Nona di campionato che va in archivio con sei partite giocate e due rinviate, il dominio di Milano, un derby silenzioso e qualche polemica. Milano si aggiudica lo scontro con Venezia, una partita che ha visto la formazione ospite altamente rimaneggiata (solo 6 i senior a referto) e con 3 Juniores a sventolare asciugamani in panchina. Una situazione figlia di un contagio esteso al gruppo squadra e qualche infortunio rimediato tra campionato e coppa, a meglio complicare le cose. De Raffaele si &egrave; detto orgoglioso di essere parte di questo club, ma sfugge il motivo per cui una trasferta a Milano, a giocare una partita, senza mezza squadra per motivi di salute, susciti tanto senso di appartenenza e non qualche riflessione sul senso del campionato. Nel frattempo, Messina ha potuto ruotare al meglio tutta la sua squadra (ad esclusione dell&rsquo;infortunato Datome) mandando a referto 11 giocatori su 12 e dosando cos&igrave; gli sforzi di tutti, in vista della trasferta di Eurolega a Tel Aviv.  Il derby di Bologna finalmente si &egrave; giocato. La Virtus Bologna ha vinto e ha definitivamente sancito la crisi della Fortitudo. Finite le polemiche sulla malcelata voglia di spostare la partita a tempi migliori, per motivi di spettacolo, pubblico e soprattutto incassi, quel che &egrave; rimasto &egrave; un dominio assoluto della Virtus contro una squadra sicuramente in difficolt&agrave; per le assenze, ma anche che fatica a ritrovarsi e ad avere una identit&agrave; comune. Ci saranno 15 giorni per pensarci, e poi si torner&agrave; di nuovo in campo. Molti chiedono la testa di Sacchetti, ma al di l&agrave; del valore assoluto dell&rsquo;allenatore (che, va detto, stenta molto a dare la sua impronta al gruppo), in un&#39;annata dove tutti sperano nel blocco delle retrocessioni, &egrave; molto difficile che un allenatore venga esonerato.  Cant&ugrave; torna alla vittoria contro Roma, all&rsquo;ennesima sconfitta e sempre pi&ugrave; oggetto avulso dal campionato. Bucchi ricorda un po&rsquo; un allenatore delle minors, che al venerd&igrave;, al momento delle convocazioni deve fare i conti con turni di lavoro, fidanzate esigenti, troppi compiti assegnati ai suoi giocatori, per riuscire a tirar fuori la squadra che andr&agrave; in campo. Anche le voci di un rientro di Hunt che avrebbe in settimana cercato di ricomporre con la societ&agrave;, si sono rivelate prive di fondamento, e l&rsquo;ennesima occasione di crescita &egrave; stata solo cercare di salvare la faccia per coach e giocatori, in vista di un passaggio di propriet&agrave; cui non credono pi&ugrave; neanche i pochi tifosi rimasti. Per Cant&ugrave; una partita vinta dopo l&rsquo;incubo Covid e la speranza di un prosieguo meno travagliato.  Varese, con Douglas, Scola e Strautins, trova la seconda vittoria consecutiva e regala mezzo sorriso a Bulleri. Per Trento la seconda sconfitta (dopo quella al supplementare contro Nanterre in coppa) in pochi giorni e, nelle parole di Brienza, un calo di tensione che se non era in preventivo era quantomeno atteso. Ben venga la sosta per la Nazionale. Brindisi fatica pi&ugrave; di quanto ci si aspettasse contro Brescia, giocando l&rsquo;ultimo quarto partendo da una perfetta parit&agrave; e alla fine riuscendo a spuntarla di 3 sole lunghezze al termine di una gara non bella e dal punteggio basso. Per Brescia un segnale di crescita, per Brindisi una dimostrazione di forza, perch&eacute; come diceva Ion Tiriac parlando di Becker &ldquo;Sono pi&ugrave; tranquillo se gioca male e vince che se gioca bene e perde&rdquo;.  Il posticipo della giornata ha visto la sfida tra Pesaro e Reggio Emilia, con gli ospiti al rientro al basket giocato dopo la pausa Covid, che sono rimasti in scia per tre quarti di partita e poi hanno perso il bandolo della matassa davanti a Pesaro, che, sotto gli occhi (e la mole) di Repesa, &egrave; diventata squadra quadrata e molto ben messa in campo. Il coach croato ha saputo sfruttare al meglio la motivazione di Delfino, l&rsquo;esperienza e la stazza di Cain, l&rsquo;italianit&agrave; di un gruppo dirigente che della Vuelle ha fatto la storia, dai tempi in cui vittoria voleva dire: tutti in fila a farsi baciare dalla Cuccarini, al tempo &ldquo;la pi&ugrave; amata dagli italiani&rdquo;.  Un modello che funziona, quello di avere un gruppo dirigente che unisca professionalit&agrave;, esperienza e legame affettivo per la propria squadra, in un anno in cui le motivazioni sembrano giocare un ruolo chiave per la coesione dei gruppi squadra. Allo stesso modo l&rsquo;effetto tamponi sta mettendo in risalto la crucialit&agrave; di avere un vivaio che sia non un&rsquo;obbligatoriet&agrave; per l&rsquo;iscrizione al campionato, ma un vero bacino da cui attingere per dare un minimo di profondit&agrave; alle panchine delle squadre falcidiate da virus e infortuni. Ragazzi da gettare nella mischia, non per portare le paste all&rsquo;allenamento successivo, ma capaci di tenere il campo per virt&ugrave;, per fare la propria parte, e non per necessit&agrave;.  La crisi che sta vivendo il movimento non dipende solo dalla mancanza dei tifosi, come in molti all&rsquo;inizio dicevano. La crisi &egrave; data dall&rsquo;impossibilit&agrave; economica, politica e organizzativa di decontestualizzare il campionato dalla situazione contingente. I giocatori di basket si sono ammalati e si ammaleranno, andando ad aggiungersi alla lista dei giocatori infortunati, mettendo in difficolt&agrave; squadre e societ&agrave; allo stremo anche solo per le spese imposte dai protocolli approvati da tutti. Quello che sembrava un campionato che doveva magicamente normalizzarsi, dopo una partenza in sordina, sta invece diventando una competizione fine a se stessa, giocata senza pubblico (e ci sta) ma sempre pi&ugrave; spesso anche senza giocatori e talvolta senza tecnici. Con la Rai che nel giorno del tanto sbandierato derby di Bologna e della partita tra l&rsquo;Olimpia prima in classifica e Venezia, l&rsquo;ultima vincitrice dello scudetto, manda nell&rsquo;appuntamento serale la partita tra Reggio Emilia, alla prima post Covid, e Pesaro, che sembra resistere ai contagi. Una scelta dettata pi&ugrave; dagli anticorpi che dalla classifica. 

<p>Il punto sulla pallacanestro italiana dopo la nona giornata della Serie A 2020-21: l&#39;orgoglio Reyer, la testa di Sacchetti, Bucchi da minors, Brindisi come Becker, Pesaro quadrata e la programmazione da Covid.&nbsp;</p> 

Le regole di De Raffaele

Ma quanti sono i tifosi di calcio in Italia? La rottura fra grandi e piccoli club di serie A sulla ripartizione delle entrate televisive future, con l'abbandono dell'assemblea di Lega da parte dei delegati di Juventus, Napoli, Roma, Inter, Milan e Fiorentina (le modifiche strutturali degli accordi devono passare con 15 voti su 20, quindi...), riporta alla ribalta un argomento a proposito del quale si fanno spesso cifre in libert&agrave;, nonostante il tifo calcistico sia fra le poche cose chiare e indiscutibili della vita. Non &egrave; un discorso da bar, perch&eacute; la ripartizione del 25% dei soldi delle tiv&ugrave; dipende proprio dal bacino di utenza, qualsiasi cosa voglia dire. E non &egrave; un caso che i dati in materia non siano mai stati resi ufficiali dalla Lega, nonostante i sondaggi siano stati commissionati ad aziende serie ed un quarto dei soldi, in definitiva, venga spartito sulla base di questi sondaggi. Un mistero nel mistero, perch&eacute; i presidenti questi dati li conoscono (infatti i numeri che faremo sono la media di notizie date dai dirigenti delle singole societ&agrave; e di sondaggi extra-Lega) ma il popolo, per definizione bue, non deve sapere.  Partiamo dalla frase di Adriano Galliani: "Le sei squadre che hanno deciso di andarsene rappresentano l'80% dei tifosi". In numeri assoluti, la Lega ritiene che il calcio di serie A interessi a quasi 38 milioni di italiani e qui gi&agrave; qualcosa non torna, perch&eacute; nemmeno Italia-Brasile finale dei Mondiali raccoglierebbe una audience simile (e nemmeno contiamo i tifosi di categorie minori). Ma quello che ci interessa sono le percentuali. Come indica il senso comune, il club con pi&ugrave; tifosi in percentuale sul totale di tifosi di squadre di serie A &egrave; la Juventus (da un minimo di 21 a un massimo di 24,2, a seconda della versioni) seguita da Inter e Milan praticamente appaiate (minimo 15 e massimo 18 circa, per entrambe), Napoli (intorno al 10), Roma (7 di media) e Fiorentina (2,5). Sommando i valori massimi si nota quindi che il numero dato dall'amministratore delegato del Milan non &egrave; sparato a caso.  Degno di nota &egrave; anche il cosiddetto 'interesse' riscosso da una squadra. In altre parole, i grandi club non hanno soltanto tifosi pro ma anche tantissimi tifosi contro. Quasi nessuno ha in antipatia il Palermo o il Chievo, in molti detestano Juventus, Inter e Napoli e le guardano solo per vederle perdere. In questo senso &egrave; interessante un sondaggio dell'Osservatorio Demos, di qualche mese fa, che mette insieme tifosi e simpatizzanti: qui la Juventus non vince, ma stravince con il 34%, le milanesi sono al 14% ciascuna con il Napoli al 13 e la Roma al 7. Siamo quindi ben oltre l'80% gallianiano, con la curiosit&agrave; che la Juventus &egrave; antipatica al 51% di chi segue il calcio (quindi di fatto quasi chiunque non sia juventino), l'Inter &egrave; buona seconda con il 23 e il Milan terzo con 11, come a dire che lo juventino medio vede come rivale l'Inter pi&ugrave; del Milan. Numeri interessanti giornalisticamente, un po' meno commercialmente: il tifoso acquista e spende, il simpatizzante e l'antipatizzante no.  Ma il punto della questione &egrave; un altro: poniamo anche che 6 club valgano come tifosi il quadruplo di tutti gli altri 14 messi insieme, come suggeriscono sia i sondaggi sia i commenti agli articoli sul web. Facciamo un campionato a sei squadre? O proseguiamo con questa farsa a venti tenendo i valori cos&igrave; distanti fra le prime e le ultime? La Premier League e il suo equilibrio (il rapporto fra chi prende pi&ugrave; soldi dalle tiv&ugrave; e chi meno non supera l'1,5) vengono citati soltanto quando fa comodo. La facile previsione &egrave; che un Leicester City italiano non ci sar&agrave; mai.

L'ottanta per cento di Galliani

Le polemiche del post Juventus-Milan non accennano a diminuire, a tre giorni dalla partita vinta dai bianconeri con un rigore al 97esimo minuto, ed uno dei suoi aspetti meno dibattuti &egrave; che molto di ci&ograve; che &egrave; successo sul terreno di gioco noi che non eravamo allo Stadium non l'abbiamo visto. Per lo meno in diretta. Non parliamo di ci&ograve; che &egrave; accaduto negli spogliatoi, per quanto teoricamente anche loro 'coperti' dalle telecamere (servono solo a mostrarci gente silenziosa con le cuffie?), ma proprio del campo e delle tribune. In altre parole, la regia unica della Lega ci sta dando un prodotto televisivo di livello inferiore a quello anche soltanto di qualche stagione fa.  Ci &egrave; venuto in mente il dibattito avvenuto circa un anno fa in Senato e riportato dal sito dell'Usigrai, in cui il problema era subito emerso a pochi mesi dall'inizio del nuovo corso, quello della neutralit&agrave; (nel senso che non &egrave; governata da Sky, Mediaset o Rai) della regia. Neutralit&agrave; che ovviamente &egrave; un bene, ma smette di esserlo quando dichiaratamente la Lega sceglie di mostrare solo immagini per cos&igrave; dire positive e non quelle che in teoria pi&ugrave; importanti. Tutto alla luce del sole, per cos&igrave; dire, visto che lo stesso Popi Bonnici (ex Mediaset, adesso responsabile della regia per la Lega e quindi Infront) ha spiegato che il prodotto &egrave; pensato per un pubblico non solo italiano e che quindi deve mostrare solo il meglio del calcio. Visione discutibile, ma almeno chiara.  Abbiamo citato Juve-Milan, ma in questi ultimi tempi a meno di non essere negli stadi non abbiamo potuto vedere, se non in minima parte, striscioni di contestazione, discussioni a bordo campo, atteggiamenti curiosi in tribuna (nemmeno in quella d'onore, quando il labiale di un presidente sarebbe pi&ugrave; interessante di quello di un tifoso anonimo), litigi in campo. Le stesse situazioni prettamente sportive, tipo fuorigioco o falli, sono proposte al replay il minimo dei minimi e spesso nemmeno dall'angolazione pi&ugrave; giusta. Nel nuovo regime, chiamiamolo cos&igrave;, iniziato nella scorsa stagione sportiva, i registi delle singole partite si devono quindi attenere alle direttive della Lega e le emittenti che tengono in vita tutto il baraccone possono trasmettere qualcosa di personalizzato solo nel postpartita (ammesso che lo vogliano).  La produzione tecnica delle immagini in senso stretto &egrave; per&ograve; a carico delle singole societ&agrave;, che hanno tre opzioni: delegare anche questa alla Lega, delegare alla Sky-Rai-Mediaset della situazione, fare da sole appoggiandosi a un service di loro fiducia. In quest'ultima casistica, quello della produzione 'in casa', rientrano sei club: Juventus, Inter, &nbsp;Roma, Napoli, Torino e Sassuolo. Non significa che questi sei club facciano quello che vogliono o, peggio, 'nascondano' le immagini per loro compromettenti. Ci sono standard di posizionamento delle telecamere molto precisi e il girato &egrave; a disposizione di tutti. Ci viene in mente il caso del retropassaggio di Chiellini nell'ultimo Juventus-Inter, con Icardi fermato davanti a Buffon, che nessuno in diretta aveva visto ma che fu poi proposto da Inter Channel. Il problema &egrave; quindi fondamentalmente quello delle dirette, come si &egrave; visto anche in Juventus-Napoli di Coppa Italia, cio&egrave; la cosa pi&ugrave; seguita e che fa maggiore opinione, ma tutto &egrave; frutto delle scelte 'buoniste' dei registi della Lega, volte ad edulcorare la realt&agrave;, pi&ugrave; che di una raccomandazione dei club. &Egrave; poi chiaro che chi si sente penalizzato si arrabbia, ma al di l&agrave; dei singoli casi il telespettatore calcistico italiano nell'ultimo anno e mezzo &egrave; stato trattato come un bambino da educare e temere buono, non come un adulto che ha pagato per vedere cosa &egrave; successo. Insomma, pi&ugrave; consumatori di un qualcosa di addomesticato che spettatori critici. Bisogna quindi intervenire a livello di Lega perch&eacute; le partite tornino ad essere proposte in un modo interessante, diverso dallo spot attuale.

Juve-Milan e la diretta buonista

Il Consiglio di Lega Pro ha ufficializzato i tre gironi della prossima stagione. Alle quarantotto squadre gi&agrave; ammesse sono state aggiunte le ripescate Fano, Fondi, Forl&igrave;, Lupa Roma, Melfi, Olbia, Racing Roma, Reggina, Taranto e Vibonese. Nel girone B resta in bilico l&rsquo;Albinoleffe, attualmente la dodicesima ripescata: bisogner&agrave; attendere i ricorsi eventuali di altri club antecedenti nella graduatoria.  La divisione geografica non &egrave; divisa in fascia settentrionale, centrale e meridionale, ma ci saranno un girone con squadre del nordovest e della costa tirrenica; un girone B con compagini del nordest e della costa adriatica; un girone con le squadre meridionali. Diciotto le regioni coinvolte, sono senza neppure una squadra solamente Valle d&rsquo;Aosta e Molise. Tre regioni saranno divise: Emilia Romagna (Piacenza e Pro Piacenza nel girone A, Reggiana, Parma, Modena, Santarcangelo e Forl&igrave; nel B), Lombardia (Como, Cremonese, Renate e Giana Erminio nel girone A, Mantova, Feralpisal&ograve;, Albinoleffe e Lumezzane nel B) e Lazio (Lupa Roma, Racing Roma e Viterbese nel girone A, Fondi nel B).  GIRONE A (Piemonte, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Sardegna) Alessandria, Arezzo, Carrarese, Como, Cremonese, Giana Erminio, Livorno, Lucchese, Lupa Roma, Olbia, Piacenza, Pistoiese, Pontedera, Prato, Pro Piacenza, Racing Roma, Renate, Robur Siena, Tuttocuoio e Viterbese Castrense.  GIRONE B (Trentino Alto Adige, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo) Ancona, Bassano Virtus, Fano, Feralpisal&ograve;, Forl&igrave;, Gubbio, Lumezzane, Maceratese, Mantova, Modena, Padova, Parma, Pordenone, Reggiana, Sambenedettese, Santarcangelo, S&uuml;dtirol, Teramo, Venezia, pi&ugrave; una ventesima squadra ancora da stabilire, tra Albinoleffe, Pro Patria, Cavese e Rieti.  GIRONE C (Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia) Akragas, Casertana, Catania, Catanzaro, Cosenza, Fidelis Andria, Foggia, Fondi, Juve Stabia, Lecce, Matera, Melfi, Messina, Monopoli, Paganese, Reggina, Siracusa, Taranto, Vibonese e Virtus Francavilla.

Lega Pro, gironi e ripescaggi

Cant&ugrave; che vai usanza che trovi &ndash; le premesse. Si comincia il 28 novembre con il Sindaco di Cant&ugrave;, Claudio Bizzozero, che, saputo del tesseramento di JaJuan Johnson sul suo profilo Facebook scrive un post che dice: &ldquo;CONFERMATO JJJ - Volevate vincere facile? Vi &egrave; andata male! Vi aspettiamo e sono ca@@i (non censurato nel post) vostri!!! MILANO IS FASHION - CANTU' IS DEVOTION - Claudio Bizzozero sindaco (e tifoso) libero del Comune departitizzato di Cant&ugrave;&rdquo;. Mischia un po&rsquo; tutto il Sindaco &ndash; politica, basket, tifo, rancore verso i rivali (sportivi e politici) &ndash; pur di non fare bella figura. E ci riesce. Poco prima in un altro post invece aveva scritto: &ldquo;WH + JJJ: FINALMENTE A TESTA ALTA!!!!!! Era facile vincere contro chi aveva un decimo del vostro bubget, vero? Adesso per&ograve; la musica &egrave; cambiata! E in pi&ugrave;, le vecchie cariatidi, sempre a galla, del basket italiota (che muovono la bocca a comando come le marionette, per dire quello che vuole chi tira i fili) ora hanno pane per i loro denti. Bravo Dima, vai avanti per la tua strada e non farti intimorire da questi quattro morti viventi!!!!! E soprattutto non dar retta ai commenti degli eunuchi di cui l'itaGlia &egrave; piena zeppa!!!!! E' un po' come in politica: il problema di questo assurdo paese &egrave; che c'&egrave; troppa gente che per convenienza piega la testa davanti al padrone (magari in cambio di qualche briciola della torta da dividere). Ma a volte capita che salta fuori uno che non la piega pi&ugrave;. In politica come nello sport: schiena dritta e testa alta!!!!!!! Cos&igrave; si fa!!!!!!!&nbsp;&nbsp;&nbsp;Abbiamo sub&igrave;to per decenni senza proferire verbo, ma adesso si cambia registro. Finalmente!!!!! Per quel che pu&ograve; servire, il sindaco (tifoso) condivide TOTALMENTE!!!!!&rdquo;. Anche qui c&rsquo;&egrave; un po&rsquo; di tutto: livore verso gli avversari, voglia di rivalsa, attacco alla federazione, alla politica, all&rsquo;antipolitica e soprattutto un inno al nuovo presidente Gerasimenko, arrivato in citt&agrave; portando entusiasmo, curiosit&agrave; e un sacco di soldi (ma anche altro).  Cant&ugrave; che vai usanza che trovi 2 &ndash; la gara. Arriva finalmente il giorno della gara con Milano, il vulcanico Presidente della Pallacanestro Cant&ugrave;, per l&rsquo;occasione ha fatto venire direttamente dall&rsquo;Ucraina le Red Foxes, un gruppo di cheerleader molto famose (a casa loro) con il compito di animare il pregara con Milano e gli intervalli della partita. Detto fatto: nel pregara le cheerleader (che dire belle &egrave; dire poco) in mezzo al campo tirano una torta in faccia un ragazzo con la divisa dell&rsquo;Olimpia, nello specifico la maglia di Gentile, e poi ballano durante gli intervalli facendo divertire il pubblico. Durante tutto il match poi il vulcanico Presidente non perde occasione per andare in panchina e dire la sua ai giocatori sul gioco della squadra e le scelte di coach Corbani.  Cant&ugrave; che vai usanza che trovi 3 &ndash; il follow up. Cant&ugrave; alla fine perde la gara con Milano. Ma gli strascichi sono molti e, guarda caso, nessuno riferito alla partita in se, ma solo al contorno. La Cremascoli si dimette dal suo ruolo di consigliere federale, a causa degli &ldquo;attacchi subiti&rdquo; dai colleghi di club nella questione del tesseramento di JaJuna Johnson (c&rsquo;&egrave; molta fiducia tra colleghi). Proli &ndash; presidente dell&rsquo;Olimpia di Milano &ndash; ha definito discutibili le dichiarazioni del sindaco di Cant&ugrave; e ha bollato come &ldquo;sfregio alla maglia&rdquo; la scenetta della torta in faccia delle Red Foxies, chiudendo pio con una dichiarazione sui valori dimostrati in campo dai suoi giocatori. Petrucci ne ha avute sia per il &ldquo;vulcanico presidente&rdquo; ( &ldquo;queste sono cose &ndash; la torta in faccia &ndash; che fanno piangere e non ridere&rdquo;) che per il sindaco di Cant&ugrave;: (&ldquo;sono un suo collega, guido il Comune di San Felice al Circeo &ndash; Il presidente deve avere una ossessione per le poltrone &ndash; , e dietro la mia scrivania ho una frase di Oscar Wilde: A volte meglio tacere e dare l'impressione di essere stupido, piuttosto che aprir bocca e togliere ogni dubbio&rdquo;). Infine la Fip che ha multato Cant&ugrave; con 4500 &euro; cos&igrave; composte: 750 &euro; per uno sketch offensivo (cara &lsquo;sta torta&rdquo;!); 750 &euro; perch&eacute; l&rsquo;accompagnatore della societ&agrave; non ha proibito l&rsquo;ingresso in campo al vulcanico Presidente; 3000 &euro; perch&eacute; il vulcanico Presidente sostava per tutta la partita nel tunnel di accesso agli spogliatoi, dove non poteva stare.  Cant&ugrave; che vai usanza che trovi 4 &ndash; considerazioni. Intanto qualcuno dovrebbe spiegare al Sindaco di Cant&ugrave; che se Milano finora ha avuto i soldi per fare una squadra vincente e Cant&ugrave; no, non se la deve prendere con il patron dell&rsquo;Olimpia, anche perch&eacute;, per lo stesso principio, ora Cant&ugrave; i soldi ce li ha e quindi dovrebbe essere odiata da tutti gli altri club che sperano di salvarsi. Sempre il Sindaco poi dovrebbe ricordare che la Cremascoli aveva messo come condizione che senza un nuovo palazzetto dello sport avrebbe rivisto il suo impegno in favore del basket (leggi: lasciare). Richiesta che era stata fatta al Comune, che pareva un po&rsquo; sordo senza i soldi del vulcanico Presidente. Proprio a Gerasimenko qualcuno poi dovrebbe ricordare che i presidenti non devono allenare, soprattutto durante la partita. Ha un allenatore a libro paga, i risultati diranno se bravo o meno, che deve essere libero di fare il suo mestiere senza essere messo in imbarazzo davanti a giocatori e pubblico. Per la storia della torta si sono scomodati tutti e sono stati usati termini come oltraggio, tristezza, pianto. Di buono o cattivo gusto che sia &egrave; un episodio che va ricondotto a una partita di basket e al suo pregara: &egrave; un modo per far divertire i tifosi mentre guardano il riscaldamento dei propri beniamini, sfottendo gli avversari di Milano. Gli oltraggi e i motivi di per piangere sono ben altri. Le dimissioni della Cremascoli sono il termometro di una Federazione in cui anche il tesseramento di un giocatore non ha regole certe e pu&ograve; essere messo in discussione dai presidenti dei club che vanno d&rsquo;accordo come Caino e Abele. Nessuno pare aver notato che il buon Johnson al suo ritorno nel nostro campionato ha segnato 28 punti con 11 su 12 da 2, meritandosi un 31 di valutazione finale. In mezzo a tutto questo, vien quasi da chiedersi, ingaggio a parte, chi glielo abbia fatto fare di tornare a giocare in Serie A.  Twitter @luigi_ceccon

Cant&ugrave; che vai usanza che trovi (Guerin Basket)

Come ogni estate, in pieno luglio assistiamo al bagno di sangue in Lega Pro. Chi riesce a iscriversi per miracolo e si salva (&egrave; il caso di Benevento, Ischia, Lupa Castelli Romani, Martina Franca, Paganese, Pisa, Savona e Vigor Lamezia), chi non ce la fa e fallisce, ripartendo da zero. Quest&rsquo;anno, la spada del fallimento &egrave; caduta su Venezia, Reggina, Varese, Real Vicenza, oltre alle gi&agrave; accertate Castiglione, Monza, Grosseto e Barletta e senza contare ovviamente il Parma al piano superiore, che ha gi&agrave; dato il via libera al ripescaggio in B del Brescia. Tra fallimenti e calcioscommesse, la griglia di partenza &egrave; ancora incompleta e molti sono i dubbi sulla partenza dei campionati per il primo week end di settembre.  Un&rsquo;ulteriore riduzione delle squadre professioniste sarebbe sicuramente un toccasana per una Lega Pro allo sfacelo e perennemente avvolta dagli scandali pi&ugrave; cupi. La Lega Pro a tre gironi &egrave; stata il primo passo, ma le sessanta compagini continuano a essere insostenibili per i tempi che corrono (sarebbe bello arrivare a una terza serie programmata come un campionato nazionale, con un solo girone da venti: coi fallimenti che incombono ogni anno, basterebbe evitare i ripescaggi e in tre-quattro stagioni ci si arriverebbe senza bisogno di riforme).  &Egrave; triste vedere sparire dal professionismo squadre che fino a poco tempo fa erano&nbsp; degli esempi da seguire. Come il Varese, che appena nel 2012 si giocava la finale play-off contro la Sampdoria per salire in Serie A. O la Reggina, che in A c&rsquo;&egrave; stata anche di recente (ultima volta nel 2009) e che nel professionismo aveva il proprio habitat naturale. Ormai tragicomica la situazione del Venezia, costretto a ripartire con una nuova societ&agrave; per la terza volta nell'ultimo decennio. Anche i nomi delle ripescate sono avvolti dall&rsquo;incertezza. Molte squadre sono in ritiro o in costruzione e non sanno ancora a quale campionato prenderanno parte, alla faccia della programmazione oculata. Nessuno ha pi&ugrave; una lira e per venir ripescati al posto delle societ&agrave; fallite, servono 500.000 &euro; a fondo perduto. Chi pu&ograve; permetterseli? Poche realt&agrave;, sicuramente non le pi&ugrave; piccole. Il mezzo milione a fondo perduto &egrave; una tassa voluta da Tavecchio e serve a riportare in alto, societ&agrave; maggiori fallite negli scorsi anni e a far desistere i club minori.  Sul calcio pensato per i pi&ugrave; grandi, poi, possiamo far riesplodere una miccia vecchia di dieci anni, ma pur sempre valida. Quella che vede alcune societ&agrave; capaci di sfruttare il loro peso politico e altre no. L&rsquo;esempio a cui ci riferiamo &egrave; ovviamente quello della Lazio del 2005: il club, appena rilevato da Lotito, ottenne un accordo col Fisco per rateizzare in ventitr&eacute; anni i debiti pregressi: sei milioni di euro all&rsquo;anno per ripianare i 140 milioni di debito. Da una parte, &egrave; una soluzione positiva perch&eacute; l&rsquo;Erario ha potuto incassare soldi che altrimenti sarebbero andati perduti. Dall&rsquo;altra, viene da chiedersi perch&eacute; un trattamento uguale non venga applicato a realt&agrave; pi&ugrave; piccole, le quali avranno meno garanzie da offrire, ma anche debiti decisamente inferiori.  Giovanni Del Bianco @g_delbianco

Lega Pro, nessuno salva la Reggina

Serie A a diciotto squadre? No, grazie. Ancora una volta la tanto bramata riforma della Serie A &egrave; sfumata, e almeno per il momento, il massimo campionato italiano continuer&agrave; a contare venti squadre ai nastri di partenza. Niente di scandaloso, &egrave; lo stesso format utilizzato in Inghilterra e Spagna, ma ad ogni modo, una potatura pare necessaria, e dopo averla tanto sbandierata negli ultimi tempi, persino imminente. Era una battaglia che aveva abbracciato il presidente federale Tavecchio, che puntava alle diciotto compagini a partire dalla stagione 2016-17 tanto da averne fatto uno dei capisaldi del proprio programma. Non sar&agrave; cos&igrave;. Le squadre piccole hanno bloccato la riforma, terrorizzate da una possibile retrocessione (annessa a una pi&ugrave; difficile risalita) e da un abbassamento pauroso dei ricavi. Tra l&rsquo;altro, la A a diciotto secondo il programma di Tavecchio avrebbe abbassato a due le retrocessioni, un contentino che avrebbe potuto far gola appunto alle societ&agrave; meno quotate. La formula ideale per tenere vivo l&rsquo;interesse fino a fine stagione sarebbe comunque quella di una A a diciotto squadre (o addirittura a sedici, per evitare turni infrasettimanali e magari garantire pi&ugrave; spazio alla vituperata Coppa Italia) con tre retrocessioni. Capita spesso infatti che l&rsquo;ultima della classifica resti talmente indietro da arrendersi con largo anticipo (pensiamo al Parma quest&rsquo;anno, ma anche al Livorno nel 2014, al Pescara nel 2013, al Cesena nel 2012, al Bari nel 2011. Tutte ampiamente destinate alla B con largo anticipo): in quel caso rimarrebbe una sola retrocessione da sancire e ci sarebbe sicuramente meno bagarre. Non &egrave; detta che cos&igrave; facendo si riducano le gare inutili, dunque. Ma sono tutti discorsi ormai campati per aria, perch&eacute; la Lega ha deciso di mantenere questa formula, introdotta nel 2004-05 non per una precisa volont&agrave; ma solo come conseguenza del caso-Catania, uno dei tanti e abituali papocchi estivi del nostro calcio. &nbsp;Giovanni Del Bianco

Serie A a 18 squadre: una riforma perennemente rinviata

Non ci pu&ograve; essere estate senza calcioscommesse, difficile prevedere adesso gli sviluppi dell'edizione 2015 ma fin da subito si pu&ograve; dire che rappresenta la morte politica di Carlo Tavecchio, oltre che una botta non da poco per i suoi grandi elettori Galliani e Latito sulla cui salvezza per&ograve;... scommetteremmo. Anche se lo scandalo rimarr&agrave; circoscritto alla Lega Pro e ai Dilettanti, come i nomi dei fermati (50) e degli indagati (80) dalla DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Catanzaro potrebbero suggerire, per Tavecchio e anche Macalli &egrave; davvero finita: non si tratta pi&ugrave; di battute ingigantite ad arte, ma di interi campionati che si giocano per finta. Associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, questa l'accusa. Le squadre indagate sono una trentina, quasi tutte di Lega Pro, mentre molte di pi&ugrave; sono ovviamente le partite nel mirino. A dirigenti, allenatori e dirigenti si &egrave; arrivati partendo da un'inchiesta su una cosca mafiosa calabrese, quindi non stiamo parlando della prosecuzione dell'inchiesta di Cremona anche se in certi casi personaggi e squadre sono gli stessi. Considerazioni a caldo, visto che si scrive sempre nel presente. La prima: a chi non si intende di scommesse bisogna ricordare che quasi nessuna agenzia, legale o illegale che sia, accetta giocate di 100mila euro su una partita di LegaPro e a maggior ragione di dilettanti. Stiamo quindi parlando di piccole cifre e di risultati aggiustati magari anche per finalit&agrave; diverse dal puntare su un risultato sicuro. Diverso sarebbe se ci fosse qualche nome di livello pi&ugrave; alto, ma al momento non c'&egrave; se non citato da terzi in conversazioni telefoniche. La seconda: come all'Associazione Calciatori sanno benissimo, a volte non c'&egrave; alcuna differenza finanziaria reale fra il cosiddetto professionismo della LegaPro e il cosiddetto dilettantismo dei Dilettanti e anche di categorie inferiori. &nbsp;La terza: molte propriet&agrave; di club sono fittizie, o per lo meno sono uno schermo per i veri proprietari. La quarta: il calcio &egrave; un'arma di distrazione di massa, come hanno gi&agrave; detto in un miliardo di persone, con una logica che vale anche per il calcioscommesse.  Twitter @StefanoOlivari

Calcioscommesse 2015, il capolinea di Tavecchio

La crisi sportiva di Inter e Milan pur con situazioni aziendali diverse si presta ad un'unica considerazione calcistica: giocatori da met&agrave; classifica e scommesse su riserve di grandi club producono squadre di mezza classifica, al di l&agrave; del livello dei singoli allenatori. Se poi i media embedded (a volte con fini di lucro, pi&ugrave; spesso per semplice quieto vivere o servilismo nel DNA) e i tanti siti dai nomi roboanti, che considerano un accredito accettato alla stregua di uno stipendio (di qui gli articoli del genere 'Noi contro tutti, lasciate lavorare i dirigenti'), ripropongono in gennaio le bufale estive gi&agrave; smentite dai fatti &egrave; un problema loro.  In questo quadro la fuga del pubblico da San Siro &egrave; spiegabile, anche perch&eacute; si innesta sulla generale fuga del pubblico italiano dagli stadi: la media partita della serie A &egrave; inferiore a quella del Toronto FC, la squadra che secondo le anime belle Giovinco non avrebbe dovuto accettare (vuoi mettere guadagnare un quarto per 'dimostrare il proprio valore' nella Fiorentina o nella Sampdoria?). A non essere spiegabili sono certi numeri, che sono stati ben analizzati in una recente inchiesta di Repubblica, realizzata da Enrico Curr&ograve; e Massimo Pisa. In sostanza Inter e Milan (ma &egrave; evidente che il fenomeno riguarda tutta la serie A, come pu&ograve; confermare chiunque frequenti gli stadi) comunicano alla Lega un numero di spettatori, fra abbonati e paganti, regolarmente superiore a quello effettivo. In media la differenza &egrave; di circa 7.409 presenze a partita per l'Inter e 5.715 per il Milan. Per farsi un'idea, questa la tabella partita per partita, con esclusione di Inter-Torino giocata ieri.  INTER (9 PARTITE GIOCATE IN CASA FINO A INTER-TORINO: ABBONATI 27.000, non definitivi per via dei mini-abbonamenti tuttora sottoscrivibili).  2&ordf; giornata - domenica 14 settembre ore 15 (Sassuolo) 27.744 effettivi Questura, 34549 Lega di serie A, differenza&nbsp;6.805. 4&ordf; giornata - mercoled&igrave; 24 settembre ore 20,45 (Atalanta) 21.478 eff, 29535 Lega, differenza&nbsp;6.057. 5&ordf; giornata - domenica 28 settembre ore 15 (Cagliari) 27.111 eff, 36925 Lega, differenza&nbsp;9.814. 7&ordf; giornata - luned&igrave; 20 ottobre ore 20,45 (Napoli) 35.300 eff, 40383 Lega, differenza&nbsp;5.083. 9&ordf; giornata - mercoled&igrave; 29 ottobre ore 20,45 (Sampdoria) 19.748 eff, 28057 Lega,&nbsp;8.309. 11&ordf; giornata - domenica 9 novembre ore 20,45 (Verona) 19.562 eff, 27314 Lega,&nbsp;7.752. 14&ordf; giornata - domenica 7 dicembre ore 20,45 (Udinese) 27.443 eff, 34912 Lega,&nbsp;7.469. 16&ordf; giornata - domenica 21 dicembre ore 20,45 (Lazio) 28.767 eff, 36344 Lega, 7.577. 18&ordf; giornata - domenica 11 gennaio ore 12,30 (Genoa) 31.703 eff, 37525 Lega,&nbsp;5.822. Media effettiva 26.539,56 - Media comunicata alla Lega 33.949. Differenza media a partita tra il dato effettivo e il dato comunicato alla Lega 7.409,78. Totale spettatori fantasma:&nbsp;64.688.  MILAN (10 PARTITE GIOCATE IN CASA: ABBONATI 19.471) 1&ordf; giornata - domenica 31 agosto ore 18 (Lazio) 32.900 spettatori effettivi Questura, 36.674 secondo il bollettino ufficiale della Lega di serie A, differenza 3.774. 3&ordf; giornata - sabato 20 settembre ore 20,45 (Juve) 74.136 effettivi, 78681 Lega, differenza 4.545. 6&ordf; giornata - sabato 4 ottobre ore 20,45 (Chievo) 28.572 eff, 34601 Lega, differenza 6.029. 8&ordf; giornata - domenca 26 ottobre ore 20,45 (Fiorentina) 34.848 eff, 38384 Lega, differenza 3.536. 10&ordf; giornata - domenica 2 novembre ore 20,45 (Palermo) 21.772 eff, 28272 Lega, differenza 6.500. 12&ordf; giornata - domenica 23 novembre ore 20,45 (Inter) 73.301 eff, 79173 Lega, differenza 5.872. 13&ordf; giornata - domenica 30 ottobre ore 15 (Udinese) 29.158 eff, 36170 Lega, differenza&nbsp;6.992. 15&ordf; giornata - domenica 14 dicembre ore 20,45 (Napoli) 30.252 eff, 35867 Lega, differenza 5.615. 17&ordf; giornata - marted&igrave; 6 gennaio ore 15 (Sassuolo) 27.869 eff, 35034 Lega, differenza 7.165. 19&ordf; giornata - domenica 18 gennaio ore 15 (Atalanta) 20.729 eff, 27836 Lega, differenza 7.107. Media effettiva 37.353,7 - Media comunicata alla Lega 43.069 Differenza media a partita tra il dato effettivo e il dato comunicato alla Lega 5715,5 - Totale spettatori fantasma: 57.155.  In altri paesi, ma ci verrebbe da dire anche in altri sport pur rimanendo in Italia, questa inchiesta di Curr&ograve; e Pisa e questi dati da loro rivelati avrebbero creato un caso politico o giornalistico. Ci proviamo noi, nella nostra miseria. Intanto sottolineiamo che il numero delle presenze effettive viene registrato dai tornelli e poi, da prassi, segnalato alla Questura. Da ricordare che l'Inter ha circa 27mila abbonati (i suoi spettatori effettivi, paganti compresi, sono inferiori agli abbonati!) e il Milan 19.471, quindi la prevedibile spiegazione che i fantasmi sono abbonati che hanno deciso di non andare allo stadio a causa del rendimento delle squadre &egrave; davvero risibile: 7.409 e 5,715 non sono episodi una tantum, me medie. In altre parole, secondo i dati comunicati alla Questura e alla Lega (parentesi: quelli che leggiamo sui quotidiani sono i secondi, anche se ci sono club che non comunicano nemmeno questi), il 27% degli abbonati interisti avrebbe sottoscritto un abbonamento ma non &egrave; mai andato allo stadio, cos&igrave; come il 30% degli abbonati del Milan...  Non ci sarebbe bisogno di commenti, ma commentiamo lo stesso, visto che la questione riguarda tutto il calcio italiano: fondamentalmente &egrave; un problema di immagine, visto che i dati sul pubblico allo stadio non concorrono neppure in minima parte alla suddivisione dei diritti televisivi (abbiamo subito pensato male, ma per fortuna abbiamo controllato nel dettaglio). Infatti il 40% della torta tiv&ugrave; viene suddiviso in parti uguali, il 30% in base a risultati recenti e storici, il residuo 30 in base soprattutto (25%, con il 5 che dipende dal bacino di utenza demografico) a rilevazioni e sondaggi commissionati dalla Lega. Insomma, nessun oscuro disegno per truffare altre societ&agrave;, anche perch&eacute; il malcostume sembra diffuso e quindi i truffatori sarebbero al tempo stesso anche truffati. Rimane da capire come mai alla Questura vengano comunicati certi numeri, pur non avendo le forze dell'ordine il controllo dei tornelli (sulla cui gestione bisognerebbe fare un'altra inchiesta), ed alla Lega altri. Una spiegazione pu&ograve; essere che sia la Lega che le singole societ&agrave; hanno interesse nel mostrare che il prodotto calcio goda sempre di ottima salute, o per lo meno di salute non troppo inferiore a quella della stagione precedente, anche a dispetto dell'evidenza delle tribune semivuote e di interi settori nemmeno aperti. Un'inchiesta giornalistica analoga in altre citt&agrave; darebbe probabilmente risultati simili, essendo comune l'interesse nel 'pettinare' la realt&agrave;. Il fatturato derivante dagli incassi da stadio ormai &egrave; ai confini del 10% del totale, in un calcio mal gestito come quello italiano, forse si &egrave; ritenuto che un ritocchino, anzi un ritoccone, non facesse male ad alcuno.  Di certo un club con 100mila fedelissimi ha un prezzo, uno con 70mila un altro, se proprio vogliamo scrivere ci&ograve; che pensiamo. E non scommetteremmo sul fatto che nel 2016 gli azionisti di maggioranza di Inter e Milan siano gli stessi di oggi... Conclusione? In generale ci siamo adattati a essere il quarto campionato nazionale del mondo, senza fare troppo disfattismo, ma con conteggi pi&ugrave; accurati magari scopriremmo che siamo il settimo o peggio.  Twitter @StefanoOlivari

Ombre a San Siro

Berlusconi sta vendendo Mediaset Premium a Murdoch e quindi si va verso una fusione con Sky? L'indiscrezione, lanciata da Dagospia, &egrave; di sicuro credibile visto che Mediaset Premium &egrave; sul mercato da almeno un anno, al punto che a inizio 2014 si era andati a un passo dalla firma con Al Jazeera, desiderosa di entrare con forza nel mercato televisivo italiano, e soprattutto che Sky ha esaurito in Italia la sua fase propulsiva e che la tendenza dei suoi abbonamenti &egrave; al ribasso (siamo sui 4 milioni e 700 mila), in un paese dove 70 euro in pi&ugrave; o in meno al mese fanno ormai la differenza. Credibile non significa che questo scenario si concretizzer&agrave;, anche se l'investimento folle fatto da Mediaset sull'esclusiva della Champions League 2015-2018 fin dal primo momento era sembrato a tutti solo un biglietto da visita per 'vendersi' meglio o almeno per accordarsi (magari come fornitori di uno o pi&ugrave; canali, o di semplici contenuti) da una posizione di forza. Detto questo, la prima curiosit&agrave; &egrave; vedere come gli editorialisti alla carta giustificherebbero questo ennesimo monopolio, nemmeno mascherato: dovrebbero almeno vergognarsi di scrivere la parola 'mercato' in un paese in cui la concorrenza &egrave; solo una minaccia per trattare meglio la spartizione del bottino (diversamente Italo non avrebbe gli stessi prezzi di Trenitalia, o Vodafone di Tim, eccetera). La seconda curiosit&agrave; &egrave; ovviamente calcistica: con un soggetto pay unico, formalmente o anche solo di fatto (basterebbe un accordo fra Mediaset e Sky per avere la stessa produzione e differenziarsi nelle piattaforme), la Lega si troverebbe a dover trattare con un solo interlocutore per quanto riguarda la sua principale fonte di sostentamento, quei diritti televisivi per il territorio nazionale che hanno fatto trascurare i tifosi classici, quelli da stadio, che ormai contano per il 10% dei fatturati. I diritti per il triennio 2015-2018 sono gi&agrave; stati venduti (e in gran parte gi&agrave; usati dai club, nella migliore delle ipotesi come garanzie di un debito), ma il futuro per la serie A si prospetta agghiacciante a meno che la Lega non cambi passo e crei una sua televisione, diventando imprenditrice di se stessa almeno per poter trattare senza il cappello in mano. Vale anche il discorso contrario: senza calcio di serie A Sky, Mediaset, Sky-Mediaset o come la vogliamo chiamare, chiuderebbero domani mattina, con tutto il rispetto per gli altri sport e per il calciomercato. Conclusione? &Egrave; molto probabile che dopo il 2018 alla serie A arrivino meno soldi dalle televisioni, potrebbe quindi diventare difficile anche arrivare alla riserve scontente dei grandi club europei. Giovinco non ha fatto una scelta giusta, ma giustissima.  Twitter @StefanoOlivari

Sky-Mediaset e uno sconto da serie A

Ogni notizia sul disastro finanziario ed etico-sportivo della fu Montepaschi Siena, intesa come squadra di pallacanestro, mette tristezza per tutto il tempo perso nell'ultimo decennio a guardare le sue partite esaltando poi il 'modello' Mens Sana come la stella polare da seguire per tutti: l'ultima di queste notizie &egrave; l'iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Siena, nel quadro dell'Operazione Timeout, &nbsp;di Simone Pianigiani (sei scudetti in sei anni da capoallenatore, dal 2006 al 2012, adesso c.t. della Nazionale), con flebile difesa da parte della FIP di Petrucci attraverso un imbarazzato comunicato. L'accusa &egrave; quella di evasione fiscale (e dintorni). Ma quello che ci preme far notare &egrave; che otto mesi fa i club di serie A quasi all'unanimit&agrave; (14 voti su 16, uniche dissidenti Roma e Bologna) avevano voluto come presidente di Lega l'artefice del cosiddetto 'miracolo' Siena, cio&egrave; Ferdinando Minucci, pur conoscendo i suoi metodi (se non altro per averli subiti). Metodi non dissimili, evidentemente, da quelli di parte dei suoi elettori. Non la decenza, ma solo il fatto che lo scorso maggio Minucci sia stato arrestato (prima ai domiciliari, adesso ha soltanto l'obbligo di dimora a Siena in attesa del processo), ha impedito che la Lega Basket finisse in questo modo. Si sperava a questo punto in una scelta di alto profilo, il mitico manager esterno che avrebbe dovuto diventare il David Stern italiano: candidati Stefano Domenicali (adesso all'Audi), Maurizio Gherardini (adesso al Fenerbahce) e altre figure slegate dalla parrocchietta italiana, per arrivare poi al presidente di Brindisi Fernando Marino. Una chiara scelta nella logica del 'rimanere fra di noi', senza una chiara visione di cosa debba essere la serie A. Dove c'&egrave; una corazzata come Milano, una bella realt&agrave; come Sassari e una squadra ambiziosa come Reggio Emilia, in mezzo al nulla magmatico ed incerto di americani con pi&ugrave; tatuaggi che curriculum. La Supercoppa, organizzata a Sassari, &egrave; stata snobbata dagli stessi tifosi della Dinamo e si &egrave; giocata in una ghiacciaia. Il campionato continua a non tenere conto delle esigenze di media e tifosi (le partite alle 20 e 30 significano questo) oltre che di un 'piccolo' concorrente chiamato calcio. Le immagini televisive, finita l'era Sky, sono tornate quelle della Bulgaria degli anni Settanta. Va detto che la Lega basket nella sua storia ha spesso avuto presidenti di societ&agrave; senza una visione di fondo (ci &egrave; sfuggita anche quella di Marino) o politici in cerca di una passerella (anche se De Michelis fece avere tanti soldi televisivi quanti non se ne sarebbero pi&ugrave; visti). Fra i pochi con idee ricordiamo Gianni Corsolini, Giulio Malgara e Angelo Rovati, non a caso durati poco. A ripensarci bene, &egrave; un peccato che non sia stata confermata la scelta di Minucci: per molti versi sarebbe stata la pi&ugrave; trasparente, nella logica di non avere alcuna prospettiva comune.  Twitter @StefanoOlivari

La Lega Basket orfana di Siena

Il calcio italiano conferma la sua predilezione per dittature, monarchie ed emirati, andando a disputare la sua Supercoppa a Doha, in Qatar, il prossimo 22 dicembre (un luned&igrave;, per l'Italia diretta RAI). Dopo la Libia di Gheddafi (comunque migliore della Libia attuale) e la Cina capitalcomunista (tre volte), la Lega ha ritenuto di mandare le protagoniste della scorsa stagione (Juventus scudettata e Napoli vincitore della Coppa Italia) in un paese non democratico, schiavista, con la giustizia amministrata secondo le leggi della Sharia (poi all'estero si mandano volti presentabili, del genere manager moderato) e che rappresenta per il calcio una mina climatica e organizzativa che non si sa come neutralizzare: il 2022 non &egrave; lontano e l'anziano Blatter dovr&agrave; trovare uno dei suoi colpi di genio per giustificare un cambio di sede, la corruzione prima del voto sarebbe un'argomentazione quasi controproducente considerando la storia della FIFA. Ma il punto, guardando al nostro orticello, &egrave; un altro: davvero non c'era nel mondo civile un organizzatore in grado di tirare fuori 3 milioni di euro, tutto compreso, per ospitare due squadre italiane di nome? Basta pensare agli ingaggi estivi per le amichevoli, delle stesse squadre, per rendersi conto che gli uomini di Beretta potevano fare meglio. Poi tutto sar&agrave; giustificato con fantomatici progetti di internazionalizzazione, senza chiedersi come mai a nessuno venga in mente di giocare il Community Shield a Doha, dove il calcio inglese &egrave; davvero un mito assoluto. Forse perch&eacute; rimane inglese.  Twitter @StefanoOlivari

La Supercoppa dei dittatori

La folle vicenda estiva della serie B tornata a 22 squadre, sotto gli occhi attenti del supercommissioner de' noartri Andrea Abodi, ha vissuto un nuovo capitolo con la compilazione dei calendari fatta dalla Lega. Non conoscendo ancora il nome della 22esima squadra (forse lo sapremo domani, grazie al Collegio di Garanzia del CONI, ma sottolineiamo 'forse'), il problema &egrave; stato risolto inserendo una bella X nel computer e cos&igrave; questa squadra X conosce gi&agrave; il suo calendario. I criteri per il ripescaggio sono tre, stabiliti dalla FIGC. Il primo: piazzamento nell'ultimo campionato (che peser&agrave; per il 50%). Il secondo: la storia sportiva della citt&agrave; (25%). Il terzo: la media spettatori dal 2008-09 al 2012-13 (anche qui 25%). Nonostante le apparenze, anche il secondo criterio &egrave; abbastanza oggettivo perch&eacute; assegna un punteggio a ogni campionato di A e B disputato dal 1929-30 ad oggi, ma anche a quelli di Serie C e Lega Pro a partire da met&agrave; degli anni Trenta, con bonus per scudetti e altre vittorie. Rimandiamo a una facile ricerca su Google chi vuole essere inondato di numeri, il risultato &egrave; quasi ovunque che il Pisa &egrave; di poco davanti al Vicenza e di molto davanti alle altre aspiranti al ripescaggio. Il punto &egrave; che il Vicenza ha gi&agrave; goduto due anni fa di un ripescaggio e quindi non potrebbe fare il bis, quindi se la politica non si metter&agrave; di mezzo la tristissima X dovrebbe trasformarsi nel Pisa. Diciamo 'politica' non a caso, perch&eacute; in molti hanno minacciato un ricorso preventivo, con richieste di danni milionarie e quindi il Pisa potrebbe rimanere schiacciato da logiche, diciamo cos&igrave;, di ordine pubblico. Visto che a pronunciarsi sar&agrave; il CONI, il Pisa non dovrebbe temere la Salernitana di Lotito (king maker di Tavecchio e quindi inviso a Malag&ograve;), ma non si sa mai.  Twitter @StefanoOlivari 

Un pisano all&rsquo;uscio (della B)

Claudio Lotito viene presentato come il grande regista dell'operazione Tavecchio ed in parte la cosa &egrave; vera, nel senso che il presidente della Lazio si &egrave; sobbarcato il lavoro sporco: convincere le medie e le piccole di serie A (oltre a Inter e Napoli, i cui presidenti sono dediti soltanto ai propri affari: buon per loro, meno per i tifosi dei rispettivi club) a non saltare sul carro di Juventus e Roma, tenere a freno la B dello scalpitante Abodi (l'uomo che fra 2 anni succeder&agrave; a Tavecchio, in una logica pacificatorio-democristiana), controllare la LegaPro dove Macalli non gode di unanimit&agrave; di consensi. Senza dimenticare che Tavecchio i voti li avrebbe avuti in ogni caso, anche solo con il 51% delle inutili LegaPro e Lega Dilettanti. Il motivo per cui si esalta mediaticamente la figura di Lotito &egrave; per&ograve; evidente. Facendo del colore non si deve parlare di Galliani e del modo in cui la Lega &egrave; stata gestita negli ultimi 27 anni e cio&egrave; dalla fine dell'era Matarrese: Nizzola, Carraro, lo stesso Galliani, un Matarrese bis depotenziato, fino ad arrivare a Beretta sono stati presidenti di garanzia, ma di garanzia per un blocco di potere ben preciso. Che ha condizionato scudetti (a rotazione) e soprattutto il modo in cui gli introiti televisivi sono stati spartiti, privilegiando i vassalli di stretta osservanza, trovandosi diviso (sulla forma, peraltro) soltanto in occasione del duello Tavecchio-Albertini. Lotito gioca consapevolmente con il macchiettismo, fra citazioni latine e giornalisti che ci cascano, per&ograve; la realt&agrave; &egrave; che un condannato (anche in sede penale) per Calciopoli in sintonia con un altro condannato per Calciopoli abbia fatto eleggere presidente della FIGC che dovrebbe rilanciare il calcio italiano un condannato (non sportivo e nell'antichit&agrave;) per reati fiscali che poi ha nominato coordinatore delle nazionali italiani un condannato (sportivo) per omessa denuncia. Tutta colpa di Godin.  Twitter @StefanoOlivari

La faccia simpatica del regista Lotito

La compilazione dei calendari della prossima serie A, ufficializzata con la pagliacciata del computer negli studi di Sky, &egrave; stata fatta in modo abbastanza intelligente e al netto di alcune sfide nelle prime giornate (Roma-Fiorentina alla prima, Milan-Juventus alla terza) nessuna delle grandi lamentose con potenziale mediatico pu&ograve; parlare di inizio terribile. Considerazione che quest'anno vale molto, perch&eacute; in molti si illudono di avere a tiro la Juventus anche se solo la Roma ha effettuato acquisti per spostare davvero i valori (Iturbe, Astori, Cole su tutti), quindi evitare un agosto di vittimismi preventivi &egrave; stata una buona scelta. Il problema &egrave; un altro, come si diceva nei dibattiti degli anni Settanta. Il problema &egrave; che dopo il disfattismo da eliminazione mondiale, il modello Bundesliga e tutti i nostri temini estivi, la situazione politica sembra impedire qualsiasi progetto concreto per un ritorno alle 18 squadre: a parole auspicato da tutti, addirittura da Beretta oltre che da entrambi i candidati alla presidenza FIGC, ma nei fatti slittato ottimisticamente alla stagione 2016-17. Quando saranno diventati 12 gli anni a 20 squadre, da quel 2004 in cui non un grande progetto (non sia mai) ma il folle caso Catania scombussol&ograve; la serie B e port&ograve; la A alle dimensioni elefantiache rimaste fino ai giorni nostri. La situazione &egrave; ancora pi&ugrave; chiara in una stagione come la prossima, con la A che terminer&agrave; il 31 maggio durando quindi 9 mesi esatti. Un parto doloroso, con 4 turni infrasettimanali che il format a 18 squadre avrebbe reso inutile. Non stiamo dicendo che 4 partite in meno regalerebbero a Conte (o a chi per lui) campioni che riporteranno l'Italia in alto, ma solo che ci darebbero un campionato pi&ugrave; credibile nelle sue ultime giornate. Certo, le televisioni che tengono a galla il sistema calcio (non per bont&agrave;, ma perch&eacute; il sistema calcio tiene a galla loro) hanno un'altra opinione ed entrambi i partiti lo sanno benissimo.  Twitter @StefanoOlivari

Venti squadre per sempre

La battaglia per i diritti televisivi della serie A dal 2015 al 2018 ha un vincitore, ma non si tratta n&eacute; di Sky n&eacute; di Mediaset. Il vincitore &egrave; Adriano Galliani, vicepresidente ma in realt&agrave; presidente della Lega di serie A, con alcuni bracci armati visibili (Lotito) e altri pi&ugrave; defilati (Preziosi, ma non solo). Come il Guerino aveva facilmente previsto, il problema era quello di salvare Mediaset e cos&igrave; &egrave; avvenuto. Non solo portando l'azienda di Berlusconi a mettersi d'accordo con Sky, che aveva fatto le offerte migliori, per spartirsi il mercato (a Sky tutte le partite della A e tutte sul satellite, a Mediaset Premium le partite di 8 squadre fra cui tutte le grandi), ma anche cambiando i pacchetti previsti originariamente dall'advisor Infront &nbsp;e oggetto dell'asta. Insomma, l'ennesima gara con regole elastiche per non dire inesistenti. In pratica la Roma &egrave; stata inserita nel gruppo delle 8 (dove ci sono anche Juventus, Inter, Milan e Napoli) che trasmetteranno sia Sky che Mediaset, da cui era stata esclusa nel bando con l'obbiettivo di rendere pi&ugrave; appetibile il cosiddetto pacchetto D. Piccolo dettaglio: rispetto alle offerte di qualche giorno fa, in generale la Lega ha perso 130 milioni. Questo, senza giri di parole, &egrave; stato il prezzo pagato dal calcio italiano per non far fallire Mediaset Premium (idea di Pier Silvio Berlusconi, ma per la casa madre ormai diventata una zavorra). In questa logica rientra anche un'altra situazione, poco commentata, cio&egrave; quella del non rendere appetibile il pacchetto Internet: stiamo alla larga dai giovani, che si guardassero la partita in tiv&ugrave; con l'abbonamento Sky o Mediaset di pap&agrave;. Volendo essere buoni, la Lega ha voluto tenere in vita un concorrente di Sky in modo da non farsi prendere per il collo. Alla fine, senza calcolare i diritti per l'estero ancora da vendere, la serie A incasser&agrave; 945 milioni di euro l'anno: 572 da Sky, praticamente uguale a quella di queste stagioni, e 373 da Mediaset, un centinaio in pi&ugrave; rispetto al presente e senza nemmeno avere tutte le partite. Quasi superfluo notare che buona parte dei soldi pagati in pi&ugrave; Mediaset li riporter&agrave; alla base cedendo parte della Champions League a Sky, anche se nessuno l'ha detto l'unico modo per tenere lontano Murdoch da azioni legali sar&agrave; di sicuro questo. Conclusione? La vituperata serie A, nonostante il crollo di immagine dovuto anche alle prestazioni degli azzurri e questo compromesso televisivo al ribasso, incasser&agrave; oltre 100 milioni in pi&ugrave; a stagione rispetto al triennio 2012-2015.  Twitter @StefanoOlivari

Il colpo di mercato di Galliani

Sky da tenersi buona perch&eacute; senza di lei si chiude, Mediaset da salvare perch&eacute; il vero presidente di Lega (Galliani) e Infront consigliano cos&igrave;, il resto del panorama editoriale e televisivo da tenersi buono per piazzare qualche frattaglia. Piccola pausa mondiale per un commento sull'incredibile vicenda dei diritti televisivi per la serie A, dal 2015 al 2018, che riguarda i massimi sistemi ma anche pi&ugrave; concretamente gli abbonamenti di cui ci dovremo dotare noi tossici. Microriassunto della vicenda: la Lega Calcio indice un'asta per il triennio 2015-2018 e le migliori offerte per pacchetto risultano essere le seguenti: Pacchetto A Satellite (tutte le partite di 8 squadre, fra cui le tre grandi tradizionali e il Napoli) Sky con 357 milioni di euro, pacchetto B digitale terrestre (stesse partite del pacchetto A) Sky con 422 milioni, pacchetto C (interviste esclusive, spogliatoi, spazi dedicati) Sky con 15 milioni, pacchetto D (tutte le partite non comprese nei pacchetti A o B, quindi anche buona parte di quelle della Roma) Mediaset 306 milioni, pacchetto E (partite sul web, ma non &egrave; ben chiaro quali visto che non si parla di 'tutte' le partite) nessuna offerta. Una semplice addizione fa capire che solo con i diritti italiani la serie potrebbe incassare quasi 1.100 milioni all'anno, ai quali aggiungere i 100 e passa di diritti esteri. Per la serie 'Non saremo la Premier League, ma insomma&hellip;'. Piccolo problema: senza il calcio italiano che conta Mediaset Premium, che ha appena fatto un investimento monstre per la Champions League, pu&ograve; ritenersi fallita o nella migliore delle ipotesi non pi&ugrave; appetibile per l'Al Jazeera della situazione. Sky &egrave; quasi nella stessa situazione, anche se la percentuale dei suoi utenti che si abbonano 'soltanto' per il calcio &egrave; ovviamente molto pi&ugrave; bassa. L'argomento forte di Mediaset &egrave; che se Sky si prendesse tutto il calcio italiano (in alleanza con Telecom, per il digitale terrestre) violerebbe la legge Melandri, mentre l'argomento forte di Sky &egrave; che le sue offerte, avvenute seguendo le regole dell'asta, sono le pi&ugrave; alte e che in ogni caso non avrebbe tutto il calcio perch&eacute; il pacchetto D sarebbe di Mediaset (che per&ograve; lo ha subordinato adl'acquisizione di A o B). Conclusione? Ha ragione Sky, ma la Lega e Galliani si stanno impegnando per salvare Mediaset senza scontentare i tanti presidentelli a cui importa solo di massimizzare le entrate nell'immediato. Va anche detto che senza Mediaset Premium il potere contrattuale della Lega sarebbe nullo, visto che Fox &egrave; concorrente di Sky solo per finta. Ma il tifoso da salotto, quello che i club italiani hanno allevato in maniera affettuosa salvo poi lamentarsi degli stadi vuoti (nonostante siano sempre pi&ugrave; piccoli), ancora per un anno non si deve preoccupare e avr&agrave; tutta la serie A su una piattaforma sola.  Twitter @StefanoOlivari

Salvate il soldato Mediaset

Il ritorno della serie A a 18 squadre, a partire dalla stagione 2015-16, non &egrave; pi&ugrave; solo un auspicio di chi ama il calcio ma anche un reale progetto che nella prossime assemblee di Lega si cercher&agrave; di far digerire ai piccoli club a colpi di super-indennizzi per le retrocessioni e di maggiori regal&igrave;e alla serie B, anch'essa sulla strada del ridimensionamento. Con largo anticipo sulla fine del campionato sono infatti iniziate le goleade di fine stagione, buone per gli scommettitori (spesso non lontani dai protagonisti del giochino, come si &egrave; visto) e per le quotazioni di mercato di attaccanti sul viale del tramonto. Ah, l'esperienza dei vecchi bomber&hellip; Colpa di una sacca di 'non rischio' che comprende almeno 10 club su 20, con la qualificazione all'Europa League che per alcuni &egrave; un obbiettivo pi&ugrave; dichiarato che reale. Con che spirito il Napoli, sicuro di un terzo posto per de Laurentiis deludente, ma di sicuro non migliorabile (la Roma &egrave; 9 punti sopra) n&eacute; peggiorabile, potr&agrave; affrontare le ultime 5 partite della stagione? Oltretutto con la testa alla finale di Coppa Italia del 3 maggio contro la Fiorentina. E parliamo di una squadra che ha un'immagine da difendere, senza fare l'esempio della solita Udinese. Il progetto 18 squadre (fatta circolare nelle redazioni, tanto per vedere l'effetto che fa, anche un'idea playoff) &egrave; concreto perch&eacute; per la prima volta Juventus e Milan (non &egrave; un caso che si siano esposti sia Marotta che il gallianiano Beretta) sembrano essere d'accordo su un campionato di un mese pi&ugrave; corto (le giornate in meno sarebbero 4) e quindi con maggior spazio per amichevoli di lusso e torneini-torneoni agostani, di sicuro pi&ugrave; lucrosi di passeggiate contro Livorno e Sassuolo. Poi la giustificazione ufficiale sar&agrave; quella di essere pi&ugrave; freschi per le coppe europee, ma la fase calda di queste sar&agrave; sempre in mezzo alla stagione nazionale e quindi in tal senso il nuovo format cambier&agrave; poco. In questo quadro la serie A dovrebbe iniziare a met&agrave; settembre, come una volta. Gli schieramenti politici? Juventus e Milan pro 18 squadre, come detto, Napoli indeciso anche se come idea pro 18 squadre, Inter non pervenuta, Roma in maniera molto americana (giocare di pi&ugrave;, per far girare impianti e indotto) per lo status quo. Tornare a 18 squadre sarebbe un umile ritorno a un passato neppure troppo remoto, visto che l'ultima stagione con la A a 18 fu quella 2003-2004: l'unico scudetto del Milan di Ancelotti, prima dell'allargamento che tanto piaceva alle pay-tv ma che adesso esalta un po' meno (a parit&agrave; di cifra totale, meglio trasmettere un triangolare di lusso in pi&ugrave; che partite scontate da stadi che sembrano immagini di repertorio). Conclusione? Pochi mesi per indennizzare, in vari modi (e non tutti scrivibili) i possibili danneggiati sono pochi, ma dal 2016-17 il ritorno al passato dovrebbe finalmente diventare realt&agrave;.

Diciotto squadre rimpiante

Il grottesco balletto intorno all'orario di Genoa-Sampdoria ha ricordato una volta di pi&ugrave; che il calcio senza tifosi veri non pu&ograve; esistere. Nemmeno nella sua versione televisiva, non fosse altro che per motivi coreografico-spettacolari. Il prossimo turno di serie A &egrave; toccato al derby di Genova il discutibile onore di essere collocato la domenica alle 12 e 30, orario ideale per il mercato asiatico: come &egrave; noto, la Cina &egrave; piena di Palombo fan club o di cultori di Gilardino (o meglio: chi scrive di default 'due miliardi di telespettatori' pensa questo). Scelta che non &egrave; piaciuta ai tifosi delle due squadre, non solo alle curve, al punto che si sono moltiplicati gli appelli per una clamorosa protesta che punterebbe ad un Marasssi semivuoto in occasione della partita pi&ugrave; importante dell'anno, per lanciare un segnale alla Lega, ai rispettivi presidenti di club e in generale ad un mondo del calcio che si &egrave; ormai rassegnato a questa deriva pantofolaia e da 'entertainment', quando il calcio &egrave; tutto tranne che uno spettacolo (ce ne vengono in mente cento migliori). Non &egrave; certo la prima partita importante che si gioca alle 12 e 30, ma il momento di questa protesta non &egrave; stato scelto a caso. La stagione 2013-14 &egrave; stata infatti quella della demonizzazione definitiva del tifo da stadio: con le ridicole squalifiche degli stadi o di particolari settori per cori fatti da dieci cretini e udibili solo con l'Amplifon, con la reiterazione della tessera del tifoso (sembra studiata apposta per allontanare lo spettatore occasionale), con l'inasprimento di provvedimenti come il Daspo, a volte presi sulla base della simpatia di una faccia. Non &egrave; un mistero il fatto che alcune tifoserie organizzate stiano pensando di autosciogliersi a fine stagione, come da disegno di Lega Calcio e dei principali partiti, obnubilati dal 'modello inglese'. Il problema vero &egrave; che in molte realt&agrave; (non certo a Genova, comunque) senza la tifoseria organizzata negli stadi sembrerebbe di giocare a porte chiuse. Non &egrave; insomma che cacciando i ceti popolari, base del pubblico da stadio, automaticamente i fantomatici nuovi impianti (Juventus a parte, non &egrave; stata posata la prima pietra da alcun altro grande club) si riempiranno di consumatori, magari raggruppati in famiglie di 4 persone, desiderosi di spendere 600 euro in un pomeriggio fra biglietti, pranzi, merchandising ufficiale, eccetera. Ma questo importa fino a un certo punto, visto che nei bilanci attuali i ricavi da stadio pesano per circa il 15% sul totale dei ricavi. Un calcio che si &egrave; consegnato nelle mani delle televisioni pensa quindi di poter fare a meno del pubblico vero, quello che ha costruito il suo successo e che viveva la partita come un rito intoccabile. Dipendeva dalla contemporaneit&agrave; delle partite? Ce lo chiediamo, a costo di passare per nostalgici. La risposta &egrave; 'anche'. Speriamo che la ribellione di Genova, pacifica nei modi ma dura nei contenuti, serva almeno a far riflettere chi in Lega sta pensando a nuovi prodotti da vendere: da quello del sabato a quello della domenica alle 18, sorvolando sull'ipotesi del Monday Night (altra scopiazzatura da poveracci) con in campo obbligatoriamente una squadra di nome. Di sicuro scuoter&agrave; qualche coscienza intorpidita dal telecomando.

La ribellione di Genova

Ripropongo un interessante articoletto che ho trovato nel sito "footballscout24.it", sempre molto documentato per chi ama il calcio giovanile. L'intervento fotografa senza ipocrisie ci&ograve; che accade tutti i giorni a livello dilettantistico riguardo la problematica del vincolo. Un resoconto senza peli sulla lingua delle situazioni, che definire "imbarazzanti" mi pare il minimo, a cui si sono trovati di fronte tanti genitori di giovani calciatori. Continuare a far finta di non vedere, come fanno Federazione e Lega Dilettanti, non giova a nessuno. Men che meno a ragazzi costretti spesso a guardare per mesi e mesi le partite dalla tribuna, vittime di contese, pressioni e ricatti che poco o nulla hanno a che fare con il gusto e il piacere del "gioco". Due anni fa sono stato testimone diretto di una delle tante vicende del genere: ero responsabile organizzativo di un'importante societ&agrave; della provincia di Bologna e un ragazzo della Juniores, anche per (oggettivi) problemi di trasporto, chiese di poter andare a giocare in un'altra squadra pi&ugrave; vicina a casa sua. Nessun problema, gli disse il vicepresidente, purch&eacute; tuo padre ci dia 2.000 euro per lasciarti libero. Cercai, per quel che potevo, di far trovare alle parti un ragionevole accordo, me non se ne fece niente. E il ragazzo perse la stagione. Di pi&ugrave;: ne nacque anche un'incresciosa disputa familiare, dal momento che la madre rinfacci&ograve; al padre di non aver assecondato il desiderio del ragazzo rifiutandosi di scucire quella somma. Il poveretto era abbatutissimo: &laquo;Ma ti rendi conto? Il figlio che non gioca a calcio e la moglie che mi d&agrave; pure contro... Passo per un padre degenere solo perch&eacute; mi sono rifiutato di sottostare a questo ricatto. E tutto per il calcio? Ma dove siamo arrivati?&raquo;.  Appunto. Il tema posto dall'Associazione Calciatori &egrave; pi&ugrave; che mai d'attualit&agrave;. Ignorarlo, ripeto, non ha senso. Altro discorso &egrave; mettersi attorno a un tavolo e cercare di trovare una soluzione che tenga anche conto dell'impegno di tante societ&agrave; (altro dato di fatto inconfutabile) nella formazione calcistica dei giovani. Impegno (inutile far finta di ignorare pure questo) che richiede un sostegno economico non indifferente: chi paga infatti campi, cartellini, iscrizioni ai campionati, divise, attrezzatura sportiva, bollette varie per luce, acqua e gas e un minimo di rimborso per gli allenatori? Ecco perch&eacute; (come dice l'articolo) non &egrave; giusto che le societ&agrave; siano libere di fare "il bello e il cattivo tempo", ma non &egrave; neppure giusto (e l'articolo sbaglia a non sottolinearlo) che le spese sostenute per l'attivit&agrave; non ottengano un qualche riconoscimento concreto. Gianluca Grassi   IL VINCOLO SPORTIVO: QUANDO SOCIETA' E COMITATI FANNO FINTA DI NON SAPERE  Il vincolo sportivo, termini tornati di moda recentemente perch&egrave; portati alla ribalta nazionale da Damiano Tommasi, in nome dell&rsquo;Aic. Un tema caldo, che merita sicuramente rispetto ed anche qualche intervento, visto che l&rsquo;Italia &egrave; rimasto l&rsquo;unico paese, insieme alla Grecia, ad avere questa normativa (ci sar&agrave; un motivo se nell&rsquo;Europa che conta questo non c&rsquo;&egrave;?) Partiamo dalla norma: una volta c&rsquo;era il vincolo a vita, poi in seguito alle importanti novit&agrave; legate alla sentenza Bosman, &egrave; stato invece introdotto un limite: quello dei 25 anni, et&agrave; oltre la quale un calciatore dilettante pu&ograve; liberarsi con atto unilaterale dalla societ&agrave; di appartenenza e firmare un nuovo tesseramento con altra societ&agrave;; a dir la verit&agrave; nel corso degli anni sono stati sottoscritti documenti e protocolli d&rsquo;intesa (puntualmente disattesi) nei quali si ipotizzava la progressiva eliminazione assoluta di tale vincolo nel&nbsp;settore dilettantistico. A questo, chiaramente, arriva l&rsquo;obiezione di Federazione, Comitato, Leghe Nazionali, obiezione che porta il nome dell&rsquo;agognato art. 108 NOIF, l&rsquo;articolo che permette in sostanza al calciatore di potersi svincolare al termine dell&rsquo;anno calcistico. Peccato, per&ograve;, che questo accordo deve essere bilaterale, ed &egrave; sovente il caso in cui la societ&agrave;, per fare un dispetto al calciatore che se ne va, per costringerlo a rimanere anche controvoglia, non firmi l&rsquo;accordo o, nelle altre ipotesi, si renda disponibile a firmarlo in cambio di un qualcosa (atto chiaramente illegale). Vi siete mai imbattuti in una situazione del genere? Quelle in cui Tavecchio e gli altri sostengono che il vincolo non c&rsquo;&egrave; e che i calciatori possono fare ci&ograve; che vogliono? Ecco, vi spieghiamo la prassi. Il calciatore, dilettante o di settore giovanile, si rivolge alla societ&agrave; per poter essere svincolato ed avere la famosa e tanto attesa liberatoria. Da qui iniziano i problemi: il primo riguardo l&rsquo;appuntamento, procrastinato vita natural durante, da parte di chi deve firmare questo documento, poi i rinvii, le telefonate a vuoto, gli appuntamenti mancati fino a quando, in cambio della firma, arriva la richiesta (ci mancherebbe non in tutti i casi, ma spesso), di una somma da dare alla societ&agrave; che in questo modo si rende disponibile a firmare. Per quale motivo si fa finta di ignorare tutto questo? Perch&egrave; coloro che dovrebbero vigilare su questo, stare dalla parte dei calciatori, sono invece sempre e comunque dalla parte delle societ&agrave;? Perch&egrave; Leghe, Federazioni e Comitati non studiano un sistema che impedisca alla societ&agrave; sportive di tenere sotto scacco i calciatori e giovani, rei spesso solo di voler trovare una squadra pi&ugrave; vicina a casa o che semplicemente gli dia la possibilit&agrave; di giocare di pi&ugrave;? Le punizioni, in realt&agrave;, ci sono ma come &egrave; prassi nell&rsquo;ordinamento italiano non sempre appaiono come le pi&ugrave; giuste. Il primo deterrente, ed invitiamo ogni genitore e calciatore a farlo, &egrave; quello di presentarvi all&rsquo;appuntamento con un qualche dispositivo che permetta di registrare quanto vi viene chiesto. In Campania, infatti, un atleta aveva registrato la richiesti di denaro dal parte della societ&agrave; in cambio dello svincolo su un nastro. Dopo la denuncia alla Procura Federale &egrave; arriva la qualifica di 4 mesi e 700 &euro; di multa al presidente, poi ridotti a 2 mesi e 500 &euro;, non un granch&egrave; ma sicuramente un deterrente. Voi direte giustamente: ma perch&egrave; un genitore o un calciatore che vuole semplicemente cambiare squadra, si deve travestire da investigatore per poter veder riconosciuto un suo diritto? Perch&egrave;, cari miei, qui siamo in Italia, siamo nel paese in cui chi &egrave; nel giusto deve giustificarsi e chi trasgredisce la passa liscia. Siamo nel paese, soprattutto, dove chi &egrave; in posizioni di importanza vitale come presidenti di Leghe e Comitati, ogni giorno dovrebbe farsi garante dei diritti di coloro che muovono questo sport.  Perch&egrave;, cari Presidenti, forse vi sfugge che senza questi attori, loro s&igrave; protagonisti, non esisterebbero Comitati, benemerenze, Tornei delle Regioni e quanto altro.&nbsp;Voi dovreste essere al servizio sei giovani calciatori, non far finta di niente di fatto legittimando, le societ&agrave;, a continuare a fare il bello ed il cattivo tempo.  Fonte: footballscout24.it

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