;(rete).  Argentina (4-3-2-1):&nbsp;Romero; Mercado, Otamendi, Funes Mori, Rojo; Biglia, Mascherano, Banega (111' Lamela); Messi, Di Mar&iacute;a (57' Kranevitter); Higua&iacute;n (70' Ag&uuml;ero). (In panchina: Guzm&aacute;n, And&uacute;jar, Maidana, Cuesta, Roncaglia, Fern&aacute;ndez, Pastore, Gait&aacute;n). C.T. Martino. Cile (4-3-2-1):&nbsp;Bravo; Isla, Medel, Jara, Beausejour; Vidal, D&iacute;az, Ar&aacute;nguiz; Fuenzalida (80' Puch), Vargas (109' Castillo); Alexis S&aacute;nchez (104' Silva). (In panchina: Toselli, Herrera, Roco, Gonz&aacute;lez, Hern&aacute;ndez, Pulgar, Orellana, Pinilla). C.T. Pizzi.  Arbitro:&nbsp;Lopes (Brasile). Note:&nbsp;ammoniti Diaz, Vidal, Mascherano, Messi, Beausejour, Ar&aacute;nguiz, Kranevitter; espulsi Diaz (28') e Rojo (43'). Uomo partita Budweiser:&nbsp;Bravo.  I premi della manifestazione  Miglior portiere:&nbsp;Claudio Bravo (Cile). Capocannoniere:&nbsp;Eduardo Vargas (Cile), 6 reti. Miglior giocatore:&nbsp;Alexis S&aacute;nchez (Cile).  Top 11: Bravo (Cile); Isla (Cile), Otamendi (Argentina), Medel (Cile), Beausejour (Cile); Mascherano (Argentina), Vidal (Cile), Ar&aacute;nguiz (Cile); Messi (Argentina), V&aacute;rgas (Cile), A. S&aacute;nchez (Cile).  Fabio Ornano @fabio_ornano

Copa Am&eacute;rica, ancora Cile! Disperazione Argentina

Il Cile raggiunge l'Argentina in finale nell'edizione che celebra il centenario della Copa Am&eacute;rica, battendo la Colombia con due reti nei primi minuti di gara. Al 7' Fuenzalida crossa in area dalla destra, Cuadrado interviene di testa ma proprio sui piedi di Charles Ar&aacute;nguiz: un gioco da ragazzi&nbsp;per il numero 20 cileno, che insacca con un tocco di destro e mette alle spalle di Ospina. Il raddoppio arriva appena 4 minuti pi&ugrave; tardi: rilancio lunghissimo del portiere Bravo direttamente nella trequarti colombiana, Alexis S&aacute;nchez si libera agevolmente di Arias rientrando sul destro e colpendo la base del primo palo con una staffilata. Il rimbalzo della sfera bacia ancora i piedi di un giocatore del Cile in solitudine, cos&igrave; Fuenzalida pu&ograve; appoggiare in rete da due passi, davanti ad un esterrefatto Ospina. Sar&agrave; Argentina-Cile, proprio come un anno fa: allora i cileni vinsero ai rigori dopo lo 0-0 dopo 120 minuti.  IL TABELLINO  Chicago, 22 giugno Colombia-Cile 0-2 7' Ar&aacute;nguiz, 11' Fuenzalida  Colombia (4-3-2-1): Ospina; Arias, Cristian Zapata, Murillo, Fabra (73' P&eacute;rez); Carlos S&aacute;nchez, Torres, Cuadrado (80' Bacca); James Rodr&iacute;guez (C), Cardona (46' Marlos Moreno); Martinez. (In panchina: R. Zapata, Bonilla, Mina, Aguilar, Medina, Celis, Estrada, D. Moreno). C.T. Pekerman.  Cile (4-3-2-1): Bravo (C); Isla, Medel, Jara, Beausejour; Ar&aacute;nguiz, Silva, Hern&aacute;ndez (30' Pulgar); Fuenzalida (75' Puch), Vargas (88' Gonz&aacute;lez); Alexis S&aacute;nchez. (In panchina: Toselli, Herrera, Roco, Diaz, Pinilla, Castillo, Orellana). C.T. Pizzi.  Arbitro: Aguilar (El Salvador). Note: ammoniti Bravo, Alexis S&aacute;nchez, Beausejour, Puch, Silva, Bacca, James Rodr&iacute;guez; espulso Carlos S&aacute;nchez (57'). Uomo della partita Budweiser: Ar&aacute;nguiz.  Fabio Ornano @fabio_ornano

Copa Am&eacute;rica, il Cile batte la Colombia (2-0) e vola in finale

L'Argentina di Leo Messi &egrave; la prima finalista della Copa Am&eacute;rica del centenario. I biancocelesti si sono facilmente sbarazzati dei padroni di casa statunitensi con un secco 4-0. La gara viene indirizzata sul binario argentino gi&agrave; al 3&deg; minuto, quando Lavezzi beffa Guzan di testa dopo aver ricevuto un pallone alto da Messi. Meravigliosa punizione mancina di Messi (32') per il raddoppio, con la sfera che supera la barriera, accarezza la traversa e si insacca nel sette alla sinistra di un incolpevole Guzan. Partita ormai in discesa per i sudamericani. Si aggiunge al tabellino anche Gonzalo Higua&iacute;n (50'), pescato da Lavezzi in area: "Pipita" &egrave; lesto a ribattere in rete il suo primo tentativo respinto dal portiere. Sfortunatissimo Lavezzi, che si frattura il gomito sinistro cadendo rovinosamente oltre i cartelloni pubblicitari: salter&agrave; la finalissima. La banda di Martino chiude i conti all'86' ancora con Higua&iacute;n, che appoggia comodamente a porta vuota un cioccolatino servitogli da Messi. Gravi responsabilit&agrave; del subentrato Birnbaum, che innesca l'azione del 4-0 sbagliando un disimpegno al limite dell'area. Ora l'Argentina attende di sapere chi le contender&agrave; il trofeo luned&igrave;: Colombia-Cile giocheranno stanotte a Chicago (alle ore 02.00 italiane).  IL TABELLINO  Houston, 21 giugno  Stati Uniti-Argentina 0-4 3' Lavezzi, 32' Messi, 50' e 86' Higua&iacute;n Stati Uniti&nbsp;(4-4-2): Guzan; Yedlin, Cameron, Brooks, Johnson; Zardes, Bradley, Beckerman (60' Birnbaum), Zusi; Wondolowski (46' Pulisic), Dempsey (78' Nagbe). In panchina: Horvath, Howard, Besler, Castillo, Orozco, Kitchen. Ct: Klinsmann. Argentina (4-3-2-1): Romero; Mercado, Otamendi, Funes Mori, Rojo (84' Cuesta); Fernandez (59' Biglia), Mascherano, Banega; Messi, Lavezzi (67' Lamela); Higua&iacute;n. In panchina: Andujar, Guzman, Maidana, Roncaglia, Kranevitter, Pastore, Di Maria, Aguero. Ct: Martino. Arbitro: C&aacute;ceres (Paraguay). Note: ammonito Wondolowski. Uomo partita Budweiser: Messi.  Fabio Ornano @fabio_ornano

Copa Am&eacute;rica, Argentina prima finalista: Usa travolti (4-0)

Conclusasi la fase ai gironi, la Coppa America entra nel vivo con i quarti di finale. Usa-Ecuador e Argentina-Venezuela la prima parte del tabellone, mentre la seconda contiene Per&ugrave;-Colombia e Messico Cile. Cominciano i quarti gli Stati Uniti che sfideranno l&rsquo;Ecuador. Gli Usa sono giunti al primo posto nel gruppo A, al termine del girone eliminatorio, davanti alla Colombia, entrambe con sei punti (due vittorie, una sconfitta), ma con miglior differenza reti. L&rsquo;Ecuador &egrave; giunta invece seconda nel girone B, alle spalle della sorpresa Per&ugrave; che ha eliminato il Brasile. I punti di forza della nazionale a stelle e strisce sono il centrocampo fisico che poggia sul talento Michael Bradley e l&rsquo;attaccante Dempsey che, come sempre, si &egrave; rivelato un vero trascinatore ed elemento fondamentale della squadra. L&rsquo;Ecuador, dal canto suo, ha superato il girone battendo la modesta Haiti e pareggiando con il Per&ugrave; e un Brasile in forte crisi. Il loro elemento di maggiore spicco &egrave; Enner Valencia, attaccante del West Ham soprannominato Superman per via del suo salto molto alto. Dunque gli Usa dovranno fare attenzione e cercare di chiudere quanto prima il discorso quarti di finale. Per&ugrave;-Colombia si prospetta una partita molto delicata sotto certi punti di vista. Il Per&ugrave; &egrave; un&rsquo;ottima nazionale di calcio che &egrave; giunta fin qui battendo l&rsquo;Haiti e il Brasile. La Colombia, invece, ha passato il girone della Copa America Centenario da 2^ e ha evitato un eventuale&nbsp;confronto con l&rsquo;Argentina di Messi. Ha riposato pi&ugrave; tempo rispetto al Per&ugrave; che, al contrario, ha schierato pi&ugrave; o meno sempre gli stessi elementi. Il punto di forza della nazionale Albirroja &egrave; Paolo Guerrero, l&rsquo;attaccante col vizio del gol. Dunque, i Cafeteros dovranno tenere d&rsquo;occhio il peruviano. Ma non &egrave; tutto, la Colombia schierer&agrave; alcuni giocatori che sono scesi in campo poco, come James Rodriguez. L&rsquo;Argentina &egrave; una macchina da guerra e le uniche squadre che sulla carta sembrano avere qualche chance di insidiare la corazzata del Tata Martino sono i campioni in carica del Cile (gi&agrave; battuti per 2-1 nel Gruppo D) e il Messico, che si ritroveranno contro ai quarti. Dunque delle due ne avanzer&agrave; soltanto una. L&rsquo;albiceleste, prima nel ranking Fifa e primissima nel girone D con nove punti, dieci gol fatti e uno solo subito, con un Messi in formissima non dovrebbe infatti avere problemi contro un Venezuela che non ha comunque sfigurato nel Gruppo C, chiudendo sette punti a braccetto con il Messico (ma con una peggiore differenza reti). In Messico-Cile i due team, decisi a dire la loro nella kermesse statunitense, sono infatti pronti a sfidarsi un un test match a pochi giorni dall&rsquo;inizio della competizione. Reduce dal successo casalingo dell&rsquo;ultima edizione la roja deve riscattare il ko incassato contro la Giamaica, sull&rsquo;altro fronte la Tricolor vuole allungare a otto la serie di vittorie di fila, ultima in ordine di tempo quella ai danni del Paraguay con gol partita di Guardado. Negli ultimi due scontri diretti sono arrivati altrettanti pareggi: 0-0 in amichevole nel 2014 e 3-3 in Copa America lo scorso anno con un Messico in versione alternativa in vista della Gold Cup, vinta proprio dalla truppa di Herrera. La presenza di attaccanti del calibro di Alexis Sanchez, Pinilla, Jimenez e Chicarito potrebbe regalare sorprese.  Marco Stiletti

Coppa America, il torneo entra nel vivo

Ai Mondiali del 2014 in Brasile l'Uruguay doveva essere una delle grandi protagoniste dopo il quarto piazzamento in Sudafrica e la vittoria in Coppa America 2011. Invece la&nbsp; squadra di Oscar Washington Tabarez ha avuto una regressione incredibile: prima un ottavo di finale perso contro la Colombia ai Mondiali carioca e poi qualificata come terza ai quarti nella Coppa America 2015 ed eliminata dalla vincitrice Cile per 1-0. La regressione e la crisi di risultati non &egrave; ancora finita. Ieri notte &egrave; arrivata la clamorosa eliminazione dal torneo americano del Centenario. Una uscita di scena precoce e inaspettata dopo la sconfitta subita al Rose Bowl di Pasadena dal Venezuela per 1-0 con un gol di Salomon Rondon, del West Bromwich, al 36&prime;. Deludente l&rsquo;Uruguay, con Cavani che ha fallito un gol clamoroso e con Luis Suarez che ha litigato con Tabarez, per il mancato utilizzo. L&rsquo;uscita anticipata di Cavani (l&rsquo;ombra di se stesso) e compagni dalla Coppa America &egrave; meritata. Poca qualit&agrave; nella rosa, concentrata solo in attacco. E se da anni Tabarez non pu&ograve; contare su centrocampisti di tecnica e palleggio, stavolta &egrave; pesata anche la vulnerabilit&agrave; difensiva di Godin e soci, con quattro gol subiti in due gare. Ma se l&rsquo;Uruguay non d&agrave; spettacolo in campo, con Cavani che sbaglia gol a ripetizione, &egrave; Luis Suarez che si copre di ridicolo con uno show fatto di rabbia per essere rimasto in panchina e di frustrazione per non poter dare il suo contributo alla squadra. A partita ormai avviata alla fine, mentre qualche compagno si toglie il fratino e lo scaglia a terra. lui si avvicina alla panchina e con fare minaccioso chiede perch&eacute; non lo fanno entrare, poi, impotente sferra un pugno alla parete di plexiglas. Insomma tutto sbagliato e Uruguay da ricostruire per ritornare vincente come nel 2011. A sancire il verdetto dell'eliminazione della squadra di Tabarez &egrave; stata comunque la vittoria per 2-0 del Messico sulla Giamaica: Hernandez e Peralta hanno regalato la qualificazione alla loro nazionale, che nell'ultima giornata si giocher&agrave; il primo posto nello scontro diretto con il Venezuela, a sua volta gi&agrave; sicuro dei quarti per la prima volta con una storica qualificazione.  Marco Stiletti

Coppa America: la crisi dell'Uruguay

A un anno dalla disfatta del Brasile contro la Germania, cerchiamo di capire cosa &egrave; cambiato nella Sele&ccedil;ao, osservando quali uomini sono stati &ldquo;potati&rdquo; e quali sono rimasti nei ranghi della formazione titolare, e dando un&rsquo;occhiata ai risultati ottenuti da Dunga, richiamato sulla panchina verdeoro e subentrato a Scolari, nonostante i risultati del secondo siano superiori a quelli del primo. Felip&atilde;o ha vinto un Mondiale e concluso in semifinale l&rsquo;altro. Il modo drammatico con cui si &egrave; concluso il torneo casalingo, forse la pagina pi&ugrave; nera della storia del calcio brasiliano, ha fatto gridare al fallimento (e in effetti lo &egrave; stato, tanto da coniare il termine Mineirazo, che richiama il Maracana&ccedil;o del &lsquo;50), ma nelle due edizioni precedenti, con Carlos Alberto Parreira (vincitore nel 1994: in Brasile amano i grandi ritorni) e con Dunga, la corsa si era fermata ai quarti di finale, dunque un passo prima rispetto al 2014. Ad ogni modo, mai i verdeoro avevano subito sette gol in una sola gara, non perdevano in casa da dodici anni e mai una semifinale si era risolta con uno scarto simile. Julio Cesar in porta; Maicon, David Luiz, Dante e Marcelo in difesa; Fernandinho e Luiz Gustavo in mediana; il trio Hulk-Oscar-Bernard sulla trequarti; Fred di punta. Questa la formazione scelta un anno fa da Scolari nel match contro Lahm e compagni. Decisioni piuttosto obbligate, alla luce delle assenze di Neymar (sostituito da Bernard) per infortunio e di Thiago Silva (rimpiazzato da Dante) per squalifica. La pietra dello scandalo era la presenza di Fred, fedelissimo del tecnico e non amato invece dai tifosi brasiliani (l&rsquo;alternativa sarebbe stata comunque J&ocirc;, non esattamente Romario). E gi&agrave; alla vigilia del torneo, avevano fatto parecchio discutere le assenze di Miranda e Luis Filipe, difensori titolari dell&rsquo;Atl&eacute;tico Madrid appena laureatosi Campione di Spagna e arrampicatosi fino alla finale di Champions League.  Il Mondiale casalingo era stato vissuto intensamente dai giocatori, carichi di pressioni e quasi alle lacrime durante le esecuzioni degli inni nazionali, un po&rsquo; in tutte le partite. Pi&ugrave; che togliersi le tensioni di dosso, i brasiliani si caricavano sempre pi&ugrave; di responsabilit&agrave; e la testa era sgombera sola a sprazzi. Sul campo si procedeva avanti tra aiutini arbitrali (vedi l&rsquo;esordio con la Croazia) e colpi di fortuna (come il legno colpito dal cileno Pinilla all&rsquo;ultimo secondo dei supplementari, all&rsquo;altezza degli ottavi). Il gioco latitava, ma in un modo o nell&rsquo;altro, di strada se ne era percorsa. La sfida dei quarti contro la Colombia aveva estromesso poi dalla rassegna Neymar, per una forte botta alla schiena dopo un contrasto con Zu&ntilde;iga, e Thiago Silva. Due elementi imprescindibili in un undici balbettante, soprattutto perch&eacute; in semifinale arrivava una Germania in forma smagliante e al massimo della sua lucentezza.  Felip&atilde;o aveva fino a quel momento un dolce ricordo della squadra tedesca: al Mondiale del 2002 la sconfisse in finale. Ma se in quell&rsquo;occasione la sua squadra arrivava a Yokohama con una formazione stellare (c&rsquo;erano Ronaldo, Roberto Carlos, Ronaldinho, Rivaldo e Cafu) e i teutonici come una rivelazione, questa volta i rapporti di forza erano invertiti: l&rsquo;undici di L&ouml;w si presentava da favorito all&rsquo;appuntamento, forte di un organico&nbsp; privo di punti deboli. Il Brasile, pieno di dubbi, nascosti sotto il tappeto nelle uscite precedenti. Merito dei futuri Campioni del Mondo fu quello di smascherarli tutti, premendo sull&rsquo;acceleratore sin dalle prime battute di gioco. I verdeoro, non aspettandosi forse tale veemenza, si sciolsero immediatamente ed entrarono nella storia, ma in senso negativo.  All&rsquo;11&rsquo; M&uuml;ller sblocc&ograve; la gara, al 23&rsquo; Klose raddoppi&ograve; soffiando il record di reti nella storia dei Mondiali a Ronaldo (beffa nella beffa), poi tocc&ograve; a Kroos entrare nel tabellino dei marcatori con due reti in due minuti, e al 29&rsquo; ecco la gloria personale per Khedira. Dopo mezz&rsquo;ora, il punteggio recitava implacabilmente: Brasile 0, Germania 5. Partita finita. Tedeschi in giubilo, brasiliani con sentimenti misti tra pianti e rabbia. Il sogno di archiviare il Maracana&ccedil;o lasci&ograve; posto a un incubo ancor pi&ugrave; spaventoso. Nella ripresa, la Germania trover&agrave; altre due reti con Sch&uuml;rrle, si manger&agrave; l&rsquo;8-0 con &Ouml;zil e subir&agrave; nel capovolgimento di fronte la rete della bandiera di Oscar. Brasileunogermaniasette. Salt&ograve; subito la testa di Scolari, destinato a un altro capitombolo nella finale del terzo posto. I giornali uscirono con titoli luttuosi o pagine bianche come a dire: &ldquo;Siamo senza parole&rdquo;.  Il 22 luglio, venne presentato il Dunga-bis. All&rsquo;ex regista di Pisa, Fiorentina e Pescara, fu assegnato il compito di ricostruire un nuovo gruppo sulle macerie di un ciclo chiuso in modo tragico. Dopo un anno, possiamo gi&agrave; intravedere cosa &egrave; cambiato, anche se nella Copa Am&eacute;rica da poco conclusa, &egrave; andato in scena di nuovo un Brasile a tinte fosche, poco spettacolare, imperniato sulla classe di Neymar, tanto da uscire di scena ancora una volta a seguito dell&rsquo;assenza del suo fuoriclasse (espulso dopo il match con la Colombia, quando nella prima gara, contro il Per&ugrave;, aveva segnato e offerto l&rsquo;assist del gol-vittoria a Costa). Non &egrave; cambiato il modulo, Dunga si sta ancora affidando al 4-2-3-1. Sono cambiati invece molti interpreti. In porta, Julio Cesar &egrave; stato avvicendato da Jefferson. In difesa, sono stati finalmente scelti Miranda (al posto di David Luiz) e Filipe Luis (per Marcelo), schierati rispettivamente al centro e a sinistra; Thiago Silva, assente con la Germania ma ovviamente imprescindibile gi&agrave; ai tempi di Scolari, &egrave; stato confermato il leader del reparto arretrato, mentre a destra si &egrave; riappropiato della fascia Dani Alves. In mediana, sarebbe stato confermato il duo Luiz Gustavo-Fernandinho, che tutto sommato non naufrag&ograve; agli scorsi Mondiali, ma il primo, amato gi&agrave; da Scolari, non ha preso parte alla competizione cilena per infortunio. Al suo posto, ha giocato il trentenne Elias, centrocampista del Corinthians. In avanti, la sorpresa maggiore arriva dalla presenza di Robinho. Un vero punto interrogativo. Dopo il forfait di Neymar, l&rsquo;ex milanista si &egrave; preso pure una maglia da titolare, venendo usato a sinistra nel tridente, comprensivo anche di Willian e dell&rsquo;ex nerazzurro Coutinho, altro volto nuovo della gestione. Tagliati rispetto a un&rsquo;estate fa i trequartisti Oscar (per un infortunio un po&rsquo; sospetto) e Hulk (scelta tecnica). Quest&rsquo;ultimo in particolare sembra poco gradito a Dunga, che pare snobbarlo. Cos&igrave; come sono stati snobbati alcuni elementi forse meritevoli di considerazione, tra cui il laziale Felipe Anderson.  In avanti restano i problemi. Silurato Fred (quello che ha giocato pochi scampoli in Copa Am&eacute;rica era un altro), non si riesce a trovare una punta pura. L&rsquo;attaccante del Fluminense &egrave; stato rimpiazzato da Firmino, altro volto del Liverpool - al pari di Coutinho - a cui &egrave; approdato questa estate per 40 milioni di euro. All&rsquo;Hoffenheim si alternava tra attacco e trequarti, in Copa Am&eacute;rica &egrave; stato sempre utilizzato come riferimento offensivo, venendo preferito a Diego Tardelli, anche lui non un vero 9.  Il torneo concluso con l&rsquo;eliminazione ai rigori contro il Paraguay (come nell&rsquo;edizione precedente e allo stesso turno, i quarti) ha alimentato i malumori, ma almeno questa volta non ci sono stati drammi e non solo perch&eacute; i giochi sono finiti con punteggi umani. Dopo un crollo come quello del 2014 &egrave; lecito dare un po&rsquo; di tempo a un nuovo Ct. E soprattutto, al Mondiale si arrivava carichi di aspettative, in Copa Am&eacute;rica con una rassegnazione che un intero Paese vuole dimenticare.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Brasile, a un anno dalla disfatta, a che punto &egrave; la ricostruzione

Era la ghiottissima occasione per indossare delle vecchie cuffie, mettere su il 'best of' di Astor Piazzolla e cominciare a ballare sulle note di Libertango in territorio nemico. Una generazione cos&igrave; colma di talento, in Argentina, non si vedeva da un bel po' di anni. E riesce difficile soltanto scorrere con l'indice il palmares dell'Albiceleste e vedere che l'ultimo trofeo &egrave; datato 1993, tralasciando le vittorie dei cinque Mondiali Under 20 sparsi tra il '95 e il 2007 e delle Olimpiadi di Atene e Pechino.   In Cile, come in Brasile, a strappare Leo Messi da quel misero centimetro che lo separa dalla gloria personale ci hanno pensato Angel Di Maria e Gonzalo Higuain. Al primo, chiaramente, nulla &egrave; imputabile, se non una questione di sfortuna. Una lesione muscolare gli ha vietato la gioia del Maracan&agrave;, nell'ultimo atto mondiale contro la Germania. E a Santiago si &egrave; dovuto arrendere alla mezz'ora del primo tempo, sempre per un problema fisico.  Discorso diametralmente opposto se si parla di Higuain. Due brutti errori, prima allo scadere del tempo regolamentare e dopo dal dischetto. Se la Copa Am&eacute;rica non &egrave; andata all'Argentina, il (de)merito &egrave; anche del Pipita a coronamento di un anno piuttosto pallido, escludendo la Supercoppa di Doha. Il rigore Champions contro la Lazio, che ha relegato il Napoli addirittura in quinta posizione. Abbiamo capito che Gonzalo non va molto d'accordo con i tiri dagli undici metri. Una cosa, per&ograve;, la sappiamo. Lo splendido tesoro partenopeo, perch&eacute; lo &egrave; ed &egrave; innegabile, resta uno dei migliori interpreti nel suo ruolo.  Lo sa bene anche De Laurentiis, dato che nelle scorse settimane ha tenuto a precisare che la clausola dell'argentino &egrave; pari a ben 94 milioni di euro. Cifra elevatissima, se non ti chiami Messi. Ma chi, tra i tanti emiri, sceicchi e sultani, dovrebbe staccare l'assegno per una somma del genere? Soprattutto se dovessero rivedere nuovamente, nel 150 pollici di casa, gli highlights della finale di Rio tra Argentina e Germania. L&igrave;, Gonzalo, ha fallito. Un maldestro colpo di testa di Kroos - anche qui non si parla del primo tizio che si incontra nel reparto surgelati del supermercato -, gli permette di trovarsi a tu per tu con Neuer. E chiss&agrave; quanti pensieri, in quel momento. Dove la metto? Come la metto? Conclusione sporchissima e 1-0 che non arriva. Per la disperazione di Mascherano, che si tocca i capelli che non ha. Ma c'&egrave; ancora tutto il tempo per rimediare.  Adriano Lo Monaco @damorirne 

Napoli, l'inutile clausola di Higuain

Il Cile &egrave; Campione del Sudamerica per la prima volta nella sua storia. La Roja trionfa meritatamente di fronte al proprio pubblico, portando a termine un&rsquo;edizione, dove - al netto di qualche aiuto arbitrale - ha ben figurato in tutte le gare e garantendosi una storica vittoria, frutto di un carattere battagliero che rispecchia la volont&agrave; del proprio allenatore e anche lo spirito dei minatori di San Jos&eacute;, che lo scorso anno furono protagonisti di un video nel quale chiedevano prove di carattere ai propri idoli. Per la formazione di Sampaoli, primo straniero a vincere la rassegna dal 1963, quando la Bolivia si laure&ograve; campione col brasiliano Danilo Alvim in panchina, la Copa &egrave; iniziata con un 2-0 all&rsquo;Ecuador, firmato da Vidal e Vargas, due dei migliori giocatori del torneo. Poi c&rsquo;&egrave; stato lo spettacolare 3-3 contro il Messico, unico match (esclusa la finale) non concluso con una vittoria e frutto ancora delle reti di Vidal (doppietta) e Vargas. Alla terza uscita, la Bolivia &egrave; stata spazzata via per 5-0, grazie alla doppietta di Aranguiz, alla rete di Sanchez, a quella di Medel e a un autogol. L&rsquo;eliminazione diretta &egrave; stata inaugurata dal gol di Isla che ha fatto fuori i detentori dell&rsquo;Uruguay, nella famosa partita della &ldquo;toccatina&rdquo; di Jara su Cavani, seguita dalla sceneggiata che gli &egrave; costata l&rsquo;esclusione da semifinale e finale. Una doppietta di Vargas al Per&ugrave;, nel &ldquo;derby del Pacifico&rdquo; ha spalancato infine le porte della finale, dove il Cile si presentava per la terza volta nella propria storia. Di fronte, un&rsquo;Argentina considerata la grande favorita alla vigilia: finalista agli scorsi Mondiali, l&rsquo;Albiceleste si presentava al torneo con la consapevolezza di essere la compagine pi&ugrave; forte, grazie a una rosa di nomi da far paura e a un ottimo stato di forma. I risultati con cui il Tata Martino (a proposito, perse la finale anche quattro anni fa, quando il suo Paraguay si arrese all&rsquo;Uruguay) &egrave; arrivato a giocarsi l&rsquo;ultimo atto, poi, davano l&rsquo;idea della solidit&agrave; di Messi e compagni: ai gironi, avevano battuto gli eterni rivali dell&rsquo;Uruguay, ai quarti la temibile Colombia dopo i calci di rigore e in semifinale, avevano estromesso il Paraguay con un non replicabile 6-1. E invece, la finale di Santiago ha stabilito che gli argentini, a digiuno dal 1993, dovranno aspettare ancora per sollevare un titolo. I rigori, che ai quarti avevano fatto gioire, in finale si rivelano fatali, a seguito dei decisivi errori di Higuain, al secondo sbaglio grave dal dischetto nel giro di pochi mesi (ricorderete quello sbagliato contro la Lazio all&rsquo;ultima giornata) e di Banega. Il Cile &egrave; cresciuto tanto negli ultimi anni, e finalmente pu&ograve; passare alla cassa a riscuotere. Il Ct Jorge Sampaoli ha sfruttato al meglio la generazione di talenti cresciuta nel Paese andino e ha assemblato una squadra capace di giocare con intensit&agrave; per partite intere, di raddoppiare costantemente le marcature sugli avversari, di ingabbiare i talenti delle altre squadre e di esaltare i propri. Arturo Vidal &egrave; l&rsquo;anima della squadra e probabilmente il miglior giocatore del torneo. Gary Medel rappresenta la parte &ldquo;sporca&rdquo;, combattente, carismatica. Alexis Sanchez e Jorge Valdivia sono il meglio della parte tecnica. Eduardo Vargas l&rsquo;ha buttata dentro con costanza, accaparrandosi la palma di capocannoniere. Questo cocktail di uomini giusti con le mansioni giuste ha permesso alla Roja di disporsi al meglio in campo. L&rsquo;equilibrio &egrave; stato completato dalla sostanza del sottovalutato Marcelo Diaz, comprimario in Europa nelle fila del Basilea prima, dell&rsquo;Amburgo poi, intoccabile in nazionale. Senza scordare poi Oscar Bravo, votato miglior portiere della kermesse e Mauricio Isla, sempre positivo in nazionale. Quello di Sampaoli, allievo della scuola Bielsa, &egrave; stato un capolavoro. Gi&agrave; ai Mondiali, il Cile aveva mostrato cose egregie, fermandosi ai rigori contro il Brasile, all&rsquo;altezza degli ottavi di finale. Questa volta l&rsquo;undici era ancor pi&ugrave; collaudato, trascinato dal proprio pubblico e determinato a mettere il suo primo trofeo in bacheca, convinto che era un &ldquo;adesso o mai pi&ugrave;&rdquo;. Mescolando questi fattori, Vidal e Sanchez si sono spinti dove non avevano mai osato illustri predecessori come Salas o Zamorano. &Egrave; l&rsquo;ottava nazionale a scrivere il proprio nome nell&rsquo;albo d&rsquo;oro, il Cile (l&rsquo;ultima volta in cui aveva trionfato una squadra nuova, fu nel 2001, quando vinse la Colombia). Ecuador e Venezuela rimangono a zero, uniche nazionali a non aver mai conquistato l&rsquo;alloro (escluse quelle a invito dalle altre confederazioni). L&rsquo;Argentina invece deve accontentarsi ancora una volta della piazza d&rsquo;onore, come era accaduto ai Mondiali e anche in altre due edizioni recenti della Copa Am&eacute;rica, quella del 2004 e quella del 2007. Resta la sensazione di una compagine che prima o poi dovr&agrave; raccogliere i suoi frutti, anche se il tempo passa e le occasioni si assotigliano. Quella dei Mondiali del 2018, sar&agrave; l&rsquo;ultima per molti protagonisti. Come sempre, in questi casi, ci sono dei rimpianti. Se ai Mondiali 2014 era stato l&rsquo;errore sotto porta di Palacio, questa volta &egrave; la palla non corretta in porta da Higuain al 92&rsquo; a togliere il sonno ai tifosi biancocelesti. Tutto il Cile ha soffiato su quella palla per non farla entrare dentro, e una volta uscita, l&rsquo;Estadio Nacional ha cominciato davvero a pensare che stava per scoccare la propria ora. Per i cileni, era appena passato il momento pi&ugrave; difficile. Quanto al torneo in generale, va detto dei quattro allenatori argentini in semifinale (Martino-Argentina, Sampaoli-Cile, Gareca-Per&ugrave;, Diaz-Paraguay); dell&rsquo;ennesima amarezza del Brasile, uscito ai rigori contro il Paraguay, proprio come quattro anni fa; dell&rsquo;ottimo Per&ugrave;, una delle migliori espressioni di questo mese e giunto sul gradino pi&ugrave; basso del podio per la seconda edizione consecutiva (vanta anche il cannoniere Paolo Guerrero, quattro gol al pari del cileno Vargas); della delusione della Colombia, considerata tra le favorite soprattutto per il suo attacco, rimasto invece totalmente a secco di reti. Se dovessimo scegliere un Best 11, sarebbe il seguente: Bravo (Cile); Advincula (Per&ugrave;), Medel (Cile), Murillo (Colombia), Rojo (Argentina); Aranguiz (Cile), Mascherano (Argentina), Vidal (Cile); Sanchez (Cile), Guerrero (Per&ugrave;), Vargas (Cile). Giovanni Del Bianco @g_delbianco 

Copa Am&eacute;rica. La prima volta del Cile e l'ennesima delusione argentina

Parte questa notte, la quarantaquattresima edizione della Coppa America, il torneo per nazionali pi&ugrave; antico del mondo. Facciamo il punto sui gironi e sulle aspettative delle dodici compagini. GRUPPO A (Bolivia, Cile, Ecuador, Messico) Il Cile padrone di casa dovrebbe riuscire a passare il turno agevolmente, considerati il fattore campo e un girone di difficolt&agrave; medio-basso: a far compagnia a Vidal e compagni sono infatti la Bolivia, considerata una delle formazioni pi&ugrave; deboli del torneo, il Messico, che pare orientato pi&ugrave; sulla Coppa Oro che avr&agrave; inizio a luglio e l'Ecuador, che agli scorsi Mondiali figur&ograve; bene senza per&ograve; passare il girone (unica sudamericana non andata oltre la prima fase).&nbsp; I cileni vantano un neocampione d&rsquo;Europa (il portiere Bravo del Barcellona, riserva di Ter Stegen in Champions League) e un vicecampione (lo juventino Vidal). Inoltre, contano su un Alexis Sanchez autore di sedici reti nella Premier League appena conclusa con la maglia dell&rsquo;Arsenal. Sar&agrave; l&rsquo;ultimo torneo per nazionali per il centrocampista della Fiorentina Pizarro, 35 anni. Le qualit&agrave; principali della Roja sono in mezzo, dove regnano Vidal e Valdivia.L'impronta data da Sampaoli al Cile &egrave; stata evidente negli ultimi anni. Col torneo in casa, potrebbe anche essere la volta buona per passare a riscuotere. Il Messico sar&agrave; privo di molte stelle, come Giovani Dos Santos o Chicharito Hernandez. Potr&agrave; approfittarne l&rsquo;Ecuador di Enner Valencia, che battezzer&agrave; il torneo questa notte, debuttando a Santiago contro i padroni di casa.  GRUPPO B (Argentina, Giamaica, Paraguay, Uruguay) Il secondo raggruppamento &egrave; quello di ferro. Ci sono i campioni (l'Uruguay), i vicecampioni (il Paraguay) e i favoriti (l'Argentina). Il girone prevede l&rsquo;interessante duello tra Uruguay e Argentina, le due nazionali con pi&ugrave; titoli continentali (quindici per la Celeste, quattordici per l&rsquo;Albiceleste). I detentori hanno ancora il santone Oscar Washington Tabarez a guidarli. L'ex tecnico di Milan e Cagliari punta a difendere il titolo. Le doppiette tra l&rsquo;altro sono molto frequenti nella storia della Copa Am&eacute;rica: negli ultimi trent&rsquo;anni &egrave; capitata allo stesso Uruguay nel 1983 e 1987, all&rsquo;Argentina nel 1991 e 1993, al Brasile nel 1997 e 1999 e nel 2004 e 2007. Non ci sar&agrave; Luis Suarez, ancora squalificato dopo il morso a Chiellini, mentre ci saranno i soliti Godin, Maxi Pereira, Alvaro Gonzalez, Arevalo Rios, Carlos Sanchez. Oltre a ovviamente Edinson Cavani, una delle star pi&ugrave; attese della kermesse cilena.&nbsp; L&rsquo;Argentina ha i favori del pronostico: finalmente l&rsquo;ostracismo ai danni di Tevez &egrave; terminato, e l&rsquo;Apache potr&agrave; essere schierato in un attacco da sogno, che include interpreti come Messi, Di Maria, Higuain, Lavezzi e Ag&uuml;ero. Qualit&agrave; allo stato puro. Anche gli altri reparti hanno nomi altisonanti, da Mascherano a Lamela, da Pastore a Zabaleta. Andare a caccia del titolo, che a Buenos Aires non si festeggia dal 1993 (erano i tempi di Batistuta), non solo si pu&ograve;: si deve. Il Paraguay, finalista nell&rsquo;edizione del 2011 parte dietro le altre due e l'ipotesi pi&ugrave; realistica sembra quella di un piazzamento tra le migliori terze. Quattro anni fa il Tata Martino trascin&ograve; i biancorossi fino alla finale, senza vincere in realt&agrave; neppure un match: tre pareggi ai gironi, due pareggi e altrettante qualificazioni nella fase a eliminazione diretta. Questa volta, Martino sar&agrave; un avversario: il debutto paraguaiano &egrave; proprio contro l'Argentina, guidata dall'ex tecnico del Barcellona. Ramon Diaz punta sull'esperienza dei suoi: Villar, Haedo Valdez e Santa Cruz sono tutti over 30. Infine, c'&egrave; la Giamaica, alla prima Coppa America della sua storia. I Reggae Boyz partecipano come rappresentanti Concacaf (assieme al Messico, fedelissimo del torneo), prendendo il posto che generalmente spetta a Costa Rica o Stati Uniti. Hanno molti elementi che militano in Europa, ma quasi tutti nelle serie minori. Si presentano come una "cenerentola", anche perch&eacute; il girone &egrave; davvero tosto.  GRUPPO C (Brasile, Colombia, Per&ugrave;, Venezuela) Fernandinho, Willian, David Luiz: di quel disastroso 1-7 subito in casa contro la Germania gli scorsi Mondiali, solo loro sono rimasti nei ranghi della Sele&ccedil;ao, oltre a Neymar e Thiago Silva, che quel match non l&rsquo;hanno disputato, per infortunio il primo, per squalifica il secondo. Il Brasile ha riaffidato a Dunga la panchina, con l&rsquo;obiettivo di voltar pagina e dimenticare il disastro dello Scolari-bis (in realt&agrave; Scolari, risultati alla mano, avrebbe persino fatto un Mondiale migliore rispetto ai due precedenti, uno dei quali proprio con Dunga in panchina, ma guai a dirlo, dopo quella maledetta semifinale). L&rsquo;uomo-simbolo &egrave; ovviamente Neymar, che come partner d&rsquo;attacco avr&agrave; uno tra Diego Tardelli, Firmino e Robinho. Nel terzo girone c&rsquo;&egrave; anche la Colombia, in quello che sar&agrave; un remake dei quarti di finale dei Mondiali, quando i gol di Thiago Silva e David Luiz spensero i sogni di gloria della miglior Colombia di sempre. I colombiani, avranno questa volta anche Radamel Falcao: l&rsquo;attaccante del Manchester United era fino all&rsquo;anno scorso la stella della squadra, ma il Mondiale saltato per infortunio e una stagione non brillante in Inghilterra gli hanno fatto perdere appeal. In Brasile brill&ograve; la stella di James Rodriguez, probabilmente il miglior calciatore della Coppa del Mondo: Pekerman riparte da lui per cercare di arrivare fino in fondo (l'unica affermazione &egrave; quella del 2001). Oggi i Cafeteros fanno paura e con un organico che include anche Bacca, Gutierrez e Jackson Martinez hanno un potenziale offensivo da urlo. Dietro Brasile e Argentina, c'&egrave; sciuramente la Colombia. Il gruppo C ospita inoltre il Per&ugrave; (terzo posto nel 2011, miglior piazzamento dal &rsquo;75 a oggi) del bomber Guerrero, cannoniere della scorsa edizione, e il Venezuela, piazzatosi appena fuori dal podio quattro anni fa. Nella Vinotinto ci sono i due &ldquo;italiani&rdquo; Rincon e Martinez, ma l&rsquo;icona &egrave; per l&rsquo;ennesima volta il veterano Arango: lo scontro diretto sar&agrave; la chiave per il passaggio del turno, magari come una delle due migliori terze.   Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Il cammino di Santiago. Copa Am&eacute;rica al via

Nel 2015 ancora si legge e si ascolta che Lionel Messi avrebbe bisogno di alzare un trofeo con l'Argentina per essere considerato dello stesso rango di Diego Maradona, ma al netto di tutti i discorsi sul calcio della nazionali che sta arrivando al capolinea (e non soltanto per le malversazioni dei dirigenti FIFA negli ultimi decenni) non vediamo cosa possa aggiungere la Copa America che sta per iniziare al curriculum del quattro volte Pallone d'Oro, quattro volte trionfatore in Champions League e tutto il resto che gli appassionati di calcio conoscono a memoria. Non che il torneo ospitato dal Cile sia di basso livello, anzi valutando le poche defezioni nelle varie squadre possiamo gi&agrave; dire che sulla carta potrebbe essere una delle migliori edizioni delle 44 totali e che l'Argentina si presenta con quasi tutto il meglio, come se dovesse vendicarsi del Mondiale sfuggito per il gol di G&ouml;tze. Da Higuain ad Aguero, da Tevez a Lavezzi, da Di Maria a Mascherano, il Tata Martino ha in mano una specie di Dream Team. Nella manifestazione si ricordano un Messi ventenne, che nel 2007 in Venezuela conquist&ograve; la finale con la squadra allenata da Basile che sembrava quasi l'Inter di quei tempi e di quelli che sarebbero arrivati (Carrizo, Zanetti, Burdisso, Cambiasso, Veron, Milito, Crespo, Palacio): la coppa per&ograve; la vinse il Brasile di Dunga, con Robinho stella della manifestazione. La vera grande delusione per Messi &egrave; stata quattro anni fa, quando la Copa l'ha ospitata l'argentina: quarti di finale ed eliminazione ai rigori contro un Uruguay di Tabarez. E quindi? Detto che il 'perdente' Messi ha al suo attivo con l'Argentina l'oro olimpico del 2008, che Maradona la Copa non l'ha mai vinta nemmeno con le due Argentine fresche di Mondiale (edizioni 1979 e 1987) &nbsp;e che i confronti dei palmares sono fondamentalmente stupidi (c'&egrave; una certa differenza qualitativa e finanziaria fra il Barcellona dell'ultimo decennio e il Napoli, pur forte, degli anni Ottanta), &egrave; chiaro che &nbsp;vincere questa Copa America subito dopo la Champions darebbe a Messi quell'aura mitologica che in patria non ha mai avuto: un po' perch&eacute; &egrave; emigrato a tredici anni e molto perch&eacute; il passato sembra sempre pi&ugrave; bello.  Twitter @StefanoOlivari  [poll id="3"]

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