        &ldquo;Un Secolo d&rsquo;Azzurro&rdquo;, e non solo, perch&eacute; i cimeli che possiamo trovare all&rsquo;interno di questa mostra, abbracciano oltre un secolo di storia. &Egrave;&nbsp;la pi&ugrave; grande rassegna storica ed antologica sulla Nazionale italiana di calcio. La sua forza sta proprio nell&rsquo;essere di tutti: come la Nazionale, infatti, &egrave; una mostra itinerante, e pu&ograve; quindi essere facilmente accessibile in tutte le zone del Paese. Il progetto &egrave; curato dal dottor Mauro Grimaldi (ad Federcalcio Servizi), promosso dall'Associazione&nbsp;Sant&rsquo;Anna, e patrocinato da Anci, Figc, Aia, Lega Pro, Lega Nazionale Dilettanti, Museo del Calcio di Coverciano, Comitato Paralimpico e Confassociazioni. Abbiamo fatto una chiacchierata con il dottor Grimaldi che ci ha permesso di entrare all&rsquo;interno di questo mondo affascinante e nostalgico. Che cos'&egrave; Un Secolo d'Azzurro? "&Egrave; un progetto, per certi versi, visionario. L&rsquo;idea &egrave; quella di trasferire,&nbsp;attraverso una mostra itinerante che abbraccia oltre un secolo di&nbsp;calcio, la cultura e i valori di questo sport soprattutto alle generazioni pi&ugrave;&nbsp;giovani. &Egrave; un viaggio parallelo con la storia d&rsquo;Italia e&nbsp;non &egrave; un caso che il football moderno si affacci nel nostro Paese proprio&nbsp;quando la nuova nazione muove i suoi primi passi. La storia del calcio&nbsp;si sovrappone, quindi, a quella dell&rsquo;Italia e cresce parallelamente alla&nbsp;sua evoluzione, passando dalla Monarchia al fascismo, alla Repubblica,&nbsp;crescendo con il boom economico fino a diventare il fenomeno&nbsp;mediatico e sociale di oggi. I suoi simbolismi scandiscono le varie&nbsp;epoche. Lo stemma sabaudo sulla maglia azzurra, il fascio littorio&nbsp;durante il fascismo, lo scudetto tricolore che segna il passaggio dalla&nbsp;monarchia alla Repubblica. In tutto questo il pallone diventa uno&nbsp;strumento didattico e la sua narrazione consente di raccontare una&nbsp;storia ancora pi&ugrave; grande". Come e quando &egrave; nata l'idea di una mostra itinerante? "L&rsquo;idea &egrave; nata un paio di anni fa assieme al presidente del&rsquo;Associazione&nbsp;Sant&rsquo;Anna, Aldo Merighi Rossi, che cura il Football Museum a Roma. Ci&nbsp;siamo detti che sarebbe stato bello ampliare la platea di visitatori&nbsp;portando le nostre collezioni in giro per l&rsquo;Italia, entrare a contatto con&nbsp;la gente, sensibilizzare i loro ricordi. Questo format ha avutosuccesso attirando nelle dieci tappe che abbiamo fatto fino ad oggi&nbsp;migliaia di appassionati". Quali obiettivi si pone? "Vorremmo trasferire il concetto che il calcio non esaurisce la sua&nbsp;azione solo all&rsquo;interno di un rettangolo di gioco ma &egrave; un contenitore di&nbsp;valori, di storia, di cultura. La mostra diventa quindi un contenitore, a&nbsp;cui leghiamo una serie di eventi di confronto e di dialogo con la gente&nbsp;e con le scuole. I ragazzi si rapportano con giornalisti, calciatori,&nbsp;mental coach, sociologi, scrittori, interagendo con loro. Ad esempio, in&nbsp;collaborazione con l&rsquo;Associazione Arbitri, abbiamo organizzato con i&nbsp;ragazzi delle medie degli incontri sul rispetto delle regole&nbsp;dentro e fuori dal campo. Parliamo anche di disabilit&agrave;,&nbsp;sostenendo i ragazzi del Powerchair, che giocano a calcio con la&nbsp;carrozzina elettrica. Sono affetti da gravi malattie degenerative ma&nbsp;in grado di trasmettere a tutti una grande voglia di vivere. E&nbsp;noi siamo con loro". Uno degli ultimi cimeli &egrave; il pallone "inglese" del 1890. Pu&ograve; darci qualche informazione su questo rarissimo oggetto? "Qui parliamo di antiquariato sportivo. L&rsquo;importanza di questi cimeli &egrave;&nbsp;data dal fatto che i ragazzi possono confrontarsi con l&rsquo;evoluzione che&nbsp;ha subito il calcio in oltre un secolo. Quando mettiamo davanti a loro&nbsp;un pallone che ha oltre 130 anni fanno fatica a credere che ci si poteva giocare, cos&igrave; come&nbsp;fanno fatica a credere che prima dell&rsquo;invenzione della camera&nbsp;d&rsquo;aria dentro all&rsquo;involucro di cuoio, c&rsquo;era una vescica di maiale. Questo&nbsp;ti d&agrave; l&rsquo;opportunit&agrave; di entrare dentro alla societ&agrave; di oltre un secolo fa, di&nbsp;avviare una narrazione interessante dove il rapporto dei ragazzi con i&nbsp;cimeli diventa anche tattile, potendoli toccare. Come questi&nbsp;vecchi palloni quasi deformati, le magliette di lana degli anni Trenta eQuaranta o gli scarpini che&nbsp;somigliano pi&ugrave; a scarponi da sci che a scarpe da calcio. Un&nbsp;viaggio nella memoria e nella curiosit&agrave; dei ragazzi".  Quali sono i cimeli ai quali tenete di pi&ugrave;? "Teniamo un po' a tutti, nel senso che il bello di questa mostra non &egrave;&nbsp;legata al singolo cimelio ma alla continuit&agrave; storica con cui li abbiamo&nbsp;legati. Ad ogni epoca corrispondono foto, giornali,&nbsp;palloni, magliette, tessere, libri, biglietti, scarpini. Adesso&nbsp;abbiamo aperto anche una sezione di giochi per bambini legati al&nbsp;calcio dove si capisce come questo sia da sempre legato&nbsp;all&rsquo;immaginario collettivo dell&rsquo;infanzia. Poi abbiamo iniziato delle&nbsp;collaborazioni con altri importanti musei storici come quello del&nbsp;Genoa o con famiglie di grandi atleti coma Amadei, Spinosi, De Sisti. &Egrave;&nbsp;una proposta interessante non solo per gli appassionati di calcio ma&nbsp;per chiunque voglia sapere come eravamo e, purtroppo, come siamo diventati". Avete gi&agrave; in mente qualche tappa per il dopo Coronavirus? "In realt&agrave; ne avevamo programmate gi&agrave; alcune che sono saltate per la&nbsp;pandemia. In calendario restano Cava de' Tirreni, Latina, Rimini,&nbsp;Genova e altre realt&agrave;. &Egrave; chiaro che alla base del nostro progetto c&rsquo;&egrave;&nbsp;l&rsquo;inclusione tra la gente e se questo presupposto viene a mancare&nbsp;diventa difficile proporre un prodotto interessante, ma siamo &ndash; come&nbsp;si dice in politica &ndash; moderatamente ottimisti".       

<p>Abbiamo intervistato il dottor Mauro Grimaldi, curatore della pi&ugrave; grande mostra del nostro Paese sulla nazionale italiana di calcio. Tra i cimeli, il pallone "inglese" del 1890</p>

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Un Secolo d’Azzurro: "Un progetto visionario che va oltre il rettangolo verde"