L’Italia in caso di qualificazione mondiale ottenuta contro l’Irlanda del Nord e la vincente di Galles-Bosnia sarebbe in quarta fascia, a dispetto di un ranking FIFA in discesa ma che comunque dice che la vituperata squadra azzurra è la dodicesima nazionale del pianeta. La scelta di collocare le sei X tutte in quarta fascia, al sorteggio del 5 dicembre a Washington, sembra fatta apposta per attirare su Infantino le lamentele del genere ‘Europa sottovalutata’, ma purtroppo era l’unica possibile. Non si sta dicendo che l’Italia o il Galles valgano come Capo Verde o Curaçao, ma soltanto che non conoscendo i nomi delle qualificate qualsiasi scelta sarebbe stata discutibile, visto che l’eventuale scelta per ranking avrebbe portato a scivolamenti in seconda e terza fascia. Quindi Infantino ha per una volta privilegiato la chiarezza, per un torneo che in questo millennio ha smesso di rappresentare il meglio del calcio per diventare una festa globale, a cui è bello partecipare ma senza farne una questione di vita o di morte. A dirla tutta, la formula ‘cani e porci’ rende da bar i discorsi sui gironi: nel peggiore scenario possibile, mettiamo Argentina-Croazia-Norvegia-Italia, la squadra di Gattuso potrebbe comunque arrivare terza (le migliori otto dei dodici gironi vanno ai sedicesimi di finale) senza far gridare al miracolo. Discorsi prematuri.
L’ottimo Mondiale dell’Italia Under 17, che dopo la sconfitta in semifinale contro l’Austria si concluderà domani con la finale per il terzo posto contro il Brasile, è il miglior risultato di sempre di questa selezione discutibile (vale per tutti, ovviamente), utile solo a gonfiare le quotazioni di mercato dei giocatori. Questo non toglie che nella squadra di Favo, per quello che si è visto nel torneo, si siano distinti diversi giocatori: Campaniello, Luongo, ma soprattutto Reggiani e Inacio, entrambi di proprietà del Borussia Dortmund. Non è soltanto una curiosità, perché i due ragazzi non arrivano da settori giovanili poco curati e senza sbocchi, ma da Sassuolo e Atalanta, e lì sono stati fino all’anno scorso prima di cambiare maglia in quello che ormai è il vero mercato, quello dei sedicenni. Altra storia quella di Iddrisa, che gioca sì all’estero, nel WBA, ma il calcio italiano l’ha visto soltanto in televisione pur essendo nato a Brescia. Inutile il pistolotto sul modello tedesco, perché non è che Reggiani e Inacio giochino in Bundesliga, così come non giocherebbero in Serie A in Sassuolo e Atalanta. Non è insomma che "All'estero credono nei giovani", perché è soltanto, giustamente (la vita è la loro) questione di soldi.
Addio a Lorenzo Buffon, lontano parente di Gigi, con il quale i rapporti non sono mai stati particolarmente affettuosi, cugino di Armando Buffon, anche lui calciatore professionista (ovviamente portiere), figlio di un portiere dilettante. Lontano anche nel tempo visto che pochi viventi possono dire seriamente di averlo visto giocare, quindi bisogna copincollare le definizioni sul suo stile, tipico dei portieri del tempo, come l’arcirivale Giorgio Ghezzi, agili fra i pali e coraggiosi nelle uscite basse. Questo non toglie che nella sua su epoca anche Lorenzo Buffon sia stato un grandissimo portiere, soprattutto nel Milan del Gre-No-Li (ma vinse lo scudetto anche fra i pali della Grande Inter di Herrera), oltre che uno dei primi veri esempi di calciatore mediatizzato, per il suo matrimonio durato una decina d’anni con Edy Campagnoli, valletta di Mike Bongiorno a Lascia o raddoppia. Riflettori che non piacevano a Gipo Viani, suo grande antipatizzante al Milan, anche se nessuno ha mai messo in dubbio la serietà di Buffon. Il suo Mondiale fu quello del 1962: titolare nella partita pareggiata con la Germania Ovest, lasciato inspiegabilmente fuori in favore di Mattrel in quella con il Cile (gli altri esclusi Maldini, Losi, Radice, Rivera e Sivori…), di nuovo titolare in quella vinta sulla Svizzera. Una eccellente carriera, prima di un periodo di decompressione e di una vita dignitosa con le briciole dei suoi anni di gloria, facendo anche l’osservatore per il Milan.
Se la Lazio vale 850 milioni di euro, come dice Claudio Lotito specificando anche che non intende venderla e dimenticando che il suo valore in Borsa è meno di un decimo di questa cifra, quanto valgono gli altri grandi club? Al di là delle boutade, il valore dei marchi calcistici sta esplodendo in tutto il mondo e chi possiede quelli più conosciuti ha un potere contrattuale enorme, che lo induce a stare alla finestra (il Torino altro buon esempio) perché prima o poi l’offerta shock arriverà.
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