Il ritorno di Fabio Paratici in Italia sembra ormai sicuro, con l’ex dirigente della Juventus e attuale del Tottenham chiamato da Commisso al capezzale di un Fiorentina che dopo la sconfitta di Parma è ovviamente rimasta ultima ma adesso con una partita in meno per raggiungere la zona salvezza che scrivendo prima della disputa di Roma-Genoa è distante 5 punti. Vista la rosa a disposizione di Vanoli, sopravvalutata ma nemmeno paragonabile a quelle della concorrenza, rimanere in Serie A non dovrebbe essere un’impresa epica, quindi è chiaro che Paratici arriva come head of football (Goretti rimarrà direttore sportivo) anche per impostare il futuro in un contesto senz'altro inferiore all'alta Premier League ma che tanti dirigenti sognano: club importante ma non costretto a vincere, proprietà ricca ma lontana, città in cui i calciatori vengono volentieri. Ci sta quindi, con un contratto lungo, fino al 2030, di abbandonare una delle squadre top della Premier League per una Fiorentina che ha capito quando sia difficile in Italia ribaltare certe gerarchie (basta vedere la composizione di un tavolo di commentatori televisivi) o anche soltanto diventare l’Atalanta. Che poi sarebbe il sogno di tutti, contro ogni logica visto che i posti a tavola sono limitati e già distribuiti.
Le discussioni sugli arbitri sono di solito prive di interesse tranne che in un caso, quando i presunti danneggiati ritengano che ci sia un complotto o qualcosa di simile. Per questo la lettera della Lazio alla Lega ha un peso diverso rispetto alla vivisezione del tocco di mano nell’azione di Davis che poi ha portato al gol del pareggio dell’Udinese. Senza mezzi termini Lotito chiede un intervento, evidentemente della Lega, contro i continui errori arbitrali, ritenendoli non casuali (nostra sintesi) e riservandosi di intraprendere iniziative legali di vario tipo. Il piano A è evidente, mettere pressione agli arbitri che dirigeranno le prossime partite della Lazio, ma merita molta considerazione anche quello B, con FIGC e AIA invitate a spiegare per iscritto i criteri di valutazione dei tanti episodi controversi che hanno penalizzato la Lazio. Una richiesta sensata, che farebbe giurisprudenza e che proprio per questo pensiamo non verrà mai accolta. Cose che sa benissimo anche Lotito, che dopo anni dentro al sistema ritiene adesso presiede l’unico club di una certa importanza davvero fuori dal sistema, dopo le abili giravolte di De Laurentiis. Un club che interessa a tanti.
L'assurdo caso del pallone arancione sarà risolto nel modo più logico: in Serie A non ci sarà più il pallone arancione, come ha annunciato Simonelli. La ragione è quella nota e cioè che i daltonici, circa l’8% della popolazione maschile, non lo riescono a vedere. Il Puma Orbita invernale fornito ai club (25 palloni a partita, ha detto il presidente della Lega a RadioRai, più quelli per gli allenamenti) diventerà quindi bianco o giallo. Per la primavera invece il pallone della Serie A, bianco con qualche elemento colorato, va invece bene e del resto è quello che è stato usato fino a un mese fa senza causare proteste. Incredibile che nessuno abbia pensato all'8% del proprio pubblico che non vede la cosa più importante del gioco.
Il Boxing Day della Serie B, che poi era il 27 e non il 26 (tranne Modena-Monza), è andato benissimo anche nel 2025, con 124.152 spettatori negli stadi e tanti record stagionali battuti dai singoli club. Un risultato che al di là dei soliti discorsi, sul calcio che deve andare incontro ai tifosi e non il contrario, è significativo anche in un’altra prospettiva: quali altri sport o quali altri grandi eventi in Italia riuscirebbero a portare 12.400 persone paganti fuori di casa? In questo momento storico soltanto il tennis con Sinner, ma parliamo di un numero limitatissimo di situazioni. Poi il vero confronto è con la stessa Serie B: quella mitizzata degli anni Settanta e Ottanta aveva affluenze medie che erano quasi la metà di quelle di oggi, anche nelle stagioni con qualche grande retrocessa, tipo Milan e Lazio. E senza nemmeno la televisione.
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