Toto Cutugno aveva ragione: l'America sta qua. Il Cagliari è quindi statunitense, anche se l’ufficialità dice che il fondo Praxis ha acquistato soltanto il 40% delle quote azionarie, mettendo il suo frontman Maurizio Fiori nel ruolo di vicepresidente di Giulini. Ma è ovvio che nessuno, meno che mai un finanziere, è così stupido da fare il socio di minoranza in una società calcistica contando zero o quasi, potendo mettere il veto soltanto su certe operazioni straordinarie. Lo scenario più probabile è il completamento del nuovo Gigi Riva, finanziato per un terzo da soldi pubblici (ma anche nella mitica America in altre forme accade così), con successiva uscita di una delle due parti massimizzando il profitto. Siccome ormai tutti dicono le stesse cose (lo stadio, la sostenibilità, il marchio, eccetera) la banale logica dice che che i conti non tornano. Lo stadio nuovo permetterà al Cagliari qualcosa in più di faticose salvezze? Ci sembra che a un certo punto tutti si si rendano conto di non poter sfondare il soffitto di cristallo e allora cerchino di monetizzare. Sarà così anche a Cagliari. Ma è inutile vivere nel passato, visto che proprio Gigi Riva fu alla base di un nuovo stadio, cioè il Sant'Elia (lo scudetto era stato vinto all'Amsicora). Si va avanti, non indietro: l'importante è uscire dall'equazione nuovo stadio uguale grandi vittorie.
Pier Silvio Berlusconi ha detto di sognare una partita di Serie A in chiaro la domenica sera, ovviamente sulle reti Mediaset, aggiungendo che però i diritti costano troppo. La sua non è comunque una boutade, perché all’interno della Lega i più avveduti danno per scontato non il fallimento di DAZN ma un ridimensionamento già dei contratti in essere, in linea con quanto avvenuto in Francia, con successiva apertura di finestre in chiaro fisse, mettendo in mostra possibilmente il meglio, a beneficio di tutti. Capo di questo partito è De Laurentiis, che impazzisce all’idea che si debba aspettare la scadenza del 2029. Insomma, chi ha successo, come nel caso del tennis, punta a non scomparire dalla vecchia televisione generalista, lasciando lo streaming ai maniaci.
Davvero incredibile che Cairo imputi a Vagnati un cattivo mercato, viste le plusvalenze mostruose, in proporzione alla rosa, realizzate negli ultimi cinque anni e mezzo. Magari con il budget di altri direttori sportivi Vagnati avrebbe fatto meglio del nono posto, chi può saperlo? Comunque curiosa la riscoperta di Petrachi, che nei suoi quasi dieci anni di Torino come dirigente, sempre con Cairo, ha avuto risultati di punta migliori di Vagnati (due settimi posti) ma un livello medio paragonabile a quello del Torino recente, oltretutto in una situazione storica con Inter e Milan allo sbando, il Napoli che non era quello di oggi, la classe media che pensava più a non andare in B che all’Europa, nessuna provinciale con le ambizioni di un Como. Fra l’altro gli ultimi anni di Petrachi davvero negativi: licenziato per giusta causa dalla Roma, con relativo contenzioso legale (perso), toccata e fuga al Pisa, esonero abbastanza veloce anche alla Salernitana. Certo nel periodo con Cairo ha realizzato plusvalenze clamorose: da Immobile a Cerci, da Darmian a Maksimovic, da Zappacosta a tante altre, comprese quella con giocatori presi da lui a poco e venduti da Vagnati a tanto, tipo Bremer e Milinkovic-Savic. Insomma, uno bravo ma dal carattere difficile, magari il carattere giusto per questo momento storico del Torino.
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