Dopo cinque giornate l'Inter 1985-86, data per favoritissima a inizio campionato, ha già quattro lunghezze di ritardo dalla Juventus. Perdere altro terreno a Bari il 13 ottobre 1985 sarebbe sacrilego. Il mercato ha portato Fanna e Marangon dal Verona scudettato, il campione del Mondo per caso Selvaggi dall'Udinese e il suo compagno di veglie in Spagna, l'ex juventino Tardelli: «Insonne come me. Chiacchiere e partite a carte per combattere la tensione» ha raccontato l'attaccante. È quest'ultimo la novità più attesa, anche se il suo decennio alla Juventus si è chiuso male ed è ritenuto in parabola discendente. Gli interisti lo hanno accolto bene e Marco ha promesso gol e leadership, ma le sue difficoltà sono evidenti anche con l'amata maglia azzurra. Nell'inattesa sconfitta casalinga del 25 settembre contro la Norvegia, Tardelli è stato sostituito da Bearzot dopo quarantacinque minuti nonostante la fascia di capitano. Sarà la sua ultima presenza. All'Inter spera di ritrovare la centralità in campo che Trapattoni e Boniperti gli avevano negato, ma a trentuno anni le gambe non girano come una volta e nel primo tempo al San Nicola: “Fa a gara con Brady a chi va più piano” come scrive il Corriere. All'intervallo i pugliesi sono in vantaggio 1-0 e la panchina di Castagner vacilla. Il centrocampo nerazzurro ha “cadenze da moviola”, ma al 65', su un calcio d'angolo di Fanna, Altobelli fa sponda e Tardelli allunga la gamba trovando da due passi il suo primo gol in A con la nuova maglia. È una liberazione, anche se solo il suo allenatore, che se l'è vista brutta, festeggia urlando a pugni chiusi. Il gol dà il la al 3-1 finale e la squadra rientra a Milano tra i sorrisi: “È nata la nuova Inter” si felicita Rummenigge. L'autore del pareggio, tuttavia, deve rendere conto dell'orribile primo tempo: «Sono venuto fuori alla distanza perché mi sto preparando in modo diverso. Svolgo un lavoro specifico e mi darà la carica giusta soltanto tra qualche tempo» abbozza. “In vista dei Mondiali”, aggiungono i maligni, ma il Tardelli interista non entrerà mai in condizione.
La sicurezza di Marco
Sette giorni dopo, a Lecce, l'Inter vince ancora e il nuovo arrivato mostra “qualche sprazzo da vero fuoriclasse”, anche se ammonito e in diffida si becca una squalifica per il big match con la Roma. Nelle interviste continuano a punzecchiarlo, sostenendo che liberandosi del suo contratto la Juventus abbia fatto l'affare, ma lui ostenta sicurezza: «È dal 1975 che mi dicono che sono finito e ci ho fatto l'abitudine». Il 23 ottobre, nei sedicesimi di coppa Uefa a Linz contro il Lask, si frattura una mano a pochi minuti dal 45' e la prognosi di tre settimane è un duro colpo ai suoi sforzi per rimettersi in forma. In Austria conclude la gara con coraggio, poi rimane fermo molto più del previsto. Abito scuro di vigogna, camicia e cravatta in tinta, al volante di un'elegante auto nera, Tardelli si muove per Milano emanando un'aura da businessman. Sembra già entrato nella seconda fase della sua vita, quella che al lavoro non necessita di scarpini con i tacchetti, e dopo la Roma, salta pure le partite con Fiorentina, Napoli, Juventus, Milan e Torino. Il meglio. Rientra il 22 dicembre all'ultima di andata, giocando settantatré minuti opachi nell'1-0 di San Siro contro la Samp. Al giro di boa, l'Inter è terza a meno sei dalla Juve e Tardelli si è fatto notare solo in Puglia a metà ottobre. Troppo poco. A fine novembre, ha incontrato in un ospedale di Pavia un ventenne a cui hanno fatto un trapianto cardiaco e quello lo ha guardato negli occhi, appena visibili dietro la mascherina, e gli ha detto: «Anche se me l'hanno cambiato, il mio cuore è sempre juventino». Nessuno ne ha scritto, ma è probabile che pure il cuore di Marco abbia avuto un sussulto. Urge un bel ricordo, una partita magica per tornare a produrre adrenalina.
Ecco l'anno nuovo... e la Spagna
Il 1986 dell'Inter inizia con tre sconfitte e il 23 marzo, giorno del ritorno di Tardelli da avversario a Torino contro la Juve, la classifica dice meno undici. «È giusto che la società pretenda quello che non ho potuto darle« ammette lui in un'intervista amara, ma pure al Comunale non arriva il cambio di rotta. I bianconeri vincono 2-0 e volano verso lo scudetto, non resta che l'Europa. Il 2 aprile a San Siro arriva il Real Madrid per la semifinale di andata di coppa Uefa e finalmente Tardelli indossa i panni dell'eroe. Sarà l'ultima volta. All'esordio contro i blancos, segna dopo un minuto – e stavolta urla a pugni chiusi pure lui – raddoppia al 54esimo, tira i capelli a Sanchez per difendere Bergomi e torna per una notte il leone di Spagna: «Finalmente ho dormito» dichiara due giorni dopo con volto disteso. Il 6 aprile l'Inter vince pure il derby e la stagione sembra svoltare, ma è un'illusione. La domenica successiva perde a Torino, Tardelli si scazzotta con un gruppo di tifosi granata nel parcheggio e il 16 aprile al Bernabéu i novanta minuti sono più lunghi del normale, come da tradizione. Le merengues portano la gara ai supplementari, con Tardelli che provoca il rigore del 3-1, e l'Inter capitola per la doppietta di Santillana. Il ritorno nello stadio Mundial non poteva essere peggiore. La stagione è da buttare e, come se non bastasse, Marco deve ingoiare il rospo dell'arrivo di colui che lo ha spinto a rinunciare al bianconero: Trapattoni sarà il nuovo allenatore interista. Almeno Bearzot lo convoca ai Mondiali di Messico 1986, più per gratitudine che altro: «Smentirò tutti» si carica lui alla vigilia, ma poi non vede il campo. Il 1986-87 è peggio dell'anno prima, così a fine stagione Tardelli si svincola. Sarebbe stato bello se il suo lascito nerazzurro fosse stato la splendida serata di San Siro contro il Real, ma purtroppo per lui a ottobre 2000 – venticinque anni dopo quel primo gol illusorio al Bari – Moratti lo chiama al capezzale di un'Inter disastrata. Finirà associato per sempre a un incubo a occhi aperti: lo 0-6 nel derby dell'11 maggio 2001. Si stava meglio alla Juve.